Il Papa si scaglia contro la cancel culture
Nell’incontro con gli ambasciatori presso la Santa Sede, Francesco ha denunciato la “colonizzazione ideologica” della “cancel culture, che invade tanti ambiti e istituzioni pubbliche”. Nel suo discorso, anche il richiamo a tutelare la libertà religiosa e la vita fin dal concepimento. E appelli su migranti e vaccini.
Non molto tempo fa il quotidiano di riferimento per i progressisti italiani ospitava un articolo in cui si sosteneva che la cancel culture è come la teoria del gender: non esiste. Chissà che delusione da quelle parti dopo che ieri, nel discorso di auguri ai membri del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, Papa Francesco non solo ha riconosciuto che la cancel culture - nell’accezione “all’italiana”, così definita polemicamente nell’articolo - esiste, ma l’ha anche condannata.
Peraltro, il Pontefice argentino, a cui il giornale in questione ha sempre riservato un trattamento ben diverso rispetto a quello mostrato nei confronti dei suoi predecessori, aveva già smentito anche l’altra parte dell’asserzione, parlando esplicitamente e in più occasioni di “teoria del gender” per darne un giudizio decisamente negativo. In ogni caso, nell’incontro di ieri con gli ambasciatori in Aula della Benedizione, il Papa ha tirato in ballo la cancel culture per rimproverare le organizzazioni internazionali e metterle di fronte alle cause originarie della loro perdita di credibilità. “Non di rado - ha affermato Francesco - il baricentro d’interesse si è spostato su tematiche per loro natura divisive e non strettamente attinenti allo scopo dell’organizzazione, con l’esito di agende sempre più dettate da un pensiero che rinnega i fondamenti naturali dell’umanità e le radici culturali che costituiscono l’identità di molti popoli”.
Secondo il Papa, questo atteggiamento rivelerebbe una “forma di colonizzazione ideologica, che non lascia spazio alla libertà di espressione e che oggi assume sempre più la forma di quella cancel culture, che invade tanti ambiti e istituzioni pubbliche” e che finisce “in nome della protezione delle diversità”, per “cancellare il senso di ogni identità, con il rischio di far tacere le posizioni che difendono un’idea rispettosa ed equilibrata delle varie sensibilità”. La cancel culture per Bergoglio fa sfociare in “un pensiero unico - pericoloso - costretto a rinnegare la storia, o peggio ancora a riscriverla in base a categorie contemporanee, mentre ogni situazione storica va interpretata secondo l’ermeneutica dell’epoca, non l’ermeneutica di oggi”. È evidente, quindi, che gli attribuisce quell’accezione “all’italiana” ridicolizzata dai progressisti per negarne l’esistenza e che, a loro dire, sarebbe stata creata dalla destra.
Nel suo discorso, inoltre, Francesco ha esortato la diplomazia a “richiamare specialmente il diritto alla vita, dal concepimento sino alla fine naturale, e il diritto alla libertà religiosa”. Rievocando la sua recente visita all’isola di Lesbo, il Papa ha toccato uno dei temi che gli sta più a cuore, quello dei migranti. Lo ha fatto, usando parole di buon senso, riconoscendo che “a nessuno può essere chiesto quanto è impossibilitato a fare, ma vi è una netta differenza fra accogliere, seppure limitatamente, e respingere totalmente”. Non ha mancato di tirare le orecchie indirettamente all’Unione Europea a cui ha chiesto di “dare vita a un sistema coerente e comprensivo di gestione delle politiche migratorie e di asilo, in modo che siano condivise le responsabilità nel ricevere i migranti, rivedere le domande di asilo, ridistribuire e integrare quanti possono essere accolti”.
Francesco ha riconosciuto che sulla gestione delle migrazioni si giocano spesso delle partite politiche, che vanno a discapito dei popoli che partono e di quelli chiamati ad accoglierli. L’indifferenza verso il problema, a suo parere, si manifesta nella “disumanizzazione stessa dei migranti concentrati in hotspot, dove finiscono per essere facile preda della criminalità e dei trafficanti di esseri umani, o per tentare disperati tentativi di fuga che a volte si concludono con la morte”. Un’amara osservazione che lo ha portato a rilevare come “i migranti stessi sono spesso trasformati in arma di ricatto politico, in una sorta di merce di contrattazione che priva le persone della dignità”.
Inevitabile, al secondo anno di pandemia, un riferimento ai vaccini contro il Covid-19. Il Papa non ha detto, come diverse testate hanno riportato ieri nei titoli, che vaccinarsi è un obbligo morale ma che “la cura della salute rappresenta un obbligo morale”. “I vaccini - ha detto Francesco - non sono strumenti magici di guarigione, ma rappresentano certamente, in aggiunta alle cure che vanno sviluppate, la soluzione più ragionevole per la prevenzione della malattia”. In merito alla gestione dell’emergenza, il Pontefice ha detto che “la carenza di fermezza decisionale e di chiarezza comunicativa” dimostrata dalla politica “genera confusione, crea sfiducia e mina la coesione sociale, alimentando nuove tensioni” e provoca un “relativismo sociale che ferisce l’armonia e l’unità”.
Bergoglio ha poi stigmatizzato i “forti contrasti ideologici” che ci sono oggi nel mondo sul tema, dicendo che “tante volte ci si lascia determinare dall’ideologia del momento, spesso costruita su notizie infondate o fatti scarsamente documentati”. E ha rinnovato agli ambasciatori il suo appello “affinché tutta la popolazione mondiale possa accedere in egual misura alle cure mediche essenziali e ai vaccini”.