Il Papa cerca di mettere pace tra Russia e Georgia
Francesco ricevuto dal presidente dell'ex satellite sovietivo. Che non risparmia accuse a Putin e alla Russia. Il pontefice ha ribadito che il Caucaso è una cerniera tra Occidente e Oriente. Un luogo centrale per comprendere la terza guerra mondiale a pezzi
Il primo discorso di Papa Francesco in Georgia, prima tappa del suo sedicesimo viaggio apostolico, in corso fino a domenica, è stato rivolto alle autorità civili. Ad accoglierlo all’arrivo in aeroporto il presidente della Repubblica Georgi Margvelashvili e il patriarca di tutta la Georgia, primate della Chiesa apostolica ortodossa georgiana, Ilia II.
Nel primo discorso si sono già dispiegati i temi al centro di questo viaggio in terra caucasica: pace, riconciliazione e ecumenismo, nell’ambito di uno scenario complesso e incandescente. La Georgia di oggi è figlia della Rivoluzione delle Rose, la prima delle discusse “rivoluzioni colorate”, quella che nel 2003 scalzò dal potere Eduard Ševardnadze, già ministro degli Esteri di Michail Gorbacëv, e primissimo presidente della Georgia indipendente. La Rivoluzione delle Rose ha condotto il paese verso una posizione marcatamente filo-occidentale, prendendo chiaramente le distanze da Mosca. Tanto che nel 2008, a causa di problemi nel controllo della regione dell’Ossezia, i carrarmati russi arrivarono a pochi passi dalla capitale Tiblisi.
Il presidente Margvelashvili nel suo discorso davanti al Papa non si è lasciato sfuggire l’occasione di sottolineare la ferita ancora aperta nei confronti della Federazione Russa. La questione delle regioni caucasiche di Abkhazia e Ossezia del sud, di fatto, è ancora un problema irrisolto. «Il paese, ha scandito il presidente con parole piuttosto dure, è tuttora vittima di una aggressione militare da parte di un altro Stato: il 20% del nostro territorio è occupato e il 15% della popolazione è profugo. A questi uomini hanno soltanto tolto la casa, perché sono etnicamente georgiani! A soli 40 chilometri da qui c’è il filo spinato che proibisce alla popolazione pacifica, ai vicini e i parenti di avere rapporti gli uni con gli altri!».
Quindi ha sottolineato che i georgiani non cercano «lo scontro, cerchiamo solo la via che porterà il nostro Paese alla liberazione dall’occupazione straniera e alla pace!». La questione dell’Ossezia del sud però è piuttosto complessa, è noto che vi siano spinte di riunificazione alla Federazione Russa, accanto ad altre di indipendentismo; la Farnesina nel maggio scorso ha negato il riconoscimento dell’indipendenza della sovranità dell’Ossezia del Sud, mentre a Roma l’Ossezia si accingeva ad aprire un ufficio di rappresentanza. La posizione italiana, in linea con quella occidentale, si è motivata proprio nel sostegno all’integrità territoriale della Georgia.
Il Papa, ricordando le radici religiose e culturali di questa terra, ha fatto un esplicito riferimento all’inserimento del paese «nell’alveo della civiltà europea», ma ha sottolineato che «nel medesimo tempo, come evidenzia la sua posizione geografica, esso è quasi un ponte naturale tra l’Europa e l’Asia, una cerniera che facilita le comunicazioni e le relazioni tra i popoli». Questo ruolo di cerniera tra Occidente e Oriente, tra Nato e Russia, è di tutto il Caucaso: un luogo centrale per comprendere i motivi profondi di quella “Terza guerra mondiale a pezzi” più volte evocata dal pontefice.
Il Papa ha sottolineato alle autorità un concetto a lui molto caro: «Qualsiasi distinzione di carattere etnico, linguistico, politico o religioso, lungi dall’essere usata come pretesto per trasformare le divergenze in conflitti e i conflitti in interminabili tragedie, può e deve essere per tutti sorgente di arricchimento reciproco a vantaggio del bene comune. Ciò esige che ciascuno possa mettere pienamente a frutto le proprie specificità, avendo anzitutto la possibilità di vivere in pace nella sua terra o di farvi ritorno liberamente se, per qualche motivo, è stato costretto ad abbandonarla».
L’incontro con Ilia II, primate della Chiesa apostolica ortodossa georgiana, è stato il secondo momento importante della prima giornata del viaggio. In questo caso sul piatto ci sono soprattutto temi di carattere ecumenico. Il Papa aveva già sottolineato alle autorità civili che la Chiesa Cattolica si impegnava ad un «rinnovato e accresciuto dialogo con l’antica Chiesa Ortodossa Georgiana», concetto ribadito nell’incontro con il primate. Innanzitutto, Francesco ha ricordato il gesto storico compiuto proprio da Ilia II che è stato il primo patriarca georgiano a compiere una visita in Vaticano nel 1980, poi lo ha accolto con grande fraternità, sottolineando che «un mondo assetato di misericordia, di unità e di pace, ci chiede che quei vincoli tra noi ricevano nuovo slancio, rinnovato fervore, di cui il bacio della pace e il nostro abbraccio fraterno sono già un segno eloquente».
«La moltitudine di Santi che questo Paese annovera, ha ricordato Papa Francesco, ci incoraggi a mettere il Vangelo prima di tutto e ad evangelizzare come in passato, più che in passato, liberi dai lacci delle precomprensioni e aperti alla perenne novità di Dio».