Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Colombano a cura di Ermes Dovico

EDITORIALE

Immigrati, una speranza di chiudere la "rotta libica"

Gli sviluppi degli ultimi giorni e la decisione del governo italiano per una nuova missione militare nelle acque libiche a sostegno delle autorità locali nella lotta contro i trafficanti di esseri umani, aprono una possibilità concreta di frenare i flussi migratori irregolari. Anche se molte questioni, politiche e militari, aspettano di essere chiarite.

Editoriali 29_07_2017
Al Serraj e Gentiloni

Un pattugliatore della Marina militare italiana sarà tra poche ore in ricognizione nelle acque libiche per mettere a punto i dettagli della nuova missione navale italiana chiesta e confermata (dopo una smentita del premier Fayez al-Sarraj, poi rientrata) dal governo libico a supporto alla Guardia costiera di Tripoli.

La nuova missione militare, che vedrà impegnate alcune delle 6 unità navali già dispiegate in quel settore nell’ambito dell’operazione Mare Sicuro, ha ricevuto ieri il via libera del Consiglio dei Ministri. "Il Cdm ha approvato la missione di supporto operativo alla guardia costiera libica, né più né meno quanto richiesto dal governo libico" ha detto il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni.

La missione italiana va considerata come un "passo in avanti nel contributo italiano alla capacità delle autorità libiche di condurre la loro iniziativa contro gli scafisti e di rafforzare la loro capacità di controllo delle frontiere e del territorio nazionale”. 

Gentiloni non è entrato nei dettagli dei compiti effettivi delle nostre navi ma il supporto alle forze libiche implica di aiutarli nelle attività che stanno già compiendo e cioè il contrasto ai trafficanti e lo stop a barconi e gommoni che vengono riportati sulle coste libiche.

Nessun esponente del governo italiano ha parlato di respingimenti (nei confronti dei quali ieri Medici senza frontiere si è espressa contrariamente, come è immaginabile che facciano tutte le Ong che hanno navi nel Canale di Sicilia impiegate finora per portare i migranti illegali in Italia) ma è indicativo che Gentiloni abbia  affermato che “si tratterà i di proseguire e accelerare nel lavoro di rafforzamento dell'azione delle organizzazioni internazionali, in particolare dell'Unhcr e dell'Oim, che gestiscono i centri di accoglienza in Libia” .

Un chiaro riferimento al fatto che i piani di Roma prevedono di aiutare le forze navali libiche (che l’Italia ha addestrato e potenziato donando loro motovedette) a riportare sulle coste africane i migranti chiudendo di fatto la “rotta libica”.

Ieri una “nota di chiarimento” del ministero degli esteri del governo di al-Sarraj aveva sgombrato il campo dai fraintendimenti generati dalle dichiarazioni dello stesso premier che giovedì sera aveva smentito di aver chiesto che le navi italiane entrassero nelle acque libiche.

Un atteggiamento motivato forse dalle reiterate pressioni che al-Sarraj subisce dalle fazioni libiche che lo osteggiano, ma anche da quelle che lo appoggiano, e probabilmente pure dalla Francia che dopo l’accordo firmato a Parigi con il generale Haftar e mediato dal presidente Emmanuel Macron pare determinata a fare tutto il possibile per sottrarre la Libia all’area di influenza italiana.

La nota del ministero degli esteri libico precisa che “il Consiglio Presidenziale del Governo di Accordo Nazionale ha richiesto al Governo Italiano un sostegno tecnico, logistico e operativo, per aiutare la Libia nella lotta al traffico di esseri umani e salvare la vita dei migranti. Questi sforzi potranno prevedere anche la presenza di navi italiane che potranno operare dal porto di Tripoli, solo per questa ragione e in caso di necessità. Non si accetterebbe nessuna interferenza di questo genere senza un'autorizzazione preventiva e con un coordinamento con le autorità libiche all'interno del territorio e delle acque territoriali libiche", conclude la nota. 

In attesa di chiarimenti sul ruolo dei militari italiani e sulla loro eventuale presenza anche sul suolo libico, presso i comandi della Guardia costiera, sembra di comprendere che per salvaguardare al-Sarraj, figura politicamente sempre più debole ma per Roma indispensabile a bloccare i flussi migratori illegali, la presenza navale italiana dovrà essere discreta anche se non per questo meno efficace.

Ciò significa innanzitutto che, per sottrarre al-Sarraj alle accuse dei suoi rivali di aver ceduto la sovranità nazionale all’ex potenza coloniale, il merito e la visibilità delle operazioni contro i trafficanti e di blocco dei migranti dovrà venire attribuito alle forze di Tripoli.  In fondo un buon affare per Roma che non dovrà sopportare costi ulteriori da questa missione effettuata con navi già impegnate in quel settore, ma che, se tutto andrà bene, ha l’opportunità di bloccare i flussi migratori lungo la “rotta libica” dalla quale sono giunti in Italia dal 2013 oltre 700 mila migranti illegali.