Indagato, ma fedele: Brusaferro premiato dal Colle
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Nonostante sia indagato dalla Procura di Bergamo, il presidente dell'Istituto Superiore di Sanità riceve la medaglia d'oro al merito della sanità pubblica da parte del Quirinale. Ma il merito è poco scientifico: dalle carte dell'inchiesta infatti emerge la totale subordinazione del medico e portavoce del Cts alla politica di Speranza al quale ha obbedito anche se in disaccordo.
Lo Stato premia sé stesso e pazienza se sul premiato pende un’indagine per epidemia colposa. Il Presidente della Repubblica ha conferito all’Istituto Superiore di Sanità nientemeno che la medaglia d’oro al merito della sanità pubblica. Si tratta di un’onorificenza di istituzione regia che è stata mantenuta in epoca repubblicana e che dovrebbe andare a coloro che si sono distinti «in occasione di gravi epidemie o gravi calamità o che abbiano effettuato importanti elargizioni».
A ritirare la medaglia giovedì scorso c’era il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro, che abbiamo imparato a conoscere durante la pandemia con le sue conferenze stampa sull’andamento quotidiano del virus.
Ma Brusaferro è lo stesso che, attualmente, è indagato dalla Procura di Bergamo per svariati reati che gli vengono imputati nella prima fase della pandemia in ordine alla mancata chiusura di Alzano e Nembro. E lo stesso che, interrogato dai pm orobici, disse che non seppe nulla del piano pandemico fino a maggio 2020. Peccato che questo, invece gli venne consegnato – ci sono delle mail ad attestarlo – a febbraio.
È per lo meno curioso se non sospetto che proprio ora che su Brusaferro pende un’accusa di reato - che ovviamente andrà dimostrato in sede processuale - Mattarella gli conferisca la più alta riconoscenza della Repubblica nel campo sanitario. A volergli dare una lettura politica sembra quasi che il Quirinale abbia voluto dire la sua sull’operato dell’Iss nel corso della stagione emergenziale e blindare l’operato di Brusaferro.
La motivazione infatti non lascia adito a dubbi: «Per l’impegno profuso da tutto il personale (dell’Iss ndr.), che grazie all’alto livello di specializzazione tecnica e le straordinarie misure organizzative messe a punto per garantire la prevenzione e la sicurezza necessaria allo svolgimento del lavoro nel contesto emergenziale, ha contribuito incisivamente alle azioni di contrasto e contenimento del virus, con particolare senso di appartenenza alle istituzioni e dedizione al servizio della scienza e del Paese».
Se non è un “pizzino” del Quirinale per i giudici di Bergamo poco ci manca.
Il fatto è che, come si legge sul sito del Quirinale, la prestigiosa onorificenza viene concessa su proposta del ministro della Salute e confermata da una commissione composta tra gli altri anche dal direttore dell’Istituto Superiore di Sanità. Insomma, viene quasi da pensare che i vertici della sanità pubblica abbiano giocato facilmente in casa nel darsi il premio e consegnare così all’opinione pubblica un attestato di qualità del lavoro svolto. Con il ministro della Sanità Schillaci a confermare la continuità con il suo predecessore.
Peccato che, come emerge dalle carte di Bergamo, al di là degli eventuali reati che andranno tutti dimostrati, il rapporto di Brusaferro con l’allora ministro Speranza apparisse come subordinato da un rapporto di forte dipendenza del primo nei confronti del secondo.
Imbarazzanti, infatti, sono i messaggi che Speranza e Brusaferro si scambiavano durante i giorni della prima ondata dai quali si comprende come le decisioni che l’Iss e Brusaferro in qualità di portavoce del Cts spacciavano come scientifiche in realtà fossero l’applicazione di precisi desiderata politici di Speranza del Governo Conte. «Dobbiamo non dare troppe aspettative positive se vogliamo mantenere le restrizioni»; e Brusaferro obbediva: «Ok, allora non mostro questo modello».
L’Iss dovrebbe servire lo Stato, non il governo di turno; invece, dalle carte sembra proprio che agisse in costante comunicazione col governo e su impulso di Speranza.
Lo schema era di questo tipo: il ministro comunicava quale fosse l’orientamento politico e Brusaferro recepiva nonostante non condividesse su tanti aspetti, ad esempio, sull’utilità dei lockdown, salvo poi apparire in tv per giustificare le misure prese. «Non ci sono prove scientifiche su misure di questo tipo», diceva. Tre giorni dopo era in conferenza stampa per dire che le misure funzionavano.
La spacciavano per scienza, invece era politica, dettata da Speranza.
Anche sui giorni di chiusura, i due, Speranza e Brusaferro, discutevano sparando date con grande facilità, dimenticandosi che stavano decretando la chiusura di un paese intero, con ricadute pesantissime sull’economia e la socialità, ma senza la garanzia che queste misure sarebbero servite per fermare il virus.
E sui vaccini? L’atteggiamento di Brusaferro non mutò di una virgola rispetto alla narrazione imposta dal Governo e poi da quello successivo guidato da Mario Draghi: «Dobbiamo essere consapevoli che solo il vaccino ci tirerà fuori dalla crisi creando condizioni sfavorevoli alla circolazione del virus. È l’unica via per riprendere una nuova normalità».
Questa è la narrazione che oggi viene presentata come una verità inconfutabile. In realtà era solo l’utopia: il vaccino non ha fermato la diffusione del virus, non ha salvato la normalità dato che parallelamente al vaccino è stato introdotto anche il green pass per costringere la gente a iniettarselo controvoglia.
Insomma, la normalità è arrivata soltanto quando si è deciso – ancora una volta politicamente – che tre dosi e passa di vaccino fossero sufficienti per dire la parola basta. In mezzo però c’è stato un paese nella paura, vincolato da assurde regole e si sono create le condizioni per avere ancora oggi dei veri propri invalidi chiamati danneggiati da vaccino che l’Iss di Brusaferro scientificamente proprio non vede. Ma che cosa si poteva pretendere dato che il suo agire è stato di supporto alla politica e non alla scienza?