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FRATELLI MUSULMANI

Il mito della Francia che perseguita i musulmani

Sui numerosi organi di informazione legati ai Fratelli Musulmani, a partire da Al Jazeera, è iniziata una martellante campagna di denuncia di una presunta persecuzione dei musulmani in Francia. Ma è un mito da sfatare. Le misure di sicurezza adottate da Macron e dal ministro degli Interni Darmanin contro il "separatismo islamista" sono misure mirate a combattere il solo radicalismo islamico, dopo gli ultimi attentati

Editoriali 06_12_2020
Manifestazione anti-francese a Istanbul

Molto rumore per nulla. Il famoso titolo della commedia teatrale di Shakespeare si addice perfettamente alla tragedia greca messa in scena oggi dai Fratelli Musulmani, in reazione alla presunta crociata di Emmanuel Macron contro il cosiddetto “separatismo islamista”. Vittimismo senza ritegno e accuse sistematiche d’islamofobia, sono le armi per colpire il presidente francese insieme al ministro dell’interno, Gerald Darmanin, utilizzate dalle truppe dei numerosi accademici, giornalisti, attivisti e influencer che si professano di religione islamica e fomentano con le loro intemerate i musulmani in Francia e nel resto del mondo, come se ci fosse davvero una persecuzione in corso. 

Facebook, Twitter e, in generale, la gran cassa di internet vengono impiegati senza sosta per creare artificialmente e diffondere la percezione secondo la quale i cattivoni francesi starebbero attuando politiche repressive nei confronti dell’islam. La punta dell’iceberg di questa propaganda è rappresentata dalle televisioni (Al Jazeera, TRT World) e dai giornali (ancora Al Jazeera, TRT World, insieme a The New Arab, Middle East Eye, Daily Sabah, per citare i principali) di proprietà dei soliti grandi sponsor dei Fratelli Musulmani: la Turchia di Erdogan e il Qatar dei ricchi emiri Al Thani. Il risultato è che nella “umma”, insieme all’odio anti-francese, si sta diffondendo per esteso un crescente odio verso tutti gli occidentali, come fatto rilevare recentemente dall’arcivescovo di Mosul, Najib Mikhael Moussa, il quale, senza giri di parole né timore, ha indicato nella Fratellanza la fonte principale del radicalismo in Europa.

Poco importa se i fatti smentiscono inequivocabilmente la disinformazione islamista. Darmanin non è certo risultato impeccabile nella pesante vicenda dei filmati che denunciano le violenze inconsulte commesse dalla polizia. Ma in materia di “separatismo”, i provvedimenti sin qui presi, insieme a quelli annunciati, equivalgono al classico topolino, che le strumentalizzazioni dei Fratelli Musulmani stanno trasformando nel più gigantesco degli elefanti. Dove sta la persecuzione, se su 2.600 moschee presenti in Francia sono solo 76 quelle che verranno sottoposte a delle indagini ed eventualmente chiuse perché “vi sono imam che predicano contro i nostri valori”? Dove sta la persecuzione nell’espellere 66 immigrati senza documenti e “radicalizzati”, quando i potenziali terroristi a piede libero, seguiti alla meno peggio dall’intelligence, sono più di 8 mila (dati forniti dallo stesso Darmanin)?

La situazione avrebbe richiesto in realtà misure di ben altra portata, indipendentemente dalle recenti decapitazioni di Parigi e Nizza, legate alle vignette di Charlie Hebdo ma successive al discorso nel quale Macron ha denunciato la questione del “separatismo”, riferendosi alle enclave fondamentaliste create dai Fratelli Musulmani in territorio francese. Eppure, ecco gridare alla violazione della costituzione e degli ideali di libertà, fraternità e uguaglianza tipici della rivoluzione francese. Oppure, tirare nuovamente fuori dal cassetto la questione del velo nei luoghi pubblici e delle discriminazioni contro i musulmani nei luoghi di lavoro. La “laicità” alla francese ha bisogno certamente di aggiustamenti, così come la condizione delle seconde e terze generazioni richiede interventi significativi sul piano sociale ed economico a favore di una piena integrazione.

Ma l’obiettivo dei Fratelli Musulmani è la ricerca dello scontro, non del confronto, e a tal fine ogni scusa è buona, compresa l’imminente istituzione di un “Consiglio Nazionale degli Imam” che dovrebbe occuparsi della formazione e della certificazione dei leader religiosi. Che c’è che non va? Turchia e Qatar non potrebbero più infiltrare imam islamisti per promuovere l’obiettivo conclamato della “conquista della Francia”? Darmanin ha parlato di “nemico interno” e a ragione, poiché questo nemico esiste e porta il nome dei Fratelli Musulmani. Al contempo, ha precisato che il “nemico interno” è una minaccia per la stragrande maggioranza dei fedeli di religione islamica, “che rispettano le leggi della Repubblica e sono danneggiati [dal separatismo]”. Un modo per rassicurarli sulle intenzioni del governo affinché non cadano nella trappola della propaganda islamista, in quello che si preannuncia come un conflitto lungo e difficoltoso, ma di vitale importanza per il futuro della Francia e del resto d’Europa.