IL CASO
Italia crocevia del traffico umano
Le decine di arresti effettuati ieri in tutta Italia aprono una finestra su un fenomeno inquietante, terza fonte di reddito per le organizzazioni criminali.
Attualità
07_07_2011
E’ presumibile che la rete criminale sgominata ieri dalla Direzione Nazionale Antimafia e dalle procure di Bologna e Lecce – che ha portato agli arresti di decine di persone in tutt’Italia – sia solo la punta dell’iceberg di un fenomeno, quello della tratta degli esseri umani, che ha vastissime proporzioni e rappresenta il vero e finora inaffrontato problema legato all’immigrazione.
In base a quanto è dato sapere, l’inchiesta, iniziata un anno fa, ha ricostruito l'organigramma dell'organizzazione - un vertice operativo in Grecia e in Turchia e diverse cellule presenti nel nostro paese, a Roma, Milano, Cremona, Bologna, Bergamo, Brescia, Teramo, Ascoli e Bari – e avrebbe accertato che i migranti arrivavano in Italia, sulle coste pugliesi o nei porti dell'Adriatico, con navi di linea o piccole imbarcazioni "in costante pericolo di vita". Molti dei migranti, raggiunta l’Italia, venivano trasferiti in Germania, Svizzera, Danimarca, Austria, Francia e Belgio.
Di tratta di esseri umani parla un documento ufficiale, poco divulgato. E’ la relazione del Comitato parlamentare per la sicurezza (COPASIR) del 2009, nella quale veniva denunciato che la tratta di esseri umani è in Italia, secondo i dati del Ministero dell'Interno, la "terza fonte di reddito per le organizzazioni criminali", seconda solo al commercio delle armi e della droga, un fenomeno "gigantesco e poco osservato, una vera e propria nuova schiavitù davanti alla quale non dobbiamo voltare lo sguardo, ma agire", diceva il documento.
Secondo l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, gli esseri umani vittime del traffico sono nel mondo, ogni anno, circa un milione, 500mila dei quali nella sola Europa. Per l'Organizzazione internazionale del Lavoro, sono 12.300.000 le persone sottoposte a sfruttamento lavorativo e sessuale (di cui ogni anno 800mila sono trasportate fuori dal loro paese): l'80% sono donne e ragazze, più del 50% sono minorenni. In Italia, decine di migliaia di persone sono trafficate per il lavoro nero, l’accattonaggio e la prostituzione. Nel 2007, sono state 1.267 le denunce per riduzione in schiavitù, 108 quelle per acquisto di schiavi, 645 quelle per sfruttamento della prostituzione minorile, 278 quelle per tratta di persone, 1.770 per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina (2.183 nel 2008). Tra il 2003 e il 2005 è salito del 143% il numero di persone denunciate per acquisto e alienazione di schiavi.
Tutte le rotte internazionali conducono al nostro Paese. Le persone schiavizzate partono dall’Egitto, seguendo tre direttrici: due nel deserto verso la Libia e una, quella proveniente da Sri Lanka, Bangladesh e Corno d’Africa, via mare; dalla Libia, dove i clandestini provenienti dall’Africa sub-sahariana, risaliti nel deserto a bordo di camion, partono da cinque aree tutte nella Tripolitania; dal Marocco, che è luogo di transito dei flussi dell’Africa centrale e nord-occidentale diretti in Europa; dall’Algeria; da Malta; dalla Tunisia, da dove transitano gli immigrati provenienti da Niger, Ciad, Ghana, Liberia, Mali, Sierra Leone, dall’Algeria, dal Marocco, dall’Iraq, dalla Palestina e dallo Sri Lanka.
Le cifre di questo business, difficilmente quantificabili, sono enormi. Basti pensare che secondo il “National Intelligence Council” il traffico di esseri umani fa entrare a livello globale nelle casse della criminalità internazionale tra i 7 e i 13 miliardi di dollari l’anno.
Nella relazione, il COPASIR sottolineava che quello della tratta è un problema umanitario e di sicurezza di prima grandezza e proponeva due interventi normativi: uno per estendere il rilascio del permesso di soggiorno ai fini di ricongiungimento familiare alle vittime di tratta e l'altro per l'introduzione del reato di "danneggiamento, soppressione, occultamento, detenzione, falsificazione e procacciamento di documenti di identità e viaggio" allo scopo di facilitare o effettuare la tratta.
A livello europeo, su questo tema c’è da segnalare la direttiva 2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 aprile 2011 - concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI - parte dell’azione globale contro la tratta di esseri umani, che include azioni che coinvolgono paesi terzi, come dichiarato nel “Libro bianco sulle iniziative per rafforzare la dimensione esterna dell’Unione nelle iniziative contro la tratta di esseri umani: verso un’azione dell’Unione europea a livello mondiale contro la tratta di esseri umani”, approvata dal Consiglio il 30 novembre 2009. Gli Stati membri dovranno recepire le nuove disposizioni entro il 6 aprile 2013. Tra queste, vengono proposte regole comuni minime sulla definizione del reato e il livello delle sanzioni e viene posta al centro una maggiore protezione delle vittime. Nei confronti di queste ultime, un’attenzione particolare viene riservata all'interesse superiore del minore: sono loro, infatti, la categoria più vulnerabile, quella che corre i maggiori rischi e che va tutelata con un rafforzamento delle sanzioni.
Se con le regole attuali la tratta viene punita con la reclusione della durata massima di almeno cinque anni, quando la direttiva sarà recepita nel caso di un reato commesso nei confronti di una vittima particolarmente vulnerabile la pena viene raddoppiata. Altro punto su cui insiste la direttiva è la collaborazione tra gli Stati membri per lo scambio delle informazioni: deve essere promossa una cooperazione transfrontaliera che comprenda un dialogo aperto e costante tra le autorità di polizia, giudiziarie e finanziarie al fine di realizzare un coordinamento delle indagini che coinvolga Europol e Eurojust. La direttiva non prevede la non perseguibilità penale per la persona vittima di tratta se ha violato leggi migratorie come conseguenza del traffico e riconosce il principio del soggiorno umanitario, che attualmente riguarda solo quanti collaborano con la giustizia. Per la prima volta, si introduce la possibilità di sequestrare i beni ai criminali, che possono essere utilizzati per sostenere ulteriori forme di assistenza.
Se con le regole attuali la tratta viene punita con la reclusione della durata massima di almeno cinque anni, quando la direttiva sarà recepita nel caso di un reato commesso nei confronti di una vittima particolarmente vulnerabile la pena viene raddoppiata. Altro punto su cui insiste la direttiva è la collaborazione tra gli Stati membri per lo scambio delle informazioni: deve essere promossa una cooperazione transfrontaliera che comprenda un dialogo aperto e costante tra le autorità di polizia, giudiziarie e finanziarie al fine di realizzare un coordinamento delle indagini che coinvolga Europol e Eurojust. La direttiva non prevede la non perseguibilità penale per la persona vittima di tratta se ha violato leggi migratorie come conseguenza del traffico e riconosce il principio del soggiorno umanitario, che attualmente riguarda solo quanti collaborano con la giustizia. Per la prima volta, si introduce la possibilità di sequestrare i beni ai criminali, che possono essere utilizzati per sostenere ulteriori forme di assistenza.