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L'ATTACCO IN SIRIA

Italia ininfluente, polemiche strumentali

Il raid anglo-franco-americano ha avuto riflessi anche in un’Italia che, incapace di giocare un ruolo persino nell’area mediterranea, vede strumentalizzati i raid ai fini del dibattito politico interno. Le polemiche scatenate sono dunque strumentali poiché il lancio di missili Tomahawk è avvenuto in acque internazionali e con il battello in immersione

Attualità 19_04_2018

Il raid anglo-franco-americano ha avuto riflessi anche in un’Italia che, incapace di giocare un ruolo persino nell’area mediterranea, vede strumentalizzati i raid ai fini del dibattito politico interno.

Così chi ha osato mettere in dubbio le responsabilità del regime di Bashar Assad nell’attacco chimico a Douma (ancora tutto da dimostrare) è stato etichettato come “filoputinista” mentre chi difendeva la legittimità dell’attacco effettuato dagli Usa e dalle potenze nucleari europee lo ha fatto nel nome di una sbandierata fedeltà alla Nato.

Il premier Paolo Gentiloni ha detto che il bombardamento compiuto da Usa, Gran Bretagna e Francia, nella notte tra venerdì e sabato, in Siria deve rimanere "circoscritto" e ha invitato a evitare l'escalation, assicurando che nessun aereo è decollato dalle basi italiane. In un discorso tenuto prima a Montecitorio e poi a Palazzo Madama, il premier ha ricordato che "l'Italia non è un Paese neutrale, non sceglie di volta in volta con chi schierarsi, è un coerente alleato degli Stati Uniti da molti decenni e non è un coerente alleato di questa o quella amministrazione americana".

Gentiloni ha inoltre attribuito credibilità alle immagini dell’attacco chimico a Douma diffuse dalla milizia salafita filo- saudita Jaysh al-Islam. "Abbiamo visto le immagini dei bambini intossicati a Duma, immagini di fronte alle quali facciamo fatica a rimanere indifferenti. Ed è anche difficile pensare che tali immagini siano state manipolate e falsate”.

Tanta fiducia in una fonte belligerante, finora priva di verifiche e che si basa sulla stessa ideologia dei terroristi che colpiscono anche l’Europa suscita perplessità.

Soprattutto perché la Nato non c’entra nulla con il blitz unilaterale compiuto dai nostri alleati senza neppure interpellare i partner dell’Alleanza Atlantica anche perché nessuno Stato membro è stato invaso o minacciato.

Si può stare nella Nato criticando e condannando le operazioni belliche degli alleati più importanti, certo se si avessero un po’ di attribuiti e si conservasse un minimo di “sovranità” politica.

Basti ricordare che nel 2003, quando Washington e Londra invasero l’Iraq la Turchia vietò l’uso di Incirlik mentre Francia e Germania criticarono duramente l’iniziativa rifiutandosi, successivamente alla caduta di Baghdad, di partecipare alle operazioni di stabilizzazione post-bellica che furono istituite sotto l’ombrello di una risoluzione dell’Onu e a cui partecipò invece l’Italia. Si registrarono forti tensioni, specie tra Washington e Parigi, che non misero però in discussione la Nato.

La vera questione per l’Italia non riguarda il via libera agli Usa per impiegare le basi ma la necessaria valutazione se appoggiare iniziative militari unilaterali di quegli stessi “alleati” che hanno contribuito direttamente a destabilizzare Libia, Medio Oriente e Ucraina corrisponda o meno ai nostri interessi nazionali.

Certo il ruolo dell’Italia nell’attacco è stato marginale e ha coinvolto solo indirettamente le basi statunitensi nella Penisola mentre pare che neppure i cacciabombardieri di Parigi decollati dal territorio francese per lanciare 9 missili contro bersagli siriani abbiano sorvolato lo spazio aereo italiano.

Del resto per colpire Damasco i nostri alleati hanno potuto utilizzare installazioni ben più vicine al teatro operativo, da Cipro (base britannica) alle basi statunitensi a Creta e nel Golfo.

I missili lanciati dalle unità navali americane sono partiti dalle acque del Golfo Persico e del Mar Rosso mentre solo la fregata francese Languedoc e il sottomarino americano John Warner hanno lanciato i missili da crociera dalle acque del Mediterraneo.

Anche per questo le polemiche scatenate dal sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, per la sosta del sottomarino americano John Warner nel porto partenopeo, hanno poco a che fare con l’attacco alla Siria poiché il lancio di missili Tomahawk è avvenuto in acque internazionali e con il battello in immersione.

Il Warner ha sostato a Napoli a marzo, a termine di un’esercitazione Nato e quindi ben prima di venir mobilitato per colpire la Siria mentre le amministrazioni locali di Napoli e Campania dovrebbero preoccuparsi di emergenze eco-ambientali ben più impellenti dei rischi connessi con la sosta di un sottomarino a propulsione atomica.

Nessuno dei reparti militari aerei e terrestri americani presenti in Italia è stato coinvolto nei combattimenti: i caccia di Aviano (Pordenone) si sono limitati a scortare le cisterne volanti mentre da Sigonella sono decollati gli aerei spia U-2, i droni a lungo raggio per la sorveglianza Global Hawk e i pattugliatori marittimi P-8 Poseidon incaricati di tenere d’occhio le navi russe nel Mediterraneo Orientale.

Non si sono registrati scontri sul mare ma in caso contrario la base siciliana sarebbe diventata un obiettivo legittimo delle forze di Mosca.