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INTERVISTA / MARIA RACHELE RUIU

«Io, offesa e zittita, ma se la donna è pro life non c'è indignazione»

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È donna e madre. Ma se è pro life e cristiana, per la La7 si può insultare. Maria Rachele Ruiu di Pro Vita & Famiglia prima zittita e offesa come omofoba, poi umiliata da Cecchi Paone per il suo taglio di capelli. Obbligato, però, dal suo percorso oncologico. Stavolta nessuno grida al body shaming. «Quelli che mi offendono sono gli stessi che vogliono togliere dignità alla sofferenza». 

Attualità 16_09_2023

Maria Rachele Ruiu detiene un record insolito per una donna. È stata insultata per ben tre volte in diretta tv, ma non ha ricevuto neanche uno straccio di solidarietà. Né dal sindacato delle donne indignate, né dal circo mediatico, né dal perbenismo dei fanatici del body shaming. E nemmeno ha ricevuto in dono una scarpetta rossa. Niente. Eppure, le offese erano ben assestate come ganci che avrebbero steso un peso massimo.

Mercoledì mattina, l’Aria che Tira, su La7, ormai diventata una televisione da insulto permanente come dimostra l’accanimento morboso su Shalom. Conduce David Parenzo. In studio Cecchi Paone, già giornalista, ma ultimamente sempre più agit prop della causa gaia e Cristian Raimo, che si definisce scrittore, anche se dopo Alessandro Manzoni il titolo è quanto meno rischioso. Collegata dalla sede di Pro Vita & Famiglia, c’è Maria Rachele Ruiu.

Già due maschi contro una donna non è elegante, ma la Ruiu non è donna che si lascia intimorire.

Si parla di emergenza educativa. L’attivista di Pro Vita & Famiglia viene rimproverata da Raimo di essere omofoba e transfoba, accusa che viene ripetuta più volte, il logo dell'associazione viene definito «un'immagine violenta». Si dice inorridito dalle sue parole. Insomma, offese per il semplice fatto di avere delle idee diverse da lui.

Sempre Raimo la accusa di parlare da dietro un logo (quello di Pro Vita & Famiglia, per cui lavora) che è omofobo e chiede a Parenzo di non invitarla più, anzi glielo intima. Il vertice dell’aggressione squadrista lo si tocca con Cecchi Paone, il quale con una raffinatezza da camallo, si permette persino di ironizzare sul suo taglio di capelli: «Sembra Arturo Brachetti», alludendo al corto nero corvino che la Ruiu, da quando è ammalata di tumore, è costretta a sfoggiare.

Sì, perché Maria Rachele non ha mai fatto mistero di lottare contro un tumore. Lo ha ribadito anche in un reel postato su Instagram nel quale mostra le immagini e ribadisce di essere stata oggetto di body shaming. «Come si fa a inneggiare alla libertà e poi pretendere la censura dell’altro?» si è chiesta nel video che ha ricevuto numerosi messaggi di appoggio.

E in questa intervista alla Bussola commenta il mondo al contrario in cui le donne vanno sempre difese, ma se sono cattoliche, pro life e anti-mainstream si può chiudere un occhio. Anzi, darci un taglio, non solo di capelli, con solidarietà e affini.

Maria Rachele, alla fine Cecchi Paone le ha chiesto scusa?
Ma neanche per idea.

Ci è rimasta male?
Non fa piacere, ma io non mi offendo, sono forte.

Oltre ai due che l’hanno offesa però c’era anche un terzo maschio, il conduttore...
Parenzo non mi ha difeso, però a onor del vero, quando alla fine mi ha detto «Ruiu ritieniti invitata» voleva rispondere alla “intimidazione” di Raimo.

Dunque, omofoba, detta così a brutto grugno non è male, per giunta non essendoci un reato da codice penale di omofobia, l’offesa è proprio gratuita…
È la dimostrazione che con una legge Zan io non potrei parlare in quanto omofoba, né essere invitata. Ci rendiamo conto?

Come giudica il fatto che non abbia ricevuto solidarietà da nessuno?
Evidentemente sono la donna dalla parte sbagliata.

Vittimismo?
No, non fa per me, constato che è così. Mi dispiace soprattutto per le ragazze giovani e per chi si sente rappresentato da me. Io non vado in tv a interpretare un personaggio, io rappresento un popolo nutrito. Faccio attivismo da 13 anni, non mi sconvolgono queste aggressioni verbali, ma la gente a casa che si sente rappresentata dalle mie idee si sente ferita. È evidente che non si voglia dare uno spazio di cittadinanza a una moglie, madre, donna come me.

Il suo torto è quello di non essere femminista.
Le battaglie femministe non mi rappresentano e non le condivido, mi metto nei panni di una ragazza giovane.

Ha mai pensato di lasciar perdere la tv?
Ma io non vado in tv per parlare con Cecchi Paone, io vado perché in tanti che la pensano come me possano dire: «Allora non sono solo, non sono sola, c’è qualcuno che mi rappresenta».

Veniamo al body shaming. Il taglio di capelli dà così scandalo?
È abbastanza inquietante quello che è successo, la cosa che fa ridere è che Raimo condivideva alcune mie parole, ma per lui dovevo comunque stare zitta.

Nel video non fa mistero di parlare della sua malattia. Eppure, per molto meno hanno difeso Giovanna Botteri, criticata per i suoi capelli disordinati, non certo così per motivi di salute.
Penso che ci sia una mia libertà, la malattia mi ha messo di fronte a una certezza: il punto è il Cielo. Quando metti in conto la possibilità della morte cambia tutto l’orizzonte. Raccontare la malattia è importante per avere questo sguardo sul Cielo. E per poter dire di non vergognarsi nemmeno delle sfide che ci sono nella malattia. Per una donna portare i capelli corti può essere un problema.

Per lei è un problema?
Relativo, ma è evidente che il fisico sia cambiato. Ciò che è importante affermare è che la malattia non toglie la dignità a nessuno. Io non ho mai visto una sofferenza capace di togliere dignità all’uomo.

Offenderla per il taglio di capelli è un’offesa alla sua dignità, quindi?
Deriva dal fatto che oggi si vuole togliere dignità alla sofferenza, lo vediamo con la mentalità eutanasica che si sta affermando. Gli stessi che mi offendono sono quelli che difendono anche l’eutanasia, non a caso.

Ha mai ricevuto offese in ragione della sua malattia?
Qualche hater c’è. Spesso mi scrivono che ho i capelli da maschio, oppure che ho il taglio da lesbica.

E quindi?
Appunto. Quelli che mi insultano sono gli stessi che poi fanno la lotta agli stereotipi e invece sono i primi a vivere di stereotipi. Sono gli stessi che pretendono di dare la patente di gay al bambino che non vuole giocare a pallone.

E chi sono?
Mi insultano più i progressisti, quelli di sinistra, per intenderci. I primi a insultare sono loro.

Dunque, tornerà in televisione?
Sì, bisogna difendere i bambini. Il logo che rappresento (Pro Vita & Famiglia) e che si vuole zittire rappresenta l’amore incondizionato. È questo che bisogna difendere, non i miei capelli.