Il Jihad e quella quinta colonna anti-occidentale
Un fronte interno antioccidentale da decenni alimenta sentimenti di odio. Ad ogni attentati ci dicono, in un modo o nell'altro, che ce lo siamo meritato. Che gli jihadisti rappresentano la disperazione dei poveri del mondo. I jihadisti ne approfittano, fanno leva sul risentimento nei confronti dell’Occidente cristiano per reclutare militanti.
I jihadisti lottano per conquistare all’Islam il mondo, accanendosi su cristiani ed ebrei, secondo quanto è scritto nel Corano e secondo quanto il Profeta ha insegnato, dando l’esempio. Lo farebbero anche se riconoscessero all’Occidente cristiano, cosa che in effetti molti di essi fanno, di aver realizzato grandi conquiste materiali, civili, tecnologiche – più di qualunque altra civiltà – e di averle offerte, condivise e introdotte fin nei più remoti angoli della Terra. Quel che conta è che i cristiani sono degli infedeli, che l’Occidente è dar al harb, casa della guerra, perché popolato e dominato da infedeli.
Non tutti lo capiscono. Già dopo l’11 settembre, moltissimi commenti avevano inteso spiegare gli attentati alle Torri Gemelle e al Pentagono, benché rivendicati da al Qaida, come reazione a secoli di ingiustizie inflitte al resto del mondo dall’Occidente. In Italia, negli ambienti dell’associazionismo, in particolare della cooperazione allo sviluppo laica e missionaria, prevaleva questa interpretazione. Pax Christi parlò allora della “collera dei poveri” per quel che era stato loro rubato; i missionari Saveriani della “rabbia accumulata e profonda contro l’arroganza, il disprezzo e il trionfalismo con cui noi Occidentali ci siamo comportati nei confronti del Sud del mondo”; l’editrice missionaria EMI di “terrorismo economico che affama il Sud del mondo”, il Cipsi della “violenza strutturale dei morti per la fame e le malattie, per il debito, per l’economia fatta a uso e consumo dei ricchi”; il Tavolo Intercampagne e Rete Liliput di “un mondo che viene rapinato e in cui il divario tra i più poveri e i più ricchi aumenta di anno in anno”.
Non avevano capito niente e continuano a non capire, se a ogni attentato ripetono gli stessi argomenti, accecati dalla propaganda antioccidentale, dalle ideologie create per demoralizzare e abbattere la civiltà cristiana occidentale. I jihadisti non combattono in difesa dei poveri, contro l’ingiustizia.
Però la propaganda antioccidentale raggiunge milioni di persone, le convince di essere vittime, o carnefici, dell’ “Impero” che si nutre di sfruttamento ed esclusione. L’Occidente – questa sarebbe l’origine di tutti i mali – è asservito al Dio denaro, saccheggia e impoverisce gli altri popoli, li induce e persino li costringe a fare altrettanto. Le guerre – dice la propaganda – le fanno scoppiare i fabbricanti occidentali di armi. Se gli Hutu in Rwanda nel 2014 hanno sterminato i Tutsi, uccidendo quasi un milione di persone in 100 giorni, è stato per colpa dell’esercito francese e, prima ancora, del Belgio, di cui il Rwanda era stato colonia. Se nella Repubblica Democratica del Congo in dieci anni sono morte per la guerra più di quattro milioni di persone e le stragi continuano è perché l’Occidente vuole il coltan e le altre preziose materie prime del paese. L’Occidente sostiene e mette al potere i leader africani corrotti e spietati e fa uccidere quelli bene intenzionati. Dappertutto dove insorgono crisi, si scoprono e denunciano responsabilità storiche da parte di potenze imperialiste occidentali che a un certo momento avrebbero alterato secolari equilibri politici e sociali: e, se le crisi non si risolvono, la colpa è dell’Occidente che non interviene oppure che si intromette troppo e male.
Le teorie che accusano l’Occidente vengono inventate ed elaborate al suo interno, da una possente “quinta colonna”, per poi diffondersi e radicarsi nelle “periferie” del mondo.
Benché molti di coloro che le condividono probabilmente non se ne rendano conto, esprimono delirio di onnipotenza e un razzismo mascherato da battaglia di verità e giustizia. È delirio di onnipotenza perché né ora né mai è esistito un Occidente arbitro del mondo. Da tempo Cina, India, Arabia Saudita e altri stati sono grandi potenze finanziarie, militari e politiche; ci sono delle imprese multinazionali più potenti di molti governi; sciiti e sunniti da secoli trascinano e travolgono popoli e civiltà nella loro guerra millenaria, iniziata poco dopo la morte del profeta Maometto…
È razzismo perché considerare dei popoli incapaci di decidere da sé e per sé, nel bene e nel male, inerti e manipolabili al punto da prestarsi a stragi e genocidi, impotenti tanto da dipendere da decisioni prese altrove e da subire senza sceglierlo il futuro che altri dispongono per loro vuol dire ritenerli non solo inetti, ma anche privi di giudizio, valori, morale.
Un fronte interno antioccidentale da decenni alimenta sentimenti di odio. I jihadisti ne approfittano, fanno leva sul risentimento nei confronti dell’Occidente cristiano per reclutare militanti: magari non tutti altrettanto determinati, sì disposti a combattere, ma non a morire suicidi, attratti in parte dalla paga, dalla prospettiva di razziare i beni delle vittime, più che dalla ricompensa che in paradiso attende i musulmani morti combattendo per il jihad.