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Ora di dottrina / 151 – Il supplemento

Il rapporto tra Scrittura e Tradizione

Oltre al Magistero della Chiesa, Lutero ha sminuito anche la Tradizione, non comprendendone il rapporto organico con la Bibbia. Infatti, la Tradizione precede cronologicamente le Scritture e queste ultime provengono dalla Tradizione stessa e da essa sono comprovate. Le Scritture, a loro volta, hanno la peculiarità di una forma fissa e godono dell’inerranza.

Catechismo 16_02_2025

Conviene soffermarsi ancora una volta sulla frammentazione introdotta da Lutero nell’unità armonica tra Scrittura, Tradizione e Magistero della Chiesa. Negli articoli dedicati alla rottura con i Greci, che darà origine allo scisma ortodosso, si era potuto comprendere come l’affermazione delle Sacre Scritture e della Sacra Tradizione era stata svincolata dall’interpretazione autentica e autoritativa del Magistero della Chiesa, perlomeno di quel Magistero che non si esprime in seno ad un concilio ecumenico. Con Lutero si è invece verificata l’espulsione anche della Tradizione, ritenuta al massimo un aiuto interpretativo autorevole, ma non riferimento ultimo e definitivo.

Più di recente, all’interno del mondo cattolico, in quello che possiamo denominare “cattolicesimo liberale”, abbiamo assistito ad una posizione nuova, ma pur sempre erronea, la quale, pur senza negare formalmente il Magistero della Chiesa, ne ha ridotto la forza vincolante solamente a quelle proposizioni insegnate ex cathedra dal pontefice e alle definizioni dogmatiche dei concili ecumenici, consegnando invece il Magistero ordinario al dissenso e alla critica.

Occorre però fare attenzione anche a quelle correnti che distaccano il Magistero dalla Scrittura e dalla Tradizione secondo una prospettiva opposta, ossia ritenendo, più o meno esplicitamente, che il Magistero possa prescindere da esse o manipolarle per dare loro un significato arbitrario. O ancora a quelle posizioni di tipo autoritario, che non pongono riguardo al tipo di pronunciamento del Magistero, esigendo a prescindere assenso assoluto e obbedienza.

Non entriamo, in questo breve articolo, nella questione dei gradi di pronunciamento del Magistero e quindi del corrispondente assenso del fedele, materia che è oggetto del “Primo piano” del nuovo numero de La Bussola Mensile (n. 17, marzo 2025), in prossima uscita. Ad interessarci è invece la verità dello stretto legame tra Scrittura e Tradizione da una parte, e tra queste e il Magistero della Chiesa dall’altra. In questo articolo ci occuperemo del rapporto Scrittura-Tradizione, affidando il senso del Magistero ad un articolo successivo.

Talora si pensa che sia stata la Chiesa cattolica ad aver aggiunto, all’epoca del Concilio di Trento, la Tradizione a fianco della Bibbia, per poter avere il monopolio dell’interpretazione di quest’ultima e sottrarla all’ispirazione che lo Spirito dona a ciascun lettore devoto. In realtà, sono la Bibbia stessa e la storia della Chiesa nei suoi primi decenni di vita a mostrare i punti fermi della teologia fondamentale cattolica sul tema, da cui scaturisce una visione del rapporto tra Tradizione e Scrittura non come escludente o sottostimante una delle due e nemmeno come due fiumi paralleli indipendenti, ma piuttosto come due cerchi intrecciati tra loro, ciascuno con caratteristiche proprie; cerchi che irradiano l’unica Rivelazione divina.

Prima verità: la Tradizione precede cronologicamente le Scritture e queste ultime provengono dalla Tradizione stessa e da essa sono comprovate. Prima che i libri che compongono la Bibbia fossero completati, la Rivelazione di Dio era già stata trasmessa mediante la parola e le azioni degli Apostoli. Sono proprio le stesse Scritture ad attestare questa priorità temporale e fondativa della Tradizione: «Le cose che hai udito da me davanti a molti testimoni, trasmettile a persone fidate, le quali a loro volta siano in grado di insegnare ad altri» (2Tm 2, 2); «Vi lodo poi perché in ogni cosa vi ricordate di me e conservate le tradizioni così come ve le ho trasmesse» (1Cor 11, 2). È evidente che questi testi di San Paolo non fanno riferimento a degli scritti (o non solamente ad essi), che poi confluiranno nel canone delle Scritture, ma ad insegnamenti che l’Apostolo ha trasmesso con la sua viva voce, con il suo esempio, con le sue decisioni. Lo stesso San Paolo annuncia il principio fondamentale che «la fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo» (Rm 10, 17). Emerge così la presenza di una traditio, che comprende sia l’atto del trasmettere come i contenuti da trasmettere, mediante la viva presenza degli Apostoli, all’interno della quale si formano anche gli scritti ispirati, come si evince da questo chiaro testo: «Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete apprese così dalla nostra parola come dalla nostra lettera» (2Ts 2, 15).

Non solo «parola e lettera» sono due modalità di trasmissione dell’unica Parola di Dio, ma è anche evidente che la «lettera» nasce all’interno di questa trasmissione e si diffonde insieme ad essa. Il minimo che se ne ricava è che questa Tradizione risulta essere il contesto interpretativo naturale, e perciò vincolante, della lettera. Al punto che è precisamente questa Tradizione che sa riconoscere i libri divinamente ispirati e definire, più tardi, il canone delle Scritture; così come è questa Tradizione che riconosce e rigurgita tradizioni umane che rivendicano una comprensione più profonda dei testi sacri, ma che in realtà li distorcono. Come nel caso eclatante della gnosi, che Sant’Ireneo affrontava facendo ricorso proprio all’istanza autoritativa della Tradizione: «Se ci fosse una qualche controversia su una questione importante, non si dovrebbe ricorrere alle chiese più antiche, nelle quali vissero gli apostoli, e prendere la dottrina esatta sulla questione presente? Anche se gli apostoli non ci avessero lasciato le Scritture, non si dovrebbe seguire l’ordine della Tradizione, che hanno trasmesso a coloro cui affidavano le Chiese?» (Contro le eresie, 3, 4. 1).

La Tradizione ha anche un contenuto proprio, che non è direttamente rintracciabile nelle Scritture. Di fronte a quanti rifiutavano la formula dossologica che, anziché terminare con “nello Spirito Santo”, concludeva con l’espressione “con lo Spirito Santo”, in quanto non presente nelle Scritture, San Basilio Magno rispondeva ricorrendo all’autorità della Tradizione, non senza spiegare come questa formula, pur non presente nella Bibbia, concordasse perfettamente con l’insegnamento delle Scritture; e non senza mettere in evidenza che è proprio degli eretici invocare «le prove della Scrittura, mentre rifiutano come inattendibile la testimonianza non scritta dei padri» (Lo Spirito Santo, 10, 25). A costoro Basilio ricordava essere «criterio apostolico attenersi anche alle tradizioni non scritte» e ribadiva il principio fondamentale: «Fra le dottrine e le proclamazioni custodite nella Chiesa, talune le deriviamo dall’insegnamento scritto, altre le abbiamo ricevute dalla tradizione apostolica, a noi trasmesse segretamente. Ma entrambe hanno lo stesso valore per la pietà […]. Se infatti noi tentassimo di scartare i costumi non scritti che non hanno grande incidenza, a nostra insaputa danneggeremmo il vangelo proprio nelle parti essenziali; anzi di più: ridurremmo la proclamazione a un nome vuoto […]. Non mi basterebbe una giornata intera se volessi esporre i misteri della Chiesa non scritti» (Ibi, 27, 66.67).

La Tradizione mostra dunque non solo una priorità rispetto alla Scrittura, ma anche una dinamicità che permette alle stesse Scritture di essere un testo vivo e vitale, in quanto bacino in cui si tuffa la Tradizione vivente e trasmesso dalla stessa.

Dal canto loro, le Scritture hanno la peculiarità di una forma fissa e dunque più facilmente riconoscibile, laddove per la Tradizione occorrerà sempre vagliare tra la Tradizione e le tradizioni umane, che non di rado divengono anche tradizioni falsificanti il senso autentico dei testi sacri. Non solo: è unicamente riguardo alle Sacre Scritture che possiamo parlare propriamente di ispirazione e della relativa inerranza, per cui possiamo affermare che essa è Parola di Dio. A ben vedere, questa caratteristica delle Scritture, lungi dal rinchiuderle in sé come un tutto completo e autosufficiente, le apre alla Tradizione, perché quel Dio che ha ispirato gli agiografi, perché «agendo egli stesso in essi e per loro mezzo, scrivessero come veri autori tutte e soltanto quelle cose che egli voleva» (Dei Verbum, 11), ha anche guidato la trasmissione della Rivelazione nella sua Chiesa tramite la Tradizione, che delle Scritture diventa l’adeguato e insostituibile contesto interpretativo e da cui, insieme alle Scritture, la Chiesa «attinge la certezza su tutte le cose rivelate» (Ibi, 9).



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