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AFRICA

Il Malawi si candida a disastro umanitario

Per una ripicca personale, il presidente rompe le relazioni con il Regno Unito, i cui aiuti costituiscono il 40% del bilancio del paese.

Attualità 12_08_2011
malawi bingu

Una ventina di morti: tante sono state le vittime in Malawi della repressione delle manifestazioni antigovernative organizzate a luglio nella capitale Lilongwe, a Blantyre e in altre città.
La deriva autoritaria del governo e le crescenti, ormai insostenibili difficoltà economiche patite dalla maggior parte della popolazione sono all’origine dello scontento popolare, sfociato il 20 luglio in un “Red day” di protesta: così chiamato perché i promotori dell’iniziativa avevano invitato i partecipanti a indossare per l’occasione una maglia rossa. Le forze dell’ordine hanno reagito duramente e per due giorni i maggiori centri urbani sono stati teatro di scontri violenti tra dimostranti e polizia accompagnati da saccheggi e devastazioni.

Il Malawi risente, come gli altri stati africani, degli effetti negativi della crisi internazionale aggravati, dall’inizio del 2011, dalla “primavera araba” e dalla guerra della Nato contro il colonnello Gheddafi. Molti emigranti africani hanno perso il lavoro e sono rientrati in patria: questo ha ridotto l’ammontare delle rimesse dall’estero, sempre utili e, per certi paesi, essenziali. Anche i contributi internazionali allo sviluppo sono diminuiti o stentano ad arrivare. Infine si è contratta la richiesta di materie prime e di alcuni raccolti tropicali. Per il Malawi, in particolare, risulta disastroso il crollo delle esportazioni di tabacco i cui profitti nell’ultimo anno sono calati addirittura del 70%.

Come se non bastasse, il presidente Bingu wa Mutharika ha scelto proprio questo momento così critico per rompere i rapporti con la Gran Bretagna. Ad aprile l’Alto Commissario britannico Fergus Cochrane Dyet aveva definito il capo di stato malawino “un dittatore” in un dispaccio diplomatico indirizzato a Londra. Del testo era venuto in possesso un quotidiano del Malawi che ne aveva pubblicato il contenuto. Ne è nata una crisi diplomatica. Lilongwe ha infatti deciso di considerare il diplomatico persona non grata e il 22 aprile il governo malawino gli ha dato tre giorni di tempo per lasciare il paese.

La reazione della Gran Bretagna non si è fatta attendere. Nelle settimane successive ha sospeso gli aiuti finanziari che costituiscono il 40% del bilancio del paese. Ne è derivato un immediato e forte aumento dei prezzi di molti prodotti, inclusi i generi di prima necessità e di largo consumo. Anche la benzina scarseggia e ormai si acquista al mercato nero al prezzo di due dollari al litro: questo in un paese in cui il Prodotto Interno Lordo pro capite supera di poco gli 800 dollari all’anno.
Inoltre, in considerazione della violenza con cui le forze dell’ordine hanno represso le manifestazioni popolari di luglio, anche gli Stati Uniti hanno deciso di rivedere i loro rapporti con il Malawi e per prima cosa hanno interrotto gli aiuti finanziari al paese, bloccando 350 milioni di dollari già stanziati.

Due giorni dopo l’annuncio di Washington di aver sospeso i fondi destinati al Malawi, l’Iran ha deciso di mettere a disposizione del governo di Lilongwe 50 milioni di dollari da impiegare per lo sviluppo dell’industria mineraria. Ma non sarà questo contributo a risolvere la situazione che minaccia anzi di degenerare ulteriormente, soprattutto se, come tutta risposta alla crisi economica e sociale, il governo si limiterà, come ha fatto finora, ad aumentare le imposte e a rafforzare il proprio apparato di controllo.

Benché offeso per essere stato definito “dittatore”, Bingu wa Mutharika avrebbe fatto meglio a ingoiare il rospo, nell’interesse del proprio paese. Ma soprattutto: lui, e come lui altri leader africani, davvero credono e pretendono che i simulacri di democrazia di cui si ammantano vengano accettati come reali istituzioni democratiche? Del governo malawino fanno parte anche la moglie e un fratello di Mutharika che inoltre all’inizio del 2011 ha assunto ad interim la guida del Ministero della Difesa. A febbraio il suo governo ha varato nuove leggi sull’editoria che in pratica imbavagliano i mezzi di comunicazione. Sempre a febbraio sono stati arrestati dei docenti universitari per aver tenuto delle lezioni “sovversive” sulle “rivoluzioni arabe” ed è stata in seguito disposta la chiusura di due importanti atenei: l’Università di Zomba e il Politecnico di Blantyre. Per finire, Mutharika concluderà il suo secondo mandato nel 2013. Poiché la costituzione limita a due i mandati presidenziali che una persona può svolgere, si sta muovendo per riuscire a imporre la candidatura del fratello Peter.

Se questa è democrazia...