Il santuario che Maria ordinò di costruire
Mano a mano che, a partire dal 1430, la costruzione del Santuario di Monte Berico procedeva, contemporaneamente diminuiva, fino a scomparire, lepidemia di peste che affliggeva da anni la città di Vicenza. Lo aveva promesso la Vergine Maria ai vicentini se avessero costruito in quel luogo una chiesa a Lei intitolata.
Mano a mano che, a partire dal 1430, la costruzione del Santuario di Monte Berico procedeva, contemporaneamente diminuiva, fino a scomparire, la terribile epidemia pestilenziale che affliggeva da anni la città di Vicenza. Lo aveva promesso la Vergine Maria, apparsa a un’umile e anziana contadina garantendo aiuto e protezione ai vicentini se avessero costruito in quel luogo una chiesa a Lei intitolata. Nonostante l’iniziale incredulità, dopo una seconda apparizione, così alla fine fu. Il Santuario, nei secoli, venne ampliato, come pure i locali destinati alla comunità cenobitica dei Servi di Maria, suoi custodi, come segno del reciproco amore tra la Vergine e il popolo vicentino che La elesse come propria patrona.
La prima chiesa, in stile tardo gotico e ad aula unica, venne eretta in soli tre mesi. Quel primitivo edificio fu, successivamente, modificato, dall’architetto Lorenzo da Bologna, che oltre all’abside, e al nuovo coro, costruì la sacrestia. Oggi è un ambiente suddiviso in cinque campate: sopra l’altare della Pietà è conservata l’omonima tela di Bartolomeo Montagna che all’inizio del 1500 riprodusse il corpo esanime del Cristo tra le braccia della Madre, al cospetto dei due dolenti, Giovanni e Maddalena, e di San Pietro, sullo sfondo di un paesaggio roccioso e turrito.
Intorno agli anni Novanta del XVI secolo, il Palladio stesso progettò e realizzò un ampliamento dello spazio sacro. Quanto a lui dovuto fu, però, completamente demolito in occasione del rifacimento complessivo di una nuova chiesa progettata dall’architetto vicentino Carlo Borrella sul finire del secolo successivo. Il suo intervento comportò, infatti, la costruzione di una basilica a pianta centrale nella quale fu incorporata l’antica chiesa. La planimetria attuale risulta, dunque, a croce greca; i vani aggiunti agli angoli le conferiscono un impianto cubico sul quale si imposta una grande cupola.
Dal chiostrino gotico, dalle arcate ogivali decorate da cornici in terracotta, si accede alla sala un tempo destinata a refettorio. Qui è esposta una delle celebri Cene di Paolo Veronese, probabilmente commissionatagli dallo zio, frate del convento, nonché priore dal 1571 al 1573, che appare nel dipinto. Alla mensa, San Gregorio Magno riconosce tra i poveri da lui invitati un ospite d’eccezione, Gesù.
L’opera più importante è, però, il simulacro ligneo della Madonna della Misericordia sull’altare maggiore. Ricavata dalla pietra dei colli Berici, policromata, fu realizzata da Nicolò da Venezia nel XV secolo, con il consueto manto aperto per accogliere i fedeli. Molto più tardi, nel 1900, il futuro Pontefice Pio X, allora Patriarca di Venezia, incoronò il simulacro, elevando contestualmente la chiesa a dignità di Basilica Minore.
Il santuario si raggiunge percorrendo le pendici del monte Berico. Se la salita è figura dell’ascesi, la fatica che essa comporta rappresenta l' impegno per la conversione. Anche in questo ci viene in soccorso la Madre di Dio: le 150 arcate della seconda metà del Settecento, sotto cui si passa, scandiscono le decine del S. Rosario che si recita lungo il cammino. Ogni dieci arcate in una cappella sono dipinti i Misteri del Rosario.