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Immigrati illegali, in gennaio aumento del mille per cento

Dall'inizio dell'anno siamo già a 1.351 immigrati illegali sbarcati contro i 159 del gennaio 2019, un boom dovuto alle politiche aperturiste del governo rosso-giallo, che ieri - a elezioni passate - ha autorizzato lo sbarco dei migranti a bordo delle navi delle Ong Ocean Viking e Alan Curdi. Sul governo non ha avuto alcun effetto neanche l'allarme terrorismo giunto dalla Libia, secondo cui ci sarebbero già alcune decine di miliziani jihadisti provenienti dalla Siria in viaggio verso l'Italia o già arrivati.
- IL LIBRO/L'EUROPA VITTIMA DELLA SUA IDEOLOGIA, di Fabio Piemonte

Attualità 29_01_2020

Boom di immigrati illegali in Italia nelle prime settimane dell’anno grazie soprattutto alle navi delle Ong accolte a braccia aperte da Giuseppe Conte e da Luciana Lamorgese. Con 870 clandestini sbarcati fino a lunedì contro i 155 dell’intero gennaio del 2019, sembra ormai evidente che l’unica iniziativa riuscita al governo italiano nell’affrontare la crisi libica sia costituita dall’accoglienza indiscriminata di chiunque paghi criminali e si appoggi sulle navi delle Ong per giungere in Italia.

I numeri non sono certo ancora quelli degli anni scorsi, quando sbarcavano annualmente in Italia tra i 120 mila e i 181 mila clandestini, ma il governo Conte 2 sembra voler fare di tutto per incentivare partenze e traffici illeciti di esseri umani dalle coste libiche, tunisine e algerine sulla stessa falsariga dei precedenti esecutivi di centro-sinistra.

Se fino a lunedì gli sbarchi erano più che quintuplicati rispetto all’anno scorso, da oggi sono quasi moltiplicati per dieci, con l’arrivo dei migranti illegali a bordo delle navi delle Ong Ocean Viking e Alan Curdi, autorizzato ieri (solo dopo il voto in Emilia Romagna, ovviamente) dal governo italiano.
Con questi arrivi pilotati i clandestini sbarcati dall’inizio dell’anno salgono a 1.351, pari cioè allo stesso numero sbarcato nei primi cinque mesi del 2019, quando al Viminale sedeva Matteo Salvini.

Anche le nazionalità dei clandestini sono le solite, provenienti da paesi certo non privi di difficoltà, ma non in guerra né afflitti da carestie o pestilenze, a conferma che si tratta di migranti economici, non certo di persone che possano venire considerati rifugiati: Iraq, Algeria, Bangladesh, Costa d’Avorio, Guinea, Iran, Tunisia, Marocco, Mali e Nigeria quelle principali.

Da rilevare che non ha avuto alcun effetto sulle politiche immigrazioniste del governo Conte 2 l’allarme terrorismo giunto dalla Libia secondo cui tra i 3mila mercenari siriani inviati da Ankara a Tripoli e appartenenti a milizie jihadiste e di al-Qaeda, alcune decine "hanno iniziato a lasciare il territorio libico alla volta dell'Italia" e "almeno 17 sono già arrivati" nella Penisola.
Lo sostiene l'Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus), Ong con sede a Londra e vicina ai ribelli anti-Assad, citando "fonti affidabili". "Una volta arrivati in Libia, hanno deposto le armi e sono andati in Italia e alcuni di loro in Algeria come via per passare in Europa", ha riportato ancora l'Ondus citando anche "parenti e persone loro vicine".

Non sono stati forniti dettagli circa le modalità dello sbarco in Italia ma l’Ondus sembra confermare le dichiarazioni del generale libico Khalifa Haftar che il 19 gennaio aveva fatto sapere tramite il suo portavoce che "41 miliziani terroristi siriani sono andati in Italia attraverso i porti dell'ovest della Libia, quindi attraverso i flussi migratori illegali”.

Non è certo la prima volta che la presenza di terroristi e miliziani jihadisti viene segnalata tra i flussi migratori illegali diretti in Italia come componente più limitata rispetto ai criminali comuni che in gran numero si sono mischiati ai clandestini in partenza dal Nord Africa.
La prima a parlare di infiltrazioni di terroristi tra i migranti fu Emma Bonino, ministro degli Esteri del governo Letta nel novembre 2013 ma dopo di lei ne parlarono anche i ministri Alfano, Gentiloni e Minniti senza che venisse fatto nulla per bloccare i flussi, neppure quando la Polizia italiana ha fermato un certo numero di ex miliziani provenienti dalla Siria dove avevano combattuto nei ranghi di formazioni ribelli jihadiste.

Oggi alla minaccia dei mercenari jihadisti siriani in Libia si aggiungono anche i mercenari africani “in saldo” per le milizie libiche che si fronteggiano in armi. Ne ha parlato il 27gennaio sul Corriere della Sera il reportage di Francesco Battistini che ha visitato “il discount del soldato di ventura” alla rotonda Fashelom, a Tripoli, dove i migranti africani vengono arruolati per combattere con le diverse milizie fedeli al governo di accordo nazionale (GNA) di Fayez al-Sarraj.

L’ipotesi che tra questi vi sia anche un buon numero di quanti successivamente sbarcano in Italia, dopo aver guadagnato armi in pugno il denaro necessario a pagare i trafficanti, è quindi molto concreta e suffragata del resto dall’ampia e documentata presenza di mercenari che combattono con le opposte fazioni libiche provenienti da Niger, Ciad, Mali e Sudan: gli stessi Stati africani da cui provengono buona parte dei migranti presenti in Libia e che giungono poi illegalmente in Italia.

Neppure il rischio di accogliere miliziani, oltre a criminali e terroristi, sembra aver provocato reazioni preoccupate nel governo italiano mentre le organizzazioni umanitarie “immigrazioniste senza se e senza ma” come Amnesty International e Caritas sembrano voler tenere a basso profilo l’intera questione, come racconta lo stesso Battistini.
«I tebu e i mahamid, è noto che si sentano tribù libiche e quindi combattano volentieri — dice Donatella Rovera, di Amnesty International —. Gli altri, è possibile che le milizie li sfruttino per lavorare. Ma questo non può essere tecnicamente definito un arruolamento. Nessuno ha mai trovato la prova che i migranti siano mandati a sparare», si legge nell’articolo del Corriere.

Diverso il parere dell’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati, che per bocca di Vincent Cochetel ha denunciato tempo fa come nel centro di detenzione di Qaser Ben Gashir siano date agli immigrati le divise e un’alternativa: la libertà in cambio del reclutamento. Anche alla Caritas, se cerchiamo conferme, la risposta è tortuosa: «Non sappiamo di migranti assoldati dalle milizie», (prima versione, ufficiale); «in effetti sappiamo qualcosa, ma non possiamo parlarne perché poi ci fanno grane» (seconda versione, ufficiosa).

Insomma, meglio tacere e lasciar correre piuttosto che rischiare di ostacolare il rinnovato boom di sbarchi di clandestini in Italia.