Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santi Innocenti a cura di Ermes Dovico
EDITORIALE

Il primato della persona secondo Francesco

Nella lunghissima intervista a la Civiltà Cattolica emerge un Papa dominato dall'ansia missionaria di raggiungere ogni uomo con l'annuncio della salvezza. Per i media laici ha parlato d'altro.

Editoriali 20_09_2013
Papa Francesco

Un consiglio: leggete tutta l’intervista a papa Francesco, pubblicata su La Civiltà Cattolica (e su altre 17 riviste dei gesuiti nel mondo) ma che potete trovare ripubblicata integralmente sul sito di Avvenire. E’ un discreto sforzo, visto che occupa ben 29 pagine de La Civiltà Cattolica, però ne vale la pena per conoscere davvero questo Papa. Nell’intervista parla praticamente di tutto: di sé, della Chiesa, dei gesuiti, del mondo, delle riforme necessarie. 

Ma parla soprattutto della persona, delle persone. E della missione che è portare a tutti, anzi a ciascuno, l’annuncio della salvezza. Dio è venuto per salvare ogni uomo, questa è la certezza fondamentale attorno a cui ruota tutto: «Io ho una certezza dogmatica: Dio è nella vita di ogni persona, Dio è nella vita di ciascuno. Anche se la vita di una persona è stata un disastro, se è distrutta dai vizi, dalla droga o da qualunque altra cosa, Dio è nella sua vita. Lo si può e lo si deve cercare in ogni vita umana. Anche se la vita di una persona è un terreno pieno di spine ed erbacce, c’è sempre uno spazio in cui il seme buono può crescere. Bisogna fidarsi di Dio». 

Ma l’uomo non si salva da solo: «L’immagine della Chiesa che mi piace è quella del santo popolo fedele di Dio. È la definizione che uso spesso, ed è poi quella della Lumen gentium al numero 12. L’appartenenza a un popolo ha un forte valore teologico: Dio nella storia della salvezza ha salvato un popolo. Non c’è identità piena senza appartenenza a un popolo. Nessuno si salva da solo, come individuo isolato, ma Dio ci attrae considerando la complessa trama di relazioni interpersonali che si realizzano nella comunità umana. Dio entra in questa dinamica popolare».

Questa ansia di portare Dio a ogni uomo, di accompagnare ogni uomo incontrandolo nella sua strada per portarlo a Cristo, è ciò che meglio definisce questo Papa, è la chiave di lettura per tutti gli argomenti che poi affronta. E accompagnare l’uomo è anzitutto curare le sue ferite: «La cosa di cui la Chiesa ha più bisogno oggi – ha detto - è la capacità di curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, la vicinanza, la prossimità. Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. È inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo e gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto. Curare le ferite, curare le ferite…».  Dal suo parlare aperto con padre Antonio Spadaro (direttore de La Civiltà Cattolica) che lo intervista, si comprende come quello di papa Francesco non sia tanto un parlare frutto di un’analisi sulla Chiesa e sul mondo moderno, quanto la sua esperienza che desidera trasmettere agli altri.

Egli stesso ha vissuto l’incontro con Cristo come una grande misericordia di Dio nei suoi confronti, ed è evidente da come all’inizio dell’intervista definisce se stesso: “Sono un peccatore al quale il Signore ha guardato». Siamo tutti peccatori, tutti abbiamo bisogno di essere salvati, è l’attesa più vera e più profonda di ogni uomo. E Dio viene per rispondere a questo nostro grido. Ma qui il Papa fa anche una precisazione importante, riguardo ai confessori: «Il confessore, ad esempio, corre sempre il pericolo di essere o troppo rigorista o troppo lasso. Nessuno dei due è misericordioso, perché nessuno dei due si fa veramente carico della persona. Il rigorista se ne lava le mani perché lo rimette al comandamento. Il lasso se ne lava le mani dicendo semplicemente “questo non è peccato” o cose simili. Le persone vanno accompagnate, le ferite vanno curate».

La certezza della salvezza che Dio ci dona è ciò che la Chiesa deve anzitutto annunciare, ed è anche la fonte della speranza: «A me non piace usare la parola “ottimismo”, perché dice un atteggiamento psicologico. Mi piace invece usare la parola “speranza” secondo ciò che si legge nel capitolo 11 della Lettera agli Ebrei (…). I Padri hanno continuato a camminare, attraversando grandi difficoltà. E la speranza non delude, come leggiamo nella Lettera ai Romani».

Il nostro compito è anzitutto «fare spazio a Dio», cercarLo in ogni cosa, in ogni incontro: quella del Papa è una visione movimentista, l’esperienza di un uomo posseduto da quella sana inquietudine di Dio che genera la pace nel cuore e un inesauribile muoversi nel mondo. Da qui nasce anche la scarsa simpatia del Papa per chi ha una visione statica, per «chi tende in maniera esagerata alla “sicurezza” dottrinale», per chi cristallizza la dottrina riducendo la fede a ideologia. «Una pastorale missionaria non è ossessionata dalla trasmissione disarticolata di una moltitudine di dottrine da imporre con insistenza. L’annuncio di tipo missionario si concentra sull’essenziale, sul necessario, che è anche ciò che appassiona e attira di più, ciò che fa ardere il cuore, come ai discepoli di Emmaus...».

E’ in questo contesto che allora si comprendono anche quelle frasi del Papa che da ieri sera tutti i giornali e i tg riportano nei loro titoli, ovvero l’accoglienza per i divorziati risposati, per gli omosessuali, per le donne che hanno abortito. Non intendeva pronunciarsi a favore del divorzio, dell’aborto e delle unioni gay, come qualcuno auspica e come i titoli possono lasciare intendere. Papa Francesco ha invece spiegato chiaramente che la morale è conseguenza dell’incontro con Cristo e non viceversa: solo facendo esperienza della misericordia di Dio si cambia vita, anche dal punto di vista morale. «Non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi. Questo non è possibile. Io non ho parlato molto di queste cose, e questo mi è stato rimproverato. Ma quando se ne parla, bisogna parlarne in un contesto. Il parere della Chiesa, del resto, lo si conosce, e io sono figlio della Chiesa, ma non è necessario parlarne in continuazione».

E su questo non c’è dubbio, di tutte queste discussioni sui “nuovi diritti” se ne farebbe volentieri a meno. Ma qui bisogna anche riconoscere che divorzio, aborto, contraccezione, matrimoni fra persone dello stesso sesso non sono tanto una fissazione della Chiesa, quanto un’ossessione che da decenni domina la cultura laicista dell’Occidente. Non è un caso che della lunghissima intervista al Papa quasi tutti i media abbiano ripreso con grande evidenza solo quel passaggio che rafforza l’immagine (falsa e interessata) di un Francesco intento a picconare la dottrina della Chiesa. Ed è per questo che all’inizio consigliavamo di leggere tutta l’intervista se vogliamo davvero capire il Papa.