Il metodo Cirinnà anche per l'eutanasia
Un fortissimo ostruzionismo di alcuni deputati, alcuni di governo, e il parere negativo di 4 luminari della medicina. Eppure il ddl sulla Dichiarazioni anticipate di trattamento ha un palese aspetto eutanasico. E Governo e Parlamento stanno già blindando il dibattito come accaduto per la legge sulle Unioni Civili.
La legge sul testamento biologico approderà in aula alla Camera il prossimo 20 febbraio. Intanto in commissione Affari sociali di Montecitorio, da circa tre settimane il testo sta facendo i conti con un fortissimo ostruzionismo portato avanti da una nutrita schiera di parlamentari. La compagine che si oppone a questo ddl definito “eutanasico” vede anche diversi esponenti della maggioranza di governo. Il gruppo giovedì ha fatto il punto della situazione in una conferenza presso la Sala Stampa della Camera, partecipata da Gian Luigi Gigli (Des-Cd), Eugenia Roccella (Idea), Alessandro Pagano (Lega), Paola Binetti (Udc), Benedetto Fucci (Cor), Raffaele Calabro' (Ap), Antonio Palmieri (Fi) e Domenico Menorello (CI).
Molto più significativa è stata poi la presenza dei presidi delle quattro facoltà di Medicina delle Università romane: Sebastiano Filetti (Università La Sapienza); Pierluigi Granone (Università Cattolica del Sacro Cuore); Giorgio Minotti (Campus Biomedico); Antonio Pisani (Università Tor Vergata). I quali hanno aiutato a mettere in evidenzia tutte le pericolose ripercussioni che questa legge avrebbe sul libero esercizio della professione medica.
La Nuova BQ ha raccolto le obiezioni avanzate dall’on. Rocella che siede in commissione Affari sociali: “La legge è mal scritta, è tutta improntata sull’autodeterminazione dell’individuo e il medico diventa un mero esecutore delle volontà del paziente” .
Sostanzialmente, spiega la deputata di Idea, il testo è diviso in due parti, la prima dedicata al consenso informato che si esprimie quando sei vigile, ovvero quando nessuno, anche ora, può obbligarti a seguire una terapia; la seconda è invece tratta la questione delle diposizioni testamentarie, la cosiddetta Dichiarazione anticipata di trattamento (Dat). In entrambi i passaggi è prevista la possibilità di rifiutare l’idratazione e l’alimentazione. Il medico viene sollevato da ogni responsabilità e al momento si prevede di predisporre un semplice modulo per esprime queste disposizioni. Insomma nessun colloquio con un medico curante che può valutare lo stato emotivo del paziente e consigliarlo nella sua libera scelta. L’alleanza terapeutica tra personale sanitario e cittadini viene completamente calpestata.
Sembra come se il faro del diritto all’autodeterminazione non debba essere messo in discussione; fatto sta che è stato bocciato un emendamento presentato dal presidente della commissione Mario Marazziti, con il quale si chiedeva di accertare la stabilità emotiva del paziente che rifiuta alimentazione e idratazione attraverso un colloquio con uno psichiatra. A priori si afferma dunque che una persona che vuole rinunciare alle cure non abbia diritto ad un supporto psicologico. E questo è un punto cruciale della legge, sottolinea l’on. Roccella, poiché la volontà di morire di un cittadino non può cadere nell’indifferenza generale dello Stato. Alcuni emendamenti presentati da Idea chiedevano infatti che venisse inserita all’inizio della legge una posizione di principio sul ‘favor vitae’, sul quale si basa tutto il sistema sanitario nazionale e che è riconosciuto persino nella legge sull’aborto. “D’altra parte – spiega la Roccella - le autorità pubbliche corrono in soccorso anche di chi si sta buttando da un ponte”.
Crea invece confusione l’emendamento di Sinistra Italiana che sostiene che ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere ha il diritto di accettare o rifiutare accertamenti diagnostici o trattamenti sanitari, "in tutto o in parte". In questo caso il medico si troverebbe a trattare sulle modalità con cui somministrare la terapia. Un rifiuto parziale di una cura non è infatti sempre applicabile nelle fattispecie dei malattie che vengono trattate.
Più in generale, i parlamentari denunciano un testo che mette i medici alla mercé di qualunque desiderio del paziente. Non si tratta infatti di sostenere un accanimento terapeutico ma di promuovere una valutazione che può cambiare a seconda delle circostanze e non essere fissata una volta per tutte anni prima del sorgere di una patologia. In poche parole si contesta il principio dell’“ora per allora”.
Sulla stessa linea i presidi delle facoltà di medicina intervenuti. Sebastiano Filetti de La Sapienza ha detto, senza mezzi termini, che questa legge consentirà di “prenotare in anticipo un trattamento eutanasico” e ha aperto una riflessione sul ruolo formativo delle università e circa la deontologia dei medici che potrebbe essere scardinata da una legge del genere.
Netto anche il giudizio di Pisani (Università Tor Vergata), secondo il quale non è possibile pensare che il paziente selezioni solo un parte di terapia escludendo tutto il resto perché questo trasforma il medico in una sorta di commerciante.
Ad ogni modo l’iter della legge è ancora lungo. Quella alla Camera è solo la prima lettura ma la commissione ha tagliato i tremila emendamenti dell’opposizione portandoli a 280. In aula Il Pd conta sull’appoggio dei Cinque stelle che però non vogliono modifiche al testo iniziale. Si sta ripetendo quanto già visto per le unioni civili, con la differenza che Renzi stavolta cerca appositamente un scontro con i centristi di Area popolare. Un’incidente parlamentare con il suo alleato per andare alle tanto sospirate elezioni ed evitare un altro anno di logoramento al governo del Paese.