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ELEZIONI

Iran, sarà il futuro a giudicare Rohani

Hassan Rohani ha vinto le elezioni in Iran al primo turno, succedendo ad Ahmadinejad. Spesso definito dalla stampa riformista e moderato, sarà il tempo a evidenziare come sarà il suo governo.

Esteri 17_06_2013
elezioni Iran

Le reazioni all’elezione al primo turno di Hassan Rohani, quale successore di Ahmadinejad, mi riportano alla vittoria elettorale del partito Al-Nahdha alle prime elezioni libere in Tunisia nel post rivoluzione del Gelsomino. L’aggettivo più gettonato dalla stampa internazionale è “moderato”, seguito a ruota da “riformista”. Su quest’ultimo nulla da obiettare poiché Rohani ha da sempre dichiarato di porsi in continuità con figure come Khatami e Rafsanjani, entrambi rappresentanti del riformismo sciita, che si pone a metà strada tra il rifiuto totale dell’Occidente e l’accettazione totale dello stesso, che rifiuta lo scontro di civiltà.

Quanto invece al termine “moderato” nutro delle riserve da sempre. Per definire una persona moderata bisognerebbe sempre specificare rispetto a che cosa o a chi. Nel caso dei Fratelli musulmani abbiamo scoperto con il passare del tempo che sono moderati solo rispetto ai salafiti, ma nulla più. Nel caso di Rohani è senza dubbio moderato rispetto ad Ahmadinejad. Le immagini che lo ritraggono sorridente e solare sono molto più rassicuranti rispetto all’arcigno predecessore. Il fatto che appartenga alla linea di pensiero di Khatami fa intuire un rapporto, per lo meno apparentemente, più disteso con l’Occidente e a un atteggiamento meno aggressivo nei confronti di Israele. Di sicuro non organizzerà incontri internazionali a favore del negazionismo dell’Olocausto, di sicuro non si porrà come un provocatore. D’altronde è stato colui che nel 2003 sospese il programma nucleare.

Senza dubbio Hassan Rohani, definito in passato lo “shaykh diplomatico”, è l’uomo del momento sia dal punto di vista della politica interna sia dal punto di vista degli equilibri internazionali. Dal punto di vista interno in campagna elettorale ha promesso più diritti per le donne, più libertà e la scarcerazione di detenuti politici. Non solo, ma il suo posizionarsi in modo più aperto all’Occidente ha toccato le corde della classe media e dei bazarì, i commercianti del bazar, che sono stati l’ago della bilancia nel 1979. Come non ricordare la mirabile descrizione di Ryszard Kapuscinski, nel suo saggio Shah-in-shah, dei momenti che hanno preceduto la Rivoluzione islamica. All’epoca il malessere nei confronti dello Shah offrì un’occasione di rivincita al clero sciita che i Pahlavi avevano duramente controllato e represso, ma non vi sarebbe stata una rivoluzione, probabilmente, se la politica economica dello scià non avesse allarmato i mercanti del bazar, un ceto sociale che ha tuttora una considerevole influenza sulla politica del Paese. Ebbene, le sanzioni internazionali hanno messo in ginocchio gli iraniani di oggi, hanno messo a repentaglio l’economia del Paese. Non si possono certo paragonare i Pahlavi con Ahmadinejad, ma il ruolo cruciale dei bazarì e dell’aspetto economico, hanno portato ieri e oggi a una svolta. Non va d’altronde dimenticato che si è trattata di un’elezione al primo turno, con un afflusso alle urne del 72,7% degli aventi diritto. Sarà il tempo a giudicare se positiva per gli iraniani e le iraniane.

Dal punto di vista degli equilibri internazionali Rohani potrebbe essere l’uomo giusto al momento giusto. In un momento storico in cui sia da parte sunnita, con i Fratelli musulmani, che da parte sciita, con Hezbollah, si invoca il jihad  in Siria, il presidente iraniano neo-eletto potrebbe rappresentare il viso buono dell’asse sciita. In un’intervista rilasciata due giorni prima della sua elezione al quotidiano arabo internazionale Asharq al-awsat Rohani ha dichiarato che “l’Iran e l’Arabia Saudita possono svolgere un ruolo positivo per affrontare questioni regionali fondamentali quali la sicurezza nel Golfo”, il che da un lato corrisponde a evitare l’avanzata sunnita dei Fratelli musulmani che hanno promesso che il 2013 avrebbe segnato la loro “conquista” del Golfo, dall’altro identifica chiaramente l’Arabia Saudita come referente per l’asse sunnita e l’Iran come referente per l’asse sciita. Inoltre ha affermato avrebbe fatto del proprio meglio per migliorare i rapporti con i paesi limitrofi a ogni livello, poiché l’Iran confina via terra e via mare con quindici paesi, tutti di pari importanza, ma auspica una ripresa di rapporti basati sul reciproco rispetto soprattutto con l’Arabia Saudita. Ribadisce fermamente, e qui bisogna riflettere, che “in caso di elezione non accetterà alcuna intromissione internazionale in questioni interne”, che il Bahrein è un caso che gli sta molto a cuore poiché essenziale per la stabilità dell’area.

Concludendo, è evidente che con Rohani l’asse sciita si è rafforzato poiché godrà in futuro di un “viso spendibile”, di uno “shaykh diplomatico” che saprà fare il perfetto funambolo tra questioni politiche e religiose. Per quanto concerne il futuro degli equilibri in Medio Oriente e i suoi rapporti con l’Occidente sarà il futuro a decidere e a giudicare. La speranza è che per lo meno gli iraniani che lo hanno votato vedano un futuro in cui le donne potranno partecipare alle elezioni presidenziali, in cui le donne non verranno più lapidate, in cui le menti libere – ovvero la maggior parte degli studenti iraniani – non verranno perseguitate. Mi auguro che non si tratti solo di un ennesimo wishful thinking.