Istruttori e armi ai curdi. L'Italia in guerra senza sparare
L’Italia va alla guerra contro lo Stato islamico ma senza sparare. Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, parlando davanti alle Commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato, ha precisato il contributo militare che Roma si appresta ad offrire alla Coalizione. Istruttori a Erbil e armi ai curdi.
L’Italia va alla guerra contro lo Stato islamico ma senza sparare. Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, parlando davanti alle Commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato, ha precisato il contributo militare che Roma si appresta ad offrire alla Coalizione rendendo pubblico quanto riferito mercoledì agli alleati dal capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, al summit tenutosi a Washington tra i vertici militari dei 22 Stati che aderiscono alla Coalizione.
A differenza di altri alleati europei e della Nato che hanno inviato in Medio Oriente cacciabombardieri F-16 (Olanda, Belgio e Danimarca) e F-18 (Canada e Australia) l’Italia ha limitato il dispositivo militare messo in campo a mezzi e reparti non da combattimento. Una scelta radicalmente diversa da molti altri membri della Coalizione, ma che pare saggia dal momento che le contraddizioni e le ambiguità di questa alleanza crescono e diventano ogni giorno più stridenti. Basti pensare alle pretese turche di utilizzare la guerra allo Stato islamico per invadere il nord della Siria e combattere il regime di Assad. O quelle saudite di far ritirare le truppe iraniane che aiutano l’esercito siriano a Damasco. Del resto quale credibilità può avere una Coalizione composta dai Paesi che hanno addestrato e armato lo Stato Islamico e che non ammette al suo interno iraniani e governativi siriani che hanno combattuto da sempre qaedisti e Is?
Proprio ieri, mentre i jet di Damasco bombardavano le forze jihadiste a Deir az Zor, Mosca ha reso noto di non aver accettato di condividere i dati di intelligence sullo Stato Islamico con gli Stati Uniti né di collaborare con la Coalizione. Lo ha chiarito Maria Zakharova, la portavoce del ministero degli Esteri russo, spiegando che nell'incontro del 14 ottobre a Parigi tra Serghei Lavrov ed il segretario di Stato John Kerry non è stato raggiunta alcuna intesa su questi punti. Lavrov ha anzi spiegato a Kerry che «la Russia sta già combattendo per conto suo i terroristi fornendo significativa assistenza alla Siria e all'Iraq». In un contesto simile il governo italiano ha scelto di fornire contributi non letali alla Coalizione e di aiutare in modo concreto i curdi iracheni, unica forza combattente che affronta con successo sul campo i jihadisti .
Il ministro Pinotti ha confermato che sono ancora in corso le consegne della prima tranche di aiuti militari forniti ai curdi (razzi Rpg, munizioni e mitragliatrici) annunciando che le evoluzioni del conflitto implicano che il contributo dell'Italia allo sforzo della Coalizione internazionale prosegua. «Il nostro orientamento è, in primo luogo, quello di fornire ulteriori stock di munizioni di modello ex-sovietico, provenienti dal materiale confiscato nel 1994. Dello stock potranno far parte anche armi, munizioni controcarro e blindati in uso all'Esercito Italiano e giudicati cedibili». Il riferimento è alle armi di tipo russo-sovietico sequestrate nel 1994 sulla nave Jadran Express e dirette in ex Jugoslavia in violazione dell’embargo dell’Onu. Circa i blindati l’Esercito Italiano ha un ingente surplus di veicoli 4x4 e 6x6 Puma: blindati leggeri realizzati in 500 esemplari per esercito e Carabinieri tra il 2001 e il 2004 molti dei quali sono stati dismessi perché in Afghanistan si rivelarono troppo vulnerabili a mine e ordigni improvvisati. Un paio di dozzine di questi blindati sono stati ceduti alla Libia e a Gibuti e, nonostante i limiti, per i peshmerga curdi i blindati Puma costituirebbero un passo avanti significativo in termini di protezione rispetto ai pick-up civili utilizzati oggi per muovere i reparti.
In appoggio alla Coalizione il governo ha «già pianificato e si concretizzerà nei prossimi giorni l'invio di un velivolo KC-767» per il rifornimento in volo degli aerei alleati e «di due velivoli a pilotaggio remoto tipo Predator», droni impiegabili per la sorveglianza, ma non per l’attacco considerato che gli Stati Uniti non hanno mai concesso all’Aeronautica italiana di acquisire i kit che consentirebbero l’imbarco di bombe e missili. Non è stato precisato dove verranno basati i tre velivoli italiani ma è probabile che l’aerocisterna venga schierata negli Emirati Arabi Uniti presso l’aeroporto di al-Batin che già ospita una base logistica italiana utilizzata per i movimenti da e per l’Afghanistan. I droni potrebbero invece venire schierati in Kurdistan, a Erbil, dove sono basati velivoli analoghi statunitensi e dove verranno presumibilmente schierati anche i 200 militari della missione addestrativa italiana.
«Nelle prossime settimane», ha proseguito la Pinotti, «potrà poi essere inviato personale per l'addestramento e la formazione delle forze che contrastano l'Isis: si tratta di un totale di circa 200 militari che andrebbero ad operare presumibilmente a Erbil. Peraltro, sono in arrivo in Italia alcuni militari curdi che verranno addestrati all'uso dei sistemi d'arma che abbiamo già ceduto loro. Successivamente - ha aggiunto il ministro - potremo inserire nel teatro operativo del personale con funzione di consigliere per gli alti comandi delle Forze irachene». Si tratterebbe di circa 80 ufficiali che porterebbero a 280 i militari schierati in Iraq tra istruttori e consiglieri militari ai quali aggiungere il personale dell’Aeronautica che si occuperà dei 3 velivoli assegnati alla Coalizione e alcuni ufficiali addetti alla pianificazione distaccati a Tampa, in Florida, sede del Central Command statunitense che dirige le operazioni della Coalizione. Infine, ha aggiunto il ministro, «è in fase di pianificazione l'invio di altri assetti pilotati per la ricognizione aerea», senza specificare il tipo di velivoli che potrebbe includere i cacciabombardieri AMX o i bombardieri Tornado già utilizzati in Afghanistan per compiti di ricognizione.
Il ministro Pinotti ha poi smentito le notizie diffuse dal settimanale l’Espresso circa il dispiegamento di istruttori militari a Nassiryah, la città dell’Iraq centro meridionale dove venne dispiegato per tre anni un contingente italiano dopo la caduta di Saddam Hussein. In quella città verranno invece schierati 300 militari spagnoli che cureranno l’addestramento di una brigata di reclute irachene (sciti) da inviare entro la fine dell’anno a difendere Baghdad. Le indiscrezioni raccolte dal giornale riferivano che gli istruttori italiani avrebbero operato a Nassiryah al fianco degli spagnoli ma la notizia «è destituita di ogni fondamento», ha detto la Pinotti.
Nel complesso l’Italia offre quindi un contributo di qualità allo sforzo bellico pur non schierando truppe o mezzi in prima linea. Questo ovviamente non metterà al riparo né l’Italia né gli istruttori schierati in Kurdistan dal rischio di rappresaglie terroristiche L’Italia è comunque belligerante contro il Califfato e non a caso dei 200 militari che verranno schierati a Erbil solo una sessantina saranno istruttori mentre gli altri provvederanno alla logistica e alla sicurezza della base che verrà allestita dagli italiani.