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IL PIANO

Immigrazione, da Bruxelles a Roma nuove politiche suicide

Le novità sul tavolo del dibattito politico a Bruxelles come a Roma non inducono certo all’ottimismo chi auspicava una posizione più ferma a contrasto dei flussi illegali. Invece di stabilire il principio che chi può chiedere asilo lo deve fare attraverso i canali da sempre attivati dagli organismi internazionali, la Ue continua a consentire a chiunque paghi criminali di giungere in Europa.

Attualità 25_09_2020

Nuove regole della Ue sui migranti e modifica ai decreti Sicurezza di Matteo Salvini in Italia. Le novità sul tavolo del dibattito politico a Bruxelles come a Roma non inducono certo all’ottimismo chi auspicava una posizione più ferma a contrasto dei flussi illegali ma non piacciono neppure ai fans dell’immigrazione “senza se e senza ma” che vorrebbero maggiore decisione nell’aprire i porti a tutti.  

Il nuovo meccanismo di solidarietà Ue nei confronti dei Paesi di primo arrivo annunciato dalla Commissione non prevede per ora l’annunciata rimozione del Trattato di Dublino che lascia agli Stati di primo arrivo (cioè Italia, Grecia e Spagna) l’onere di occuparsi dei clandestini. 

"Il Migration Pact si focalizzerà principalmente sui ricollocamenti oppure sulla sponsorizzazione dei rimpatri" ha chiarito la Commissione Europea: di fatto i partner Ue si dovranno fare carico di accogliere chi sbarca nel Sud Europa oppure potrà sostenere finanziariamente i rimpatri di chi non ha diritto all’asilo. E’ il caso dei partner Ue del Gruppo Visegrad che non accettano di accogliere clandestini e ai quali verrà attribuito l’onere di occuparsi del rimpatrio di un numero di clandestini analogo a quello di cui hanno rifiutato l’accoglienza con l’impegno a ospitarli se dopo otto mesi non saranno riusciti a rimandarli nei paesi di origine.

Clausola non gradita dal Gruppo di Visegrad proprio a causa delle difficoltà a effettuare i rimpatri in assenza di solidi accordi con i paesi afro-asiatici.   

I ricollocamenti dagli Stati di sbarco agli altri partner saranno limitati a quanti hanno diritto all’asilo (che nel caso dei quasi 24 mila clandestini sbarcati quest’anno in Italia sarebbero pochissimi) mentre i “migranti economici” dovranno venire rimpatriati. Di fatto quindi l’accordo di Dublino non verrà rimosso e nella pratica i rimpatri resteranno in gran parte inattuati dal momento che sono pochi i paesi di origine dei migranti illegali che hanno accettato di riprendersi i propri connazionali e quelli che hanno stabilito accordi in tal senso prevedono numeri limitati che rendono infinite le operazioni di rimpatrio e spesso inattuabili in caso di fuga dei clandestini dai centri d’accoglienza.

E’ il caso dei tunisini, sbarcati in Italia in quasi 10 mila unità quest’anno dei quali poco più di 700 sono stati rimpatriati. 

Come ha detto ieri il ministro Lamorgese i migranti illegali provenienti dalla Libia sbarcati in Italia nel corso dell'anno, sono circa 9.139, pari a circa il 40% dei 23.273 sbarcati alla data del 23 settembre 2020. Il 60% sono arrivati da Tunisia, Algeria e Turchia.

Nonostante queste evidenti limitazioni e difficoltà nell’attuare i rimpatri la Ue sottolinea che continuerà ad avere la priorità di soccorrere in mare i migranti illegali e solo dopo averli fatti sbarcare in Europa verrà effettuata la selezione tra chi ha diritto a restare o meno.

Se il salvataggio in mare è fuori discussione, è evidente che ad esso dovrebbe fare seguito il respingimento immediato nei paesi di imbarco (Libia, Tunisia e Algeria nel caso dei flussi diretti in Italia) con lo scopo di scoraggiare ulteriori partenze e nuove morti in mare. 

Invece di stabilire il principio che chi può chiedere asilo lo deve fare attraverso i canali da sempre attivati dagli organismi internazionali, la Ue continua a consentire a chiunque paghi criminali di giungere in Europa.

"L'approccio di base della Commissione van der Leyen è rimasto invariato" - ha detto il primo ministro ungherese Viktor Orban – “l'Ue vorrebbe gestire la migrazione ma la posizione di Budapest resta quella di fermare i migranti. Sono due cose diverse". 

Il portavoce del governo ungherese, Zoltan Kovac, ha ribadito che “dal 2015, la posizione del governo ungherese sulla migrazione è stata chiara e immutata. No alla distribuzione obbligatoria dei migranti e protezione delle frontiere esterne. Crediamo che l'Unione Europea e i suoi Stati membri debbano cooperare per mantenere la pressione migratoria al di fuori dei nostri confini. A tal fine, dovremmo formare alleanze con i Paesi di origine.  Crediamo che le frontiere dell'Europa debbano essere protette: dovranno essere istituiti hotspot esterni per trattare le richieste di asilo: dobbiamo garantire che le frontiere esterne dell'UE e dello spazio Schengen rimangano perfettamente sigillate. Il nostro obiettivo è vedere gli Stati membri dell'UE sostenersi a vicenda nel raggiungimento di questi obiettivi”.

Il “Migration Pact” si pone l'obiettivo di migliorare i rapporti con gli Stati extra-Ue pone attraverso aiuti economici e per il controllo dei confini la gestione dei loro confini, sforzi per firmare accordi di rimpatrio con gli Stati d'origine dei migranti, maggiore impegno per perseguire i trafficanti e più controlli anche sanitari sui clandestini in arrivo, il rafforzamento dell’agenzia delle frontiere Frontex, procedure più veloci e standardizzate per la richiesta di asilo politico, ha precisato Margaritis Schinas, vicepresidente della Commissione e commissario per la Promozione dello stile di vita europeo. 

Ma è chiaro che si tratta di punti sui quali è lecito esprimere dubbi circa la reale attuazione ed efficacia. 

Del resto la vocazione “immigrazionista” espressa dalla Commissione von der Leyen si abbina perfettamente alle iniziative annunciate dal governo italiano che dopo il voto regionale che ha visto il tracollo di M5S sembra dominato dall’egemonia del PD che punta ad attuare, dopo un anno di annunci, il superamento dei decreti Sicurezza messia punto quando al Viminale sedeva Matteo Salvini.

Da quanto annunciato dal ministro Lamorgese verranno abrogate le multe milionarie alle navi delle Ong che entrino senza invito nelle acque italiane. Misure del resto mai applicate poiché l’attuale governo ha sempre spalancato i porti alle navi delle Ong: emblematico a tal proposito in queste ore il caso della nave Alan Kurdi che mentre dirigeva verso la Corsica in violazione del no francese allo sbarco dei 125 clandestini a bordo, è stata autorizzata da Roma a sbarcarli in Sardegna.

Il piano del governo prevede di ripristinare la “protezione umanitaria” attribuita per anni dai governi di centro-sinistra ai clandestini che non avevano diritto all’asilo e abrogata dai Decreti Sicurezza: una misura che incoraggerà nuovi flussi e porrà per anni sulle spalle dei contribuenti italiani un numero enorme di clandestini.

La bozza prevede la riforma del sistema di accoglienza che torna ad essere diffusa senza che i comuni possano opporsi ad accogliere clandestini sul proprio territorio, con la possibilità per i richiedenti asilo di iscriversi all'anagrafe comunale e la possibilità di convertire il permesso di soggiorno in permesso di lavoro, di fatto equiparando un clandestino a un lavoratore straniero regolare.

Non è un caso che nella bozza del decreto composto da 9 articoli non compaia la parola "sicurezza" nonostante già oggi gli immigrati clandestini rappresentino la più seria minaccia alla sicurezza delle nostre città.

Inoltre il nuovo "sistema di accoglienza e integrazione" ricadrà finanziariamente sulle casse dello Stato nel momento di più grave crisi economica e sociale dell’Italia e dell’Europa contemporanea e produrrà benefici solo ai clandestini e alla pletora di coop ed enti della “lobby dell’accoglienza” che dal 2013 si sono già spartiti una torta di circa 20 miliardi di euro.