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Turchia

Il patriarca Bartolomeo I a proposito della conversione in moschea di Santa Sofia

Il patriarca ecumenico di Costantinopoli è intervenuto di nuovo, deplorandola, sulla decisione della Turchia di trasformare Santa Sofia e San Salvatore in Chora in moschee

 

 

Il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I è intervenuto nuovamente in merito alla decisione del presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan di trasformare in moschea la basilica di Santa Sofia a Istanbul e il monastero di San Salvatore in Chora. Intervistato il 9 settembre dall’agenzia internazionale Sputnik, ha definito l’iniziativa del governo turco una offesa all’identità, alla storia e alla cultura del paese:

“Alcuni mesi fa – ha detto – Santa Sofia è stata convertita in moschea. Più tardi, San Salvatore in Chora, uno dei più bei monasteri, è stato trasformato in moschea. I dirigenti hanno preso queste decisioni in fretta, come se le moschee della città non fossero sufficienti, come se ci fosse bisogno di luoghi di culto per i credenti della religione maggioritaria di questo Paese.  Queste azioni offendono la nostra identità, la nostra storia e la nostra cultura. Noi siamo pazienti e preghiamo”. A fine giugno Bartolomeo I aveva espresso il suo disappunto in una intervista al Washington Post e il 31 giugno, celebrando la messa per la festa dei Santi apostoli, aveva commentato che la conversione in moschea di Santa Sofia avrebbe aggravato la divisione tra Cristiani e Musulmani: “la sacralità di Santa Sofia – aveva detto – costituisce il centro vitale dove si incontrano occidente e oriente, per cui la sua conversione in moschea sarà causa di rottura tra questi due mondi. Ė assurdo che Santa Sofia, punto d’incontro e ammirazione tra questi due mondi diventi causa di scontro tra loro, proprio nel 21mo secolo. Perché Santa Sofia non appartiene soltanto a chi la possiede, ma è di tutta l’umanità. E tocca al popolo turco la grande responsabilità e il grande onore, ha concluso Bartolomeo, di far emergere l’universalità di questo storico monumento. Perché Santa Sofia come museo costituisce punto d’incontro, di dialogo, di solidarietà e di comprensione tra questi due mondi”.