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La Basilica che insegna cos’è la Confessione

Pochi anni erano trascorsi dal voto fatto dalla popolazione alla Vergine Maria, affinché li proteggesse dalla peste, alla posa della prima pietra di Santa Maria Maggiore, nel 1137. Dopo un periodo iniziale di fervidi lavori, la costruzione subì dei rallentamenti e si protrasse nei secoli fino alla conformazione attuale.

Cultura 12_03_2016
La Basilica di Santa Maria Maggiore a Bergamo

É uno strumento di catechesi sul tema della Misericordia la contemplazione del confessionale che Andrea Fantoni, ai primissimi albori del XVIII secolo, realizzò su commissione dell’allora canonico penitenziere del Duomo di Bergamo. Al vertice dell’asse verticale un Padre Eterno invita, a braccia aperte, ad accostarsi al Sacramento della Confessione, la cui potenza salvifica è ben documentata dall’episodio della resurrezione del figlio della vedova di Nain, intagliato sull’antello inferiore. 

Misericordia, Sapienza, Mitezza, Silenzio, sono solo alcune delle statue che lo scultore realizzò per rappresentare allegoricamente le virtù che un confessore deve possedere. Il capolavoro di Fantoni, in legno di noce e di bosso, dal 1899, fu spostato nella basilica di Santa Maria Maggiore,  cappella votiva della città bergamasca, voluta e finanziata dalle libere offerte dei cittadini. Pochi anni erano trascorsi dal voto fatto dalla popolazione locale alla Vergine Maria, affinché li proteggesse da una terribile ondata di peste nel 1133, alla posa della prima pietra della chiesa, avvenuta nel 1137. Dopo un periodo iniziale di fervidi lavori, la costruzione subì dei rallentamenti e si protrasse nei secoli, con ristrutturazioni soprattutto interne, fino ad assumere la conformazione attuale. 

La planimetria a croce greca è arricchita dalla presenza di quattro absidi, una centrale e le rimanenti distribuite lungo il transetto. La quinta venne abbattuta negli anni Settanta del Quattrocento dal condottiero Bartolomeo Colleoni che volle trasformarla in mausoleo di famiglia. L’esterno dell’edificio, che mantiene ancora una veste romanica, è caratterizzato da un grande tiburio ottagonale, sotto cui protegge la cupola, e dalla mancanza di una facciata principale, essendo quest’ultima, un tempo, adiacente la parete dell’antico palazzo vescovile.  Si accede allo spazio sacro tramite i portali laterali, di cui quelli aperti sui fianchi settentrionale e meridionale, trecenteschi, sono opera di Giovanni da Campione. 

Il protiro dei Leoni rossi, a nord, in marmo di Verona, è sormontato da una loggia occupata dalle statue dei SS. Barnaba, Vincenzo ed Alessandro. Nel registro ancora superiore una Madonna con Bambino è affiancata dalle SS. Esteria e Grata. Col marmo di Candoglia, per l’ingresso sud, venne realizzato il protiro dei Leoni Bianchi, coronato da un fregio con Cristo tra Santi. Lo spazio interno, nel XVII secolo, venne arricchito, secondo il gusto barocco, da stucchi e oro zecchino, sulle volte, e da preziosissimi arazzi di manifattura fiorentina e fiamminga, lungo le navate. L’incoronazione della Vergine di Giovanni Paolo Cavagna dal 1615 domina dal vertice della cupola ristrutturata dal celebre architetto Francesco Maria Richini. 

Enigmatiche sono le immagini delle tarsie lignee del coro della Basilica, realizzate dal talentuoso intagliatore Giovan Francesco Capoferri, tra il 1524 e il 1532, su disegno di Lorenzo Lotto. Si tratta dei stupefacenti sedili, illustrati con scene bibliche, e dei rispettivi coperti, pensati per proteggere gli intarsi, con i simboli che richiamano la scena sottostante che si prestano a plurime interpretazioni. Ignoto è, invece, il pittore che sulla parete meridionale del transetto della Basilica dipinse un meraviglioso e imponente Albero della Vita. Ai suoi piedi si susseguono i santi francescani e dal tronco, su cui è inchiodato il Salvatore, partono dodici rami tra i quali si dispongono scene dell’Infanzia, della Passione e della Glorificazione del Cristo.

Nel 1449 la Basilica di Santa Maria Maggiore fu affidata dal Comune di Bergamo al Consorzio della Misericordia Maggiore, nato nel 1265 dal sodalizio spirituale e caritatevole di due padri domenicani, che ancora oggi, divenuto Fondazione, persegue, in diversi ambiti, gli originari obiettivi di cristiana carità.