In ricordo di Simona: la speranza cristiana vince il terrore
Il gesto della famiglia Monti, colpita dalla strage di Dacca, di donare i soldi per costruire una chiesa nel sud del Bangladesh, è la testimonianza di come da un dolore lancinante possa nascere un amore costruttivo.
Aveva 33 anni e fra un mese avrebbe partorito suo figlio, invece è morta vittima dell'attentato di Dacca, avvenuto durante la notte del primo luglio e rivendicato dall'Isis. Si chiamava Simona Monti e lavorava con passione per un'azienda tessile operante in Bangladesh, da cui sarebbe dovuta partire solo due giorni dopo per tornare a Magliano Sabina, paesino in provincia di Rieti dove era cresciuta, e dare alla luce il suo piccolo. Prima di andarsene, però, come aveva comunicato al telefono poche ore prima alla madre, avrebbe salutato i suoi colleghi ed amici nel locale, l'Holey Artisan Bakery, dove invece sarebbe stata uccisa, insieme ad altre 19 persone, per non aver saputo recitare i versetti del Corano.
«Questa esperienza di martirio per la mia famiglia e il sangue di mia sorella Simona spero possano contribuire a costruire un mondo più giusto e fraterno», aveva subito dichiarato suo fratello, don Luca Monti, sacerdote della diocesi di Avellino. E non erano parole, nessuna retorica sterile e buona solo a esorcizzare, perché don Luca e la sua famiglia hanno deciso di rispondere al nichilismo con le opere. Elargendo i fondi necessari a costruire, tramite Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs), una Chiesa ad Haritana, nel sud del Bangladesh, dove la comunità cristiana è costretta a percorrere chilometri per partecipare al sacrifico eucaristico.
«Abbiamo preferito delle esequie semplici per poter realizzare un'opera di bene in favore dei cristiani perseguitati», ha continuato il sacerdote. «Abbiamo scelto questo progetto perché ci dà speranza sapere che la Chiesa di san Michele rappresenterà un incentivo per i cristiani del Bangladesh, affinché non abbiano paura e non si arrendano anche di fronte alla violenza. E poi lo abbiamo fatto per Simona, perché speriamo che la comunità locale abbia la bontà di pregare per la sua anima e per la nostra famiglia».
Ha parlato di speranza don Luca e lo ha fatto affermando la comunione di cui le mura di una chiesa sono solo la forma visibile. Ma come? Durante i funerali il prete aveva confessato che sì, «siamo qui dubbiosi e spaventati da tante domande, ma le risposte carissimi noi le abbiamo già. È la resurrezione». La certezza del Paradiso, di una vita eterna, di cui questa è solo un briciolo passeggero, e la consapevolezza che da soli è difficile ottenerla, spiegano la vittoria sullo scoraggiamento. E dimostrano come da un dolore che dovrebbe lasciare impietriti possa davvero nascere un amore costruttivo, «un incentivo per i cristiani del Bangladesh, affinché non abbiano paura», insieme al desiderio che questo amore sia per un'unità salvifica che «abbia la bontà di pregare per la sua anima e per la nostra famiglia». Speranza, unità e preghiere, anche per Simona, sono la risposta e la richiesta della famiglia Monti, sebbene sia «morta martire perché non conosceva il Corano».
Pare di leggere i "Cori da la "Rocca"" di T.S. Eliot: «E il figlio dell'uomo non fu crocifisso una volta per tutte,/ Il sangue dei martiri non fu versato una volta per tutte, / Le vite dei Santi non vennero donate una volta per tutte (...). E se il Tempio dev'essere abbattuto/ Dobbiamo prima costruire il Tempio. (...) Se il sangue dei martiri deve fluire suoi gradini/ Dobbiamo prima costruire i gradini».
Non è quindi un'immagine quella del poeta, ma la descrizione letterale di quello che ancora oggi avviene dopo 2000 anni, prodotto del sacrificio di una cristiana. A dire che la storia della Chiesa è questo continuo ripetersi della morte e della resurrezione del Corpo di Cristo fatto dei Suoi uomini, questa continua possibilità di ripresa dopo ogni caduta. Fino a poter addirittura gioire nel dolore lancinante di una sorella e una figlia uccisa insieme al nipote in grembo che verosimilmente si attendeva con ansia di conoscere: «È stato molto toccante sentire mio padre dire: "Ho dato a Dio un figlio sacerdote ed una figlia martire"». E «Se il sangue di mia sorella possa essere servito a Dio per portare la pace nel mondo, potrò dire, nonostante il comprensibile dolore umano, di essere orgoglioso della morte di mia sorella».