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DELRIO

Il ministro che si credeva Mosè

Dopo Renzi, anche Delrio si paragona a Mosè. Non perché ambisce a diventare la guida del popolo italiano, ma perché ritiene che sia il personaggio più "umile" della Bibbia. Detto questo, elenca i successi del governo, impartisce lezioni ai vescovi, tranquillizza la platea sulla famiglia, ma sulle unioni civili "una legge va fatta".

Politica 28_08_2015
Graziano Delrio

Ci è ricascato. E stavolta sembra l’abbia fatto apposta. Graziano Delrio, detto Mosè. Prima era stato Matteo Renzi che si era attribuito il ruolo della guida dell’Esodo lasciando al suo allora Sottosegretario il ruolo più “secondario” di Ietro. Praticamente colui che gli risolve i problemi. Ma si vede che la conduzione del potente Ministero delle Infrastrutture deve aver dato all’ex sindaco di Reggio anche l’investitura di potersi fregiare del nomignolo con il quale, nell’intimità, premier e suo braccio destro, si chiamano affettuosamente.

Anche Delrio dunque si sente un Mosè. Ma non perchè ambisce a diventare la guida del popolo fuori dalle secche dell’oppressione finanziaria in cui è cacciata l’Italia. Ma per l’umiltà. «Il mio personaggio è Mosè, a lui mi ispiro - aveva detto al pubblico ciellino che lo guardava come un marziano -. E’ il personaggio più umile della Bibbia». Poi però, il copione voleva che Delrio elencasse tutti i meriti del Governo e del suo ministero, e giù con una sfilza di successi che neanche il Catalogo del don Giovanni. Strano. Noi sapevamo che il personaggio più umile della Bibbia fosse Giobbe, il quale era per la verità paziente, ma si sa che quando sei paziente, sopporti con umiltà anche meglio. 

L’umile per antonomasia è Francesco, ma il suo nome è attualmente occupato. A volerci spingere in fondo sulla correttezza esegetica e dottrinale il personaggio umile per eccellenza è la mater humilis che si affretta a servire Elisabetta, la Virgo prudentisisma, ma si vede che le litanie al giovane Graziano Delrio sono state trasmesse dal suo maestro Dossetti come pratica antica. E lui, che è cattolico adulto (l’ha detto davvero a Repubblica qualche giorno fa, sulla scia del suo padre spirituale Romano Prodi) non deve averne fatto molto uso.

Così avrebbe potuto utilizzare San Giuseppe. Ecco l’umiltà fatta persona. E invece no. «Mosè». Pronunciato con le labbra candide e distrattamente, mentre guardava ammiccante il pubblico e con il fare di chi potrebbe starsene anche da un’altra parte dato che in fondo la politica è una brutta cosa. Solo se la fanno gli altri. D’altra parte come dargli torto. La politica, in assenza di un punto di riferimento con il mondo cattolico, deve pur dettare la linea. Così sembra proprio che, archiviati tutti gli sherpa e i partiti tradizionalmente pappa e ciccia con le gerarchie, tocchi proprio a Delrio ritagliarsi il ruolo di guida dei cattolici con le alte gerarchie vaticane. 

Una prova? Delrio si è misurato mettendo in guardia monsignor Nunzio Galantino. Nientemeno. Solo che lo ha fatto conservando un tono pretesco che «però monsignore ha diritto di parlare». E ci mancherebbe. Però? Però - dice Delrio - non può generalizzare sull’immoralità della politica. Noi ad esempio non lo siamo». Appunto. Vecchio vizio cattocomunista: il sentirsi unto del Signore. Solo lui. E gli altri di volta in volta approfittatori, reprobi e opportunisti. Dunque Galantino ha ragione se sbertuccia gli altri che fanno politica in nome di un interesse. Ha torto su di noi, perchè noi siamo gli unti, noi facciamo politica per servire, per servizio, per nobili ideali. Mica perchè dobbiamo lavorare che un lavoro noi ce l’avremmo, ma si sa, la chiamata è la chiamata e quando arriva ci sentiamo come Pietro: «Diventerai pescatore di voti». 

Poi Mosè l’unto, Mosè il predestinato ha fissato i paletti. Le leggi contro la famiglia? Non sia mai! «Non snatureremo il concetto di matrimonio e di famiglia», dice lui alle agenzie. Figuriamoci. Eppure a ben vedere come stanno procedendo i vari Ddl Scalfarotto, Cirinnà, Fedeli e compagnia cantante, sembra proprio che quod non fecerunt barbari in 3000 anni di civiltà, facient rottamatori. Ma monsignore stia tranquillo. D’altra parte è un puro gioco linguistico. Anche la legge sull’aborto è stata chiamata "legge a tutela della maternità". Basterà chiamarla "legge a tutela del matrimonio". Che ci vuole? «Penso che una legge vada fatta». Quale? Per chi? Come? Niente. Con la disinvoltura che gli è propria tipica di chi non entra mai nel merito delle cose, ma procede a zig zag con rassicurazioni e previsioni, Delrio si sta ritagliando una autorevolezza cattolica nella speranza di essere accreditato presso le alte sfere. 

Solo che non utilizza il Sinai come tribuna, ma Repubblica e certe uscite sembrano studiate davvero bene. Si vede che Mosè non ha bisogno di fare un tagliando di coscienza ad un governo che rischia di fare quello che esecutivi più smaccatamente a trazione post comunista non hanno fatto: darci il matrimonio gay, la dottrina gender a scuola, il carcere per noi omofobi e chissà quali altre corbellerie. 

Per essere un umile lavoratore nella vigna di Renzi non c’è male. Faccia una cosa Signor ministro, lasci stare Mosè e mediti su questa della Bibbia, la prossima volta: Proverbi 16:18-19: «la superbia precede la rovina, e lo spirito altero precede la caduta». Ché non si sa mai.