Il Papa nel cuore del Caucaso, terra di conflitti
Oggi prende avvio il sedicesimo viaggio apostolico di Papa Francesco in Georgia e Azerbaijan, Paesi che si trovano nel territorio incandescente del Caucaso, cerniera e snodo geopolitico tra Est e Ovewst, tra Asia e Europa. Il viaggio è complementare a quello da lui compiuto lo scorso giugno in Armenia.
-LE CHIESE CHE ATTENDONO FRANCESCO di Silvia Scaranari
Se l’Armenia è filo-russa (Putin è stato l’unico statista di livello mondiale ad essere presente al centenario del genocidio armeno), la Georgia e l’Azerbaijan possono essere considerate filo-turche e più vicine agli Stati Uniti. Il conflitto del Nagorno-Karabah, una regione montuosa all’interno del territorio azero, ma di fatto enclave autonoma armena dal 1992, può essere considerato l’epicentro della complessa situazione caucasica.
Probabilmente il Papa non parlerà in modo diretto del recente riacutizzarsi del conflitto in Nagorno-Karabah, ma le parole chiave del viaggio – pace, riconciliazione e ecumenismo – si riferiscono esattamente alla situazione che comprende tutta la polveriera caucasica. Il territorio di Armenia, Georgia e Azerbajan, è interposto tra Russia, Turchia e Iran; tutti e tre gli Stati sono sorti in seguito al dissolvimento dell’Urss, ma con una loro peculiarità: l’Armenia è stato il primo Paese al mondo a fare della religione cristiana la religione di Stato, la Georgia ha circa un 80% di cristiani divisi in varie denominazioni, mentre l’Azerbaijan ha una popolazione per il 96% di musulmani, in maggioranza sciiti. Proprio il confine tra Federazione Russa e Azerbajan è particolarmente caldo in quanto corridoio di passaggio per infiltrati islamisti provenienti dalle zone calde dell’Iran verso il Caucaso.
Non a caso il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha ricordato in un’intervista al Centro Televisivo Vaticano, che «le terre di confine sono terre di particolare ricchezza e vivacità, ma allo stesso tempo soffrono di particolari tensioni, di lacerazioni. E allora la parola del Papa potrà essere davvero una parola che invita a fare quello che lui dice spesso: fare delle differenze non motivo di conflitto ma di arricchimento reciproco». Fuori dalle parole della diplomazia è chiaro che questo viaggio di papa Francesco ha una valenza geopolitica importante ed è complementare a quello dello scorso giugno in Armenia. Si tratta di terre contese nei secoli da bizantini, arabi, mongoli e russi, terre che oggi sono il cuore di quella che il Papa ha definito in più occasioni come la “Terza guerra mondiale a pezzi”. La sua presenza qui è già un considerevole atto politico, oltre che, ovviamente, religioso.
Il primo giorno il viaggio farà tappa in Georgia dove, nel pomeriggio, il Papa incontrerà Ilia II, Patriarca della Chiesa Ortodossa di Georgia. Qui i motivi di interesse sono diversi: questa Chiesa ortodossa non è molto tollerante verso le altre denominazioni cristiane, arrivando perfino a ribattezzare, soprattutto nel caso di matrimoni misti; i cattolici sono considerati “stranieri”, identificati spesso come emissari di un Occidente “libertino e libertario”. Inoltre, questa Chiesa ha disertato il Concilio Panortodosso celebrato a Creta nel 2016 e recentemente, nel documento su primato e sinodalità sottoscritto a Chieti, in una sessione della Commissione mista di dialogo teologico tra cattolici e ortodossi, sono stati proprio gli ortodossi di Georgia che hanno voluto manifestare, unici, il loro disaccordo su alcuni punti.
Viste le premesse non c’è da attendersi nessuna dichiarazione congiunta tra il Papa e Ilia II, come, invece, vi fu nel viaggio in Armenia con Karekin II, Catholicos di tutti gli Armeni, in cui, tra l’altro, si fece esplicito riferimento al «primo genocidio del XX secolo», quello che vide la strage di un milione e mezzo di cristiani armeni da parte degli ottomani. Di una certa importanza saranno poi i discorsi che il Papa pronuncerà davanti alle autorità civili, sia quelle di Georgia, che quelle dell’Azerbajan, discorsi che c’è da scommettere ruoteranno intorno ai temi della “riconciliazione” e delle “differenze” come occasioni per il reciproco arricchimento. In questi discorsi, forse, non mancherà un cenno alla situazione del Nagorno-Karabah, come già fu anche in Armenia, dove il Papa espresse «speranza per una soluzione pacifica delle questioni riguardanti il Nagorno- Karabakh».
Infine, altro elemento di rilievo del viaggio, sarà l’incontro con lo Sceicco dei Musulmani del Caucaso, insieme anche ai rappresentanti delle altre religioni. L’incontro avverrà domenica in un contesto, l’Azerbaijan, dove i cattolici sono poche centinaia, 300 appena nella città di Baku, poche decine nel resto del Paese, guidati da appena 7 sacerdoti salesiani, 3 loro coadiutori e 5 suore Missionario della Carità, quelle di Madre Teresa di Calcutta.