L'APERITIVO
Il significato del soffrire
Oltre alla spesso inconfessabile motivazione egoistica, a provocare il desiderio della "dolce morte" è innanzitutto la perdita della fede, cioè di una prospettiva che vada al di là della vita terrena...
A TAVOLA
23_12_2010
Voglio tornare sull’argomento dell’ “aperitivo” di ieri, vale a dire sul tema dell’eutanasia. Argomento che merita approfondimento e al quale avevo dedicato, come già ricordavo, un capitolo del mio libro Scommessa sulla morte.
È pur vero, ne sono convinto e cercavo di spiegarlo ieri, che esiste una motivazione egoistica – seppure inconfessata – determinata dal fatto che i vecchi e i malati sono causa di fastidi ma anche dal fatto che ci mostrano quello che anche noi saremo. E dunque può diventare un sollievo potersi disfare nonno che non si congeda.
Oltre che su questa motivazione egoistica, però, è necessario riflettere su una questione più sostanziale, che riguarda la perdita della fede. Senza la fede, la prospettiva di un al di là, la prospettiva di una vita che va oltre quella terrena, la sofferenza – sia quella fisica che quella psicologica – diventa insopportabile e inaccettabile. Diventa uno scandalo.
Prima della morte, quasi sempre ci attende un lungo prologo fatto di acciacchi, malattie, sofferenze, dolori, talvolta difficili da sopportare nonostante i “miracoli” della moderna medicina. Il porre fine al travaglio, spesso lungo e doloroso, che precede la morte diventa una necessità vitale per la nostra cultura e la nostra società.
Il dolore appare gratuito, senza significato e allora si cerca di porvi fine con l’eutanasia. Solo in una prospettiva cristiana la sofferenza da scandalo si trasforma in mistero. Dio avrebbe potuto eliminare la sofferenza, entrata nel mondo a causa del peccato originale, ma non l’ha fatto. Non soltanto non l’ha fatto, ma ha voluto che suo Figlio l’assumesse sulle sue spalle, morendo in croce.
Questa scelta divina ci dice che nella sofferenza c’è una dimensione misteriosa e in qualche modo preziosa. Ora, se questa prospettiva, la prospettiva della fede, non c’è, che cosa bisogna fare? Dobbiamo avere compassione, credo, per l’umanità che fa i conti con la disperazione e cerca degli pseudo-rimedi all’assenza di significato, di senso, di una prospettiva.
La fede è un dono gratuito che ci è stato fatto, noi sappiamo che la sofferenza va accettata fino a quando il buon Dio non decide di chiamarci a sé. Noi sappiamo di dover abbracciare e vivere fino in fondo quel passaggio.
(testo raccolto dalla redazione non rivisto dall’autore)