La battaglia di Hong Kong, appello dei cattolici per evitare il disastro
I cattolici di Hong Kong stanno cercando una soluzione al disastro. La protesta iniziata contro la nuova legge (ora ritirata) sull’estradizione, al quinto mese si sta trasformando in un’insurrezione armata. Non solo perché le autorità di Hong Kong, dietro pressione del regime di Pechino, non accolgono le richieste dei manifestanti, ma anche perché la polizia sta diventando sempre più violenta. Le forze dell'ordine si scontrano con gli studenti al politecnico e all'ingresso del tunnel sottomarino che collega l'isola con la penisola di Kowloon. Respinta in malo modo la mediazione del vescovo ausiliare Joseph Ha. Si teme sempre più un intervento cinese, dopo la comparsa sulle strade di soldati "spazzini" dell'esercito di Pechino. I cattolici fanno circolare una petizione online per chiedere l'intervento mediatore del Papa.
I cattolici di Hong Kong stanno cercando una soluzione al disastro. La protesta iniziata in giugno contro la nuova legge (ora ritirata) sull’estradizione, è arrivata al suo quinto mese e si sta trasformando in un’insurrezione armata. Non solo perché le autorità di Hong Kong, dietro pressione del regime di Pechino, non accolgono le richieste dei manifestanti, ma anche perché la polizia sta diventando sempre più violenta. Per cercare di uscire dal caos, la comunità cattolica di Hong Kong sta facendo circolare una petizione online in cui si chiede l’intervento mediatore del Papa.
Dopo il primo morto all’inizio di novembre, in circostanze misteriose, e uno studente disarmato colpito a bruciapelo da un agente la settimana scorsa, si è passati molto in fretta dalle manifestazioni alla guerriglia urbana. L’ultimo episodio, in ordine di tempo, è l’occupazione del Politecnico di Hong Kong (PolyU) da parte di studenti e cittadini comuni che aderiscono alla protesta. Una settimana dopo l’assedio della polizia è degenerato in battaglia, con fitti lanci di molotov e uso di armi improprie, fra cui archi e gigantesche fionde artigianali. La polizia minaccia di rispondere con metodi militari, dunque usando proiettili veri.
Un tentativo di mediazione da parte del vescovo ausiliare è stato respinto dalle forze dell'ordine. Monsignor Joseph Ha, alle due del mattino di ieri, ha provato a dialogare con il comandante della polizia assediante, per trovare una via di uscita alla battaglia del PolyU. La polizia ha respinto la mediazione in malo modo. Puntando i riflettori addosso a monsignor Ha e al gruppo di parlamentari che lo aveva seguito, hanno detto chiaramente: “Andate via. Questo è un avvertimento”. Domenica la polizia ha provato a fare irruzione nella struttura del politecnico, ma è stata respinta da fitti lanci di molotov, pietre e anche frecce. Nella notte, un gruppo di manifestanti, vestiti di nero e con le maschere anti-gas, ha provato ad uscire dal campus, ma è stato accolto dai getti d’acqua degli idranti e da raffiche di proiettili di gomma, dunque costretto a rientrare. Secondo altri testimoni, anche un gruppo di manifestanti più pacifici, vestiti in abiti normali e privi di maschere anti-gas, è stato affrontato nello stesso modo dalla polizia e costretto a rientrare. Nel corso delle due azioni, 154 persone sono state arrestate e 38 ferite. Fra di loro si contano anche alcuni anziani ultra-80enni, il più anziano di 84 anni, a riprova che la solidarietà alla causa studentesca si è estesa realmente a tutte le fasce d’età, dai ragazzini dei primi anni di liceo fino ai pensionati. Parallelamente alla battaglia al PolyU, si combatte anche nel tunnel sottomarino che collega l’isola di Hong Kong alla penisola di Kowloon.
Il timore per una repressione armata è forte e i sintomi ci sono tutti, da mesi. Gli ultimi sviluppi non li smentiscono. Xi Jinping, in trasferta a Brasilia, per il summit dei Brics, ha detto in presenza della stampa internazionale, che la più urgente priorità per il governo di Hong Kong è quello di porre fine ai disordini. Secondo il parere degli osservatori locali, la sua è una sorta di “licenza di uccidere” conferita alla polizia locale. Ma se non bastassero le forze dell’ordine di Hong Kong, ancora vincolate alle regole di ingaggio all’europea, interverrebbe l’esercito? Quest’ultimo ha anche le sue basi sull’isola e, da un punto di vista legale, può intervenire su richiesta del governo di Carrie Lam. Tre giorni fa, su base dichiaratamente “volontaria”, 50 soldati della guarnigione cinese hanno spazzato le strade dai resti della guerriglia. Avevano dunque una funzione di spazzini, erano disarmati, ma non pochi osservatori locali hanno inteso la loro presenza come un primo segnale di avvertimento.
Da qui si comprende ancora di più l’urgenza dell’appello dei cattolici di Hong Kong. Che vivono un periodo difficile, visto che il Vaticano è obbligato alla prudenza, se non altro per l’accordo con Pechino del 2018, ancora provvisorio. E soprattutto in assenza di un vescovo (mons. Ha è vescovo ausiliare) che succeda al cardinal Zen. Quest’ultimo, tutt’altro che silente, ieri ha girato un video in cui dichiara che Hong Kong è ora “in pericolo” e che, anche in tempo di guerra, l’umanità deve essere rispettata. Se venisse a mancare il rispetto per l’umanità, allora Hong Kong diverrebbe una “società di barbari” agli occhi della comunità internazionale.