Il Papa: curate le "pecore" tradizionaliste ferite
L'episcopato francese si interroga sui giovani legati al rito antico e ora disorientati dalle restrizioni della Santa Sede. Tramite il card. Parolin il Papa raccomanda di averne cura. Ma la terapia sembra andare sempre nella stessa direzione.
È in corso fino all'8 novembre a Lourdes l'assemblea plenaria annuale dei vescovi francesi, in un clima tormentato dallo scandalo di mons. Michel Santier, dalla crisi delle vocazioni e dal dibattito sul "fine vita". Tra le varie note dolenti salta fuori anche il disorientamento dei fedeli legati alla liturgia tradizionale e inevitabilmente feriti dal motuproprio Traditionis Custodes che punta a sopprimere quel patrimonio liturgico e spirituale. Ne hanno parlato il presidente della conferenza episcopale, mons. Eric de Moulins-Beaufort, e il cardinale Pietro Parolin.
Tra i punti indicati nel suo discorso di apertura, mons. Beaufort, ha indicato anche quest'ultimo tema – che sarà discusso oggi – che chiama in causa «l'applicazione» del motuproprio e soprattutto «la sua comprensione». I vescovi si interrogano su quella parte «dei giovani cattolici che cercano fonti vive nella liturgia preconciliare e non percepiscono il notevole arricchimento portato dal Concilio, non un adattamento ma un arricchimento. Questa gioventù è diversa, merita la nostra attenzione, il nostro ascolto, ha anche bisogno che indichiamo le fonti migliori».
Tema ripreso anche dal cardinale Pietro Parolin, nel suo messaggio inviato a nome del Santo Padre, che scrive: «Papa Francesco vi invita anche a mostrare la massima cura e paternità nei confronti delle persone – soprattutto giovani, sacerdoti o laici – confuse dal motu proprio Traditionis Custodes alla cui attuazione lavorerete. Sono spesso pecore ferite che hanno bisogno di sostegno, ascolto, tempo».
In entrambi i casi vi è una consapevolezza che certe misure draconiane hanno inferto delle ferite. Si riconosce che c'è una cospicua presenza di giovani (che invece scarseggiano nelle liturgie "ordinarie"). Ma sia il presidente dei vescovi che la Santa Sede ripropongono la stessa medicina: rispettivamente, convincere a tutti i costi che il rito postconciliare «è un arricchimento» e «lavorare all'attuazione» del motuproprio. Sarebbe forse opportuno ribaltare la questione posta da mons. Beaufort: non si capisce perché, a fronte di giovani che tornano in chiesa attratti dal rito preconciliare, i vescovi continuino a insistere unicamente sui riti riformati e non colgano la notevole ricchezza della liturgia tradizionale...
SC