Il vescovo Baez trasferito, il dissenso perde la sua voce
Il vescovo ausiliare di Managua José Silvio Baez è una delle voci più critiche contro il regime di Ortega. Il Vaticano ha deciso di trasferirlo presso la Santa Sede. Per proteggerlo da un tentativo di attentato, o per fare una concessione al regime e riprendere il negoziato? E' comunque un duro colpo per l'opposizione democratica.
“Un popolo crocifisso resuscita sempre, vi chiedo soltanto di non permettere a nessuno di portare via la vostra speranza, il Nicaragua deve risorgere così come è risorto il Crocifisso del Calvario”. Così si è espresso, nella celebrazione delle Domenica delle Palme a Managua, captale del Nicaragua, il vescovo ausiliare José Silvio Baez. Nei giorni precedenti, il vescovo aveva annunciato la sua partenza per il Vaticano dopo la Pasqua. Glielo ha chiesto direttamente Papa Francesco: si trasferirà alla Santa Sede a tempo indeterminato. Si tratta di una mossa decisa in Vaticano per proteggere la sua vita? O una concessione al regime di Ortega per sbloccare il negoziato?
Come già scritto più volte su queste colonne, in Nicaragua, come nel Venezuela, è in corso un’insurrezione contro il regime presidenziale/autoritario di Daniel Ortega, leader sandinista, movimento marxista che fu protagonista della rivoluzione del 1979, tenne il potere col pugno di ferro per i tredici anni successivi e ora è di nuovo al potere, prima democraticamente poi in modo sempre più accentratore e autoritario. E’ bastata una scintilla, una riforma dello Stato sociale che avrebbe comportato tagli di sussidi, per far degenerare una protesta di piazza in una sollevazione popolare. Dall’aprile del 2018 ad oggi, i morti si contano a centinaia: sono 199 secondo fonti governative, 325 secondo l’organizzazione internazionale Commissione interamericana dei diritti umani (CIDH), mentre le Ong locali vicine all’opposizione contano ben 568 morti. Secondo l’agenzia Fides, i prigionieri politici sono stimati fra i 779 e gli 809.
Nel corso della rivolta, la Chiesa ha svolto un fondamentale ruolo di mediazione, sia per risolvere pacificamente crisi locali (evacuare feriti, frapporsi a polizia e manifestanti, porre fine ad assedi), sia per mediare fra le organizzazioni dell’opposizione e il governo. Inizialmente, Daniel Ortega si era mostrato molto favorevole all’atteggiamento della Chiesa, poi ha iniziato a esigere che si schierasse dalla sua parte e dal ringraziamento è passato alle accuse violente, risfoderando l’armamentario tipico del rivoluzionario marxista: “servi del capitalismo”, “agenti della Cia”, “controrivoluzionari”, ecc…
Monsignor Silvio Baez, una delle voci più critiche nei confronti del regime, è stato anche ferito a un braccio a Diriamba, in un’aggressione di milizie pro-regime e ha ricevuto numerose minacce di morte. Ha dovuto cambiare quattro volte il suo numero privato, uomini in motocicletta sono entrati fin nel cortile di casa sua per minacciarlo e i droni volano sulla sua testa per osservarlo. In conferenza stampa, l’altro ieri, il vescovo ha confermato di essere stato vittima di almeno un tentativo di assassinio, l’anno scorso. “Ero a letto alle 11 di sera quando ho ricevuto una chiamata dal Dipartimento politico dell’ambasciata degli Stati Uniti. Mi dicevano di essere certi che un piano per assassinarmi fosse in corso e di stare in guardia”. In queste circostanze è abbastanza comprensibile che la Santa Sede lo abbia richiamato per salvarlo.
Essendo una delle voci più critiche dell’opposizione al regime, però, il malumore cresce nell’opposizione e l’idea che serpeggia è che la sua partenza sia una concessione fatta dal Vaticano al regime di Ortega, per poter riprendere il negoziato. Secondo quanto riferiva, lo scorso 6 agosto, Luis Badilla, sul Sismografo Denis Moncada, Ministro degli Affari esteri del governo di Daniel Ortega, aveva fatto una discreta e riservatissima visita in Vaticano, per “trasmettere ad alcuni prelati una specifica nonché insolita richiesta del Presidente: che il Papa ordini ad alcuni vescovi che sono membri della Delegazione episcopale che presiede il Tavolo del dialogo nazionale di lasciare subito il loro incarico. La ragione, secondo la stampa nicaraguense, sarebbe questa: «Sono vescovi schierati con l’opposizione»”. Due in particolare: Silvio Báez, appunto, e mons. Rolando Álvarez, vescovo di Matagalpa. La richiesta era stata "respinta al mittente". Cosa è cambiato da allora?
Per Umanzor López Baltodano, politologo nicaraguense, sul trasferimento del vescovo “Ci sono due letture. La più diffusa tra la popolazione è che si tratti di una macchinazione del nunzio (Waldemar Sommertag, ndr), che in Nicaragua è considerato vicino al regime, per rimuovere una delle voci più critiche e autorevoli del Nicaragua contro il governo. L'altra lettura è che venga trasferito per proteggerlo, perché aveva ricevuto minacce di morte. La verità è che è molto difficile per l'opposizione accettare il suo trasferimento. È un colpo emotivo durissimo”.
“Oggi non possiamo dimenticare, né essere indifferenti alle vittime crocefisse oggi – ha detto Baez nella sua omelia della Domenica delle Palme – i prigionieri politici, gli esiliati, coloro che si nascondono per paura, le madri che piangono i figli uccisi nella repressione”. Monsignor Baez, che non ha chiesto di essere trasferito, ricorderà sempre, nelle sue preghiere, il popolo del Nicaragua. Nella sua ultima omelia, lo sollecita a "lottare per la libertà".