«Io pestato dal regime di Maduro. Ora denuncerò la tragedia venezuelana»
In esclusiva il drammatico racconto alla Bussola Quotidiana di Amèrico De Grazia, uno dei due deputati perseguitati dal regime di Maduro e arrivati in Italia grazie alla missione diplomatica di Casini: «Le squadre castro-comuniste di Maduro mi hanno pestato, sequestrato il passaporto e espropriato la mia emittente radio. I massacri in Venezuela sono sconosciuti, l'ultimo a Icabarù martedì, le miniere saccheggiate da formazioni vicine alla Farc, la persecuzione politica è all'ordine del giorno. Ora, grazie all'Italia denuncerò quanto sta accadendo».
-EN ESPAÑOL
Dopo quasi sette mesi asserragliati nell’ambasciata italiana a Caracas, ieri sono arrivati a Roma i due deputati venezuelani Amèrico De Grazia e Mariela Magallanes. L’operazione è stata possibile grazie all’intermediazione del senatore Pierferdinando Casini, che è stato la scorsa settimana a Caracas e ha incontrato il dittatore Nicolàs Maduro per chiedere l’uscita dal Venezuela dei due deputati che hanno anche cittadinanza italiana.
E’ stato lo stesso Casini a dare la notizia: «Finalmente sto volando da Caracas a Roma con i miei colleghi Magallanes e De Grazia, costretti dallo scorso mese di maggio a vivere nell’Ambasciata italiana. Sono felice di aver contribuito a una causa umanitaria giusta. Ringrazio il Ministero degli Esteri e il delegato alle trattative Plàcido Vigo», ha scritto il senatore su Twitter.
Entrambi i deputati sono membri del partito di Sinistra “La Causa R” e sono stati tra i dieci parlamentari che il regime ha privato dell’immunità parlamentare, dopo essere stati accusati di aver partecipato alla fallita Operaciòn Libertad, guidata dal presidente ad interim Juan Guaidò lo scorso 30 aprile.
Magallanes si rifugiò in ambasciata la notte del 7 maggio mentre De Grazia due giorni dopo. Ora, dall’Italia hanno assicurato, nel corso di una conferenza stampa, che non smetteranno la loro lotta fino a quando il Venezuela non sarà libero e in democrazia.
Amèrico De Grazia è uno dei deputati più in vista contro la dittatura castro-comunista di Maduro, che gli ha provocato un pestaggio brutale con ferite gravi durante l’assalto all’Assemblea Nazionale delle squadre chaviste lo scorso 5 luglio 2017. Tuttavia, non si è lasciato intimidire e anche nella sua condizione di “ospite” dell’ambasciata italiana ha continuato le sue denunce attraverso Twitter.
La Bussola Quotidiana ha parlato in esclusiva con De Grazia e ha raccolto le sue prime parole al suo arrivo a Fiumicino.
«Sono felice perché mi incontrerò con alcuni dei miei figli, sempre impegnato per la libertà del Venezuela. La nostra presenza qui è buona per il Venezuela perché continueremo a lottare per far cadere la tirannia».
Come ha vissuto questi sette mesi in ambasciata?
Sempre con il disagio dell’essere privato della libertà e non poter dire nulla. Martedì scorso c’è stato un massacro a Icabarù (nel sud del Venezuela) che è il distretto in cui sono stato eletto e non abbiamo potuto fare nessun tipo di denuncia. Ma da qui potremo denunciare meglio quello che accade.
Si può dire che l’Italia l’abbia salvata dal carcere assicurato in Venezuela. Ora che cosa chiederà al Governo italiano?
Anzitutto devo ringraziare il senatore Casini per il lavoro svolto in Venezuela affinché potessimo stare oggi in Italia, Paese al quale sono unito da profondi legami famigliari perché i miei genitori sono italiani. Ho un profondo rispetto per il popolo italiano e al vostro Paese va il ringraziamento per avermi protetto in questi sette mesi. Al governo chiederò che non ci lasci solo. Il Venezuela oggi più che mai ha bisogno dell’appoggio dell’Italia per poter uscire dalla narco-dittatura. Stiamo vivendo una situazione tremendamente grave con massacri a indigeni, l’oro e il coltan vengono saccheggiati nei nostri parchi nazionali. Stiamo vivendo una persecuzione politica, stiamo vivendo in esilio, una diaspora di già 4 milioni di venezuelani sparsi nel mondo, la gente mangia spazzatura: insomma, è una situazione spaventosa, che non si può più definire crisi, ma tragedia.
Come ha vissuto personalmente questa esperienza?
Ho visto accumularsi un insieme di aggressioni da parte del regime contro la mia persona. Non solo sono stato aggredito nell’Assemblea nazionale, ma mi è stato bloccato il passaporto venezuelano al mio ritorno da Bogotà quando denunciai i crimini compiuti nell’Arco Minero del Orinoco (importante giacimento minerario del Paese ndr) e il coinvolgimento dell’Ejèrcito de Liberaciòn Nacional de Colombia (ELN) e delle Farc con i gruppi terroristi attivi nella mia regione. Successivamente è stata espropriata la mia emittente radiofonica che era la mia principale fonte di sostentamento e, naturalmente, si sono susseguite le minacce pubbliche del regime, da parte di Maduro, di Diosdado Cabello, da parte del Ministro Reverol e del Governatore Hèctor Rodriguez, che mi hanno minacciato di farmi sparire o arrestare. Ma già tutti i crimini di lesa umanità accumulati da Maduro e la persecuzione politica, sono prova della natura del regime al quale oggi ci opponiamo.
Come continuerà la sua lotta per il Venezuela dall’Italia?
La lotta non ha frontiere. Noi dobbiamo promuovere il rovesciamento della tirannia, per questo necessitiamo molto di alleati internazionali e di avere reti di venezuelani che siano fuori dal Paese con chi sta all’interno. La resistenza e il lavoro per restaurare la democrazia non è un lavoro facile, ma sono convinto che ce la faremo. Stiamo preparando un Venezuela libero e punto a tornare in Paese da uomo libero. La situazione di privazione di libertà del Venezuela condiziona la nostra libertà, per questo non possiamo sentirci liberi mentre il Venezuela è prigioniero e ostaggio della narco-dittatura.
Che cosa manca da fare per la libertà del Venezuela?
Avere un piano politico, una strategia che possa permetterci di essere coerenti, che permetta al Paese di essere riorientati nella lotta. Conoscendo la natura del regime che ci troviamo dinnanzi, l’intenzione è quella di accerchiarli. Per questo, secondo me, abbiamo bisogno di tre cose: venezuelani in piazza senza assopirsi, mantenere dalla nostra parte gli ufficiali dell’esercito rimasti leali alla Costituzione, affinché agiscano opportunamente e simultaneamente con la gente in piazza e che la comunità internazionale sia una minaccia credibile e sostenibile per quel regime.