Il terrorismo si rafforza perché non accettiamo di combatterlo
Dopo gli attentati di Barcellona e Finlandia ancora risposte inconsistenti: nessuna rappresaglia contro lo Stato Islamico, nessuna intenzione vera di combattere l'estremismo islamico che genera i terroristi. In tutta Europa le persone note come estremisti "radicalizzati" sono molte decine di migliaia e crescono ancora grazie alla tolleranza deo governi nei confronti di ideologie che vogliono imporre la sharia. Così il terrorismo non può che aumentare.
Dopo Barcellona e la Finlandia torna il dibattito su come affrontare il crescente terrorismo islamico in Europa. Le domande riguardano il coordinamento dei servizi di sicurezza, la raccolta d’informazioni, cioè la prevenzione; e pure le risposte indicate, quasi stancamente, sono quelle di sempre e cioè del tutto inconsistenti.
Zero rappresaglie, che pure sarebbero attuabili contro le roccaforti rimaste all’Isis in Siria e Iraq, e nessun intento di combattere l’estremismo islamico che genera i terroristi.
Inutile chiedersi come possano esserci cellule jihadiste in Catalogna quado sappiamo che in quella regione ci sono 400 mila islamici e ben 50 moschee in mano a Salafiti, cioè a imam che predicano lo stesso islam di al-Qaeda e Stato Islamico. La Finlandia, con appena 70 mila residenti islamici, ha già forti problemi di terrorismo e ha un’elevatissima percentuale di foreign fighters rispetto agli abitanti islamici presenti.
Nel novembre 2016 le autorità di Helsinki segnalarono almeno 80 foreign fighters andati in Siria e Iraq, dei quali una ventina uccisi, rappresentanti di una ventina di etnie diverse ma in maggioranza nati o cresciuti nelle città di Helsinki e Turku.
In tutta Europa le persone note come estremisti “radicalizzati” sono molte decine di migliaia e aumentano di continuo grazie alla tolleranza che dimostrano gli Stati dell’Unione nei confronti delle ideologie estremiste tese a imporre la sharia.
Per controllare in modo capillare 24 ore al giorno tutti i 15 mila potenziali terroristi francesi (quelli con la fiche “S”) ci vorrebbero 50 mila agenti; per tenere d’occhio i 7mila Salafiti certificati in Germania 25 mila poliziotti… senza contare i tanti simpatizzanti e fiancheggiatori non ancora inseriti nelle banche dati.
I 40 foreign fighters con passaporto spagnolo o marocchini residenti in Spagna e già rientrati su circa 200 recatisi a combattere in Iraq e Siria, non sono in galera e neppure i loro “colleghi” in Francia e Gran Bretagna, dove i foreign fighters sono oltre un migliaio e quelli rientrati alcune centinaia. Qui i cosiddetti “radicalizzati” si contano a decine di migliaia e possono contare su una base di centinaia di migliaia di “simpatizzanti” del jihad a dar credito a recenti inchieste demoscopiche.
L’Istituto Montaigne ha reso noto con un sondaggio Ifop che il 28% del campione di 1.024 islamici francesi intervistati vorrebbe che la sharia prevalesse sulla legge francese. Lo stesso istituto nel 2015 ottenne la stessa risposta dal 55% di un campione di giovani islamici con cittadinanza francese di età compresa tra i 15 e i 25 anni. Un sondaggio effettuato l’anno scorso in Gran Bretagna dall’ICM rivelò che poco più di un terzo degli intervistati sarebbe disposto a denunciare alla polizia un sospetto terrorista coinvolto in azioni terroristiche.
Facile far proselitismo jihadista e far crescere i terroristi islamici se nessun estremista viene incarcerato, espulso se straniero o privato della cittadinanza, provvedimento quest’ultimo che Francois Hollande aveva annunciato dopo gli attentati dell’anno scorso ma mai attuato. Meglio ricordare che il coordinatore antiterrorismo della Ue, il belga Gilles de Kerchoeve, ha detto esplicitamente al Parlamento europeo che non sarà possibile incarcerare i foreign fighters che rientrano in Europa e occorrerà reintegrarli nella società.
Così oltre a far aumentare di numero i nostri nemici ci priviamo anche di ogni forma di deterrenza nei confronti del rientro di combattenti islamici, spesso macchiatisi di orrendi crimini in Iraq e Siria e che verranno utilizzati più proficuamente come istruttori di nuove leve del jihad invece di sacrificarne le competenze tecniche e belliche per compiere attentati che possono essere affidati ad altri.
Del resto il fronte del terrorismo è solo l’aspetto più drammatico del confronto in atto con l’islam che cerca a di penetrare in Europa, per ora con successo, portando “valori” basati su violenza e discriminazione (islam significa sottomissione non libertà) del tutto antitetici con le nostre società basate sulla Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo, che non a caso nessuno Stato islamico ha mai firmato.
Una guerra asimmetrica che, prima ancora di cercare di vincere, dovremmo accettare di dover combattere.