Il Papa abbraccia i cercatori di Dio
- Si fa presto a dire elogio. Ma ad Assisi Benendetto XVI non ha affatto giustifcato.
- Ha distinto fra il laicismo e chi ancora il dono della fede non l'ha, ma con la propria ricerca sincera toglie «agli atei combattivi la loro falsa certezza di sapere che non c’è un Dio».
- «Fondamentalismo e laicismo alle radici della violenza», di M. Introvigne
- Il pellegrinaggio del Papa, di A. Tornielli.
- Assisi 1986, ecco perché, di M. Invernizzi.
- Assisi 2011, istruzioni per l'uso, di R. Burke.
Nel suo intervento ad Assisi Papa Benedetto XVI ha fatto un elogio dell’agnosticismo?
Il Papa ha apprezzato una classe di agnostici, quelli che sono alla ricerca di risposte su Dio, sull’immortalità dell’anima, sui destini ultimi dell’essere umano, quelli a cui «non è stato dato il dono del poter credere e che tuttavia cercano la verità, sono alla ricerca di Dio. Persone del genere non affermano semplicemente: "Non esiste alcun Dio". Esse soffrono a motivo della sua assenza e, cercando il vero e il buono, sono interiormente in cammino verso di Lui».
Questi agnostici svolgono un ruolo benefico sia nei confronti degli atei laicisti, sia di alcuni credenti tiepidi e/o tralignanti. Infatti, come ha detto il Papa, essi «Tolgono agli atei combattivi la loro falsa certezza, con la quale pretendono di sapere che non c’è un Dio, e li invitano a diventare, invece che polemici, persone in ricerca, che non perdono la speranza che la verità esista e che noi possiamo e dobbiamo vivere in funzione di essa». E sono (o dovrebbero essere) uno sprone anche nei confronti dei credenti tiepidi, perché questi ultimi dovrebbero sentire la responsabilità, e non di rado anche il senso di colpa, per la non credenza di tali agnostici: «Che essi non riescano a trovare Dio dipende anche dai credenti con la loro immagine ridotta o anche travisata di Dio. Così la loro lotta interiore e il loro interrogarsi è anche un richiamo a noi credenti, a tutti i credenti a purificare la propria fede, affinché Dio - il vero Dio - diventi accessibile».
Ma c’è un’altra forma di agnosticismo, quella di chi dice: "la fede è un dono, io questo dono non l’ho ricevuto, dunque non posso farci niente".
Ora, da un lato è vero che la fede è un dono, è una virtù teologale (che ha cioè Dio per oggetto) infusa. L’uomo non la può produrre da se stesso, non la può nemmeno esigere, ed è frutto di un beneficio divino, favorito spesso da alcune preziose relazioni fondamentali (anch’esse dono divino) delle nostre esistenze, quelle con padri, madri, amici, maestri, ecc. credenti.
D’altro canto, non bisogna nemmeno essere passivi e aspettare che la fede piova dal Cielo, né pensare di essere scaraventati mentre si cavalca sulla via di Damasco (come avvenne a Paolo di Tarso), o mentre si è indifferenti e in tutt’altre faccende affaccendati. Beninteso, anche in questi casi Dio può irrompere nel cuore dell’uomo (senza mai peraltro violentare la libertà umana), ma ciò avviene raramente, perché Dio non vuole comportarsi come un ospite indesiderato.
È vero che la fede è un dono, nondimeno l’uomo dovrebbe cercarla come fa la figura di agnostico descritta dal Papa, dovrebbe sforzarsi di propiziarla, di favorirla, come fa chi prepara un terreno, arandolo, irrigandolo, ecc. affinché poi possa avvenire la seminagione.
Fuori di metafora, che cosa significa?
Vuol dire anzitutto invocare Dio anche se non si è sicuri che esista.
Inoltre significa impegnarsi a conoscere (attraverso letture, incontrando persone, meditando in silenzio, ecc.) chi sarebbe Dio qualora esistesse, un po’ come fa chi cerca un tesoro senza esser certo che sia davvero sepolto in fondo ad un abisso o nelle viscere di una montagna. E non ci si può accontentare delle conoscenze rudimentali, e inoltre molto sbiadite nella memoria, dell’eventuale catechismo ascoltato alle elementari.
Significa altresì interrogarsi (per chi ha gli strumenti per farlo) sulla validità/invalidità di quelle prove filosofiche dell’esistenza di Dio che la tradizione filosofico-metafisica ha elaborato (da Socrate, Platone e Aristotele in poi), prove che non riguardano direttamente l’esistenza del Dio cristiano, però quella di un Dio che è decisamente propedeutico alla fede nel Dio cristiano (per qualche considerazione al riguardo cfr. qui http://www.labussolaquotidiana.it/ita/articoli-dio-ha-posto-nelluomoil-desiderio-di-verit-1733.htm.
Vuol dire inoltre vivere non già etsi Deus non daretur, bensì come se Dio esistesse.
Significa provare a vedere se è vero ciò che dice quel vangelo, che potrebbe essere parola di Dio, che afferma: «chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarò aperto».
Con questa disposizione interiore, con questo atteggiamento, diventa realmente possibile che la mozione dello Spirito promuova l’atto di fede.
Perché mai l’agnostico dovrebbe coltivare questo atteggiamento? Perché la questione su Dio, sulla sua esistenza/inesistenza è la più importante dell’intera vita, perché se Dio esiste, e se ha il volto del Dio cristiano, da lui dipendono il senso della vita, la possibilità di conseguire il fine ultimo del nostro stare al mondo al posto del più drammatico, tragico, totale, assoluto fallimento. Del nostro fallimento eterno, al posto della gioia senza fine.