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«La 194 ha ridotto gli aborti». Quanti cattolici cadono nel tranello

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Un'illusione statistica supportata da una lettura affrettata sostenuta dai pro-choice vuole che la legge che ha reso l’aborto legale faccia diminuire il numero di aborti. Ma questo argomento in difesa della 194 salta fuori anche in contesti cattolici. Come accaduto a Firenze per i 50 anni dalla morte della venerabile Maria Cristina Ogier. 

Vita e bioetica 31_05_2024

Il dibattito sull’aborto volontario in Italia è stato sempre distorto da un uso spregiudicato dei dati da parte di chi ha sostenuto il “diritto di scelta”. Negli anni ’70 l’urgenza di approvare una legge abortista veniva motivata con la denuncia di decine di migliaia di donne che sarebbero morte per aborto clandestino. Numeri palesemente infondati, come più volte è stato dimostrato, ma che continuano ancora oggi a circolare impunemente. Un esempio veramente clamoroso di questo tipo di giornalismo è l’articolo apparso su Domani il 22 maggio scorso, che promuove le pratiche di aborto “fai-da-te”, al di fuori delle stesse regole fissate dalla permissiva legge 194.

Eleonora Cirant, che evidentemente non ritiene utile controllare le sue fonti, va oltre ogni immaginifica cifra spacciata per vera negli ultimi quaranta anni e afferma che «…nel 1978. … di aborto non legale morivano, secondo le stime di allora, da uno a tre milioni di donne l’anno», quando l’annuario di Statistiche Demografiche dell’Istat quantificava per il 1978 un totale dei morti (maschi più femmine) per qualsiasi causa è pari a 540.671.

Un’altra “illusione statistica” supportata da una lettura affrettata quando non tendenziosa dei dati è quella che vorrebbe che la legge che ha reso l’aborto legale faccia diminuire il numero di aborti. Questo argomento in difesa della 194 è ovviamente molto diffuso tra i pro choice, ma salta fuori anche in contesti inaspettati e sicuramente a favore della vita nascente. Un esempio recente proviene da Firenze. Nel gennaio scorso la chiesa fiorentina ha festeggiato i cinquanta anni dalla nascita al cielo di Maria Cristina Ogier, giovane donna dichiarata venerabile il 20 maggio 2023 da papa Francesco, per avere vissuto con fede e carità esemplari la sua breve vita segnata dalla malattia.

L’Associazione che porta il suo nome ha pubblicato un opuscolo a lei dedicato. Nel libretto il giornalista Duccio Moschella traccia un profilo di Maria Cristina mettendone in luce la fede straordinaria e operosa, dove l’accettazione della malattia e della sofferenza sono state come un trampolino per amare di più il Signore e con lui il prossimo. È uno scritto meritevole. Per questo è veramente difficile capire perchè il suo autore abbia potuto pensare di utilizzarlo per proporre una difesa a tutto campo della legge che da oltre quaranta anni, nel nostro paese, ha reso l’aborto legale e gratuito.

A pagina 14 Moschella infatti scrive: «… è dimostrato che l’entrata in vigore della legge 194/78 abbia ridotto in maniera sensibile, e non fatto aumentare come le si imputava, il numero di aborti e soprattutto difeso la salute delle donne convinte in ogni caso ad andare fino in fondo nella loro decisione tenendole lontane dagli ambulatori clandestini». Sono parole che pesano dal momento che a Maria Cristina Ogier è intitolato il Centro di Aiuto alla Vita di Firenze, il primo nato in Italia. Ma nessuno ha mai dimostrato che la legalizzazione dell’aborto abbia «ridotto in maniera sensibile … il numero di aborti» e ci sono ottime ragioni per pensare, viceversa, che li abbia fatti aumentare. I rapporti pubblicati dall’Osservatorio Permanente sull’Aborto forniscono dati che permettono una lettura meno ingenua delle statistiche ufficiali, che tenga conto delle dinamiche demografiche e del sempre più labile confine tra contraccezione e aborto.

Ci sono dunque buoni motivi per sostenere che la legge 194 non è un mezzo di prevenzione dell’aborto. Sembrerebbe una ragione in più per continuare la battaglia politica per la sua abrogazione. Eppure Moschella oppone l’opera dei Centri di Aiuto alla Vita alla battaglia politica contro la legge 194. Scrive infatti: «Il Centro di Aiuto alla Vita fondato nel 1974 … si propone di dare un’altra prospettiva, una speranza alle madri che lasciate sole nella loro scelta, forse avrebbero potuto optare per l’interruzione della gravidanza. Il dibattito politico, con le sue forti tensioni, risente di un approccio laicista e ideologico alla questione. E sempre quando prevale l’ideologia sul dialogo si perde la lucidità; la materia del contendere diventa l’approccio al problema e non l’aspetto concreto sul quale verte la discussione anche accesa». Questa scarsa lucidità, secondo Moschella, sarebbe quella che non permette di riconoscere che la legge 194 avrebbe fatto diminuire «e non crescere come le si imputava» gli aborti procurati.

Chi ha vissuto gli anni dell’approvazione della 194 sa che l’aiuto alla vita nascente era promosso come un’azione perfettamente complementare alla lotta civile e politica per evitare la legalizzazione dell’aborto. Coloro che, come il padre di Maria Cristina, il prof. Ogier, promuovevano il primo CAV d’Italia, erano gli stessi che, avviando un’azione politica pubblica, spesso contestata anche violentemente, fondavano il Movimento per la Vita e poi sostenevano la battaglia del referendum abrogativo. Era una proposta politica completa e seria, intesa a mostrare come degna di una società veramente democratica la difesa giuridica del bambino non ancora nato, con il divieto di aborto, senza però lasciare sole le donne in difficoltà. Una proposta politica contrapposta e speculare a quella dei Radicali, che nella clinica del prof. Conciani, proprio a Firenze, praticavano aborti clandestini e allo stesso tempo premevano per una legislazione abortista. Non risulta che il prof. Ogier, offeso con altri protagonisti della battaglia per la vita sui muri di Firenze, abbia mai rifiutato o avuto paura della polemica politica in difesa della vita! Coloro che allora promossero la battaglia contro la 194 non erano degli ingenui trascinati in una polemica sterile e in fondo inutile dai “laicisti”.

Come disse Giorgio La Pira, la 194 è una legge «integralmente iniqua». La battaglia era e rimane ancora oggi in primo luogo una doverosa battaglia per la giustizia: per il diritto alla vita di ciascun bambino non ancora nato, “uno di noi”. Oggi che possiamo vedere quanto la legalizzazione abbia contribuito all’accettazione sociale dell’aborto, con le sue motivazioni spesso eugenetiche; oggi che vediamo quanto la legalizzazione di fatto dell’eutanasia sia figlia di quella stessa mentalità; oggi comprendiamo meglio la duplice battaglia, politica e sociale, di chi fece nascere il popolo pro vita in Italia. Ancora oggi, come allora, è un’illusione pensare di combattere l’aborto senza continuare a combattere contro la sua legalizzazione. L’abolizione del diritto di aborto in Italia rimane il primo e fondamentale obiettivo del movimento pro vita.