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Il «caso Milano», ipoteca su un grande polo moderato

  • L'opera politica di Berlusconi - la creazione di un'unica grande aggregazione politica per l'area moderata - rischia di infrangersi a Milano, laddove era partita.
  • Nel capoluogo lombardo rischia di prendere il potere una sinistra radicale che, alle battaglie veterocomuniste unisce la nuova ideologia di genere.

Attualità 19_05_2011
moratti pisapia

Da Milano era partito 27 anni fa, a Milano rischia di vedere il capolinea. Parliamo del grande disegno politico di Silvio Berlusconi, ovvero unire l’elettorato che nel 1994, dopo la caduta del Muro di Berlino e la fine della Prima Repubblica sotto l’attacco giudiziario di Tangentopoli, temeva l’avvento al potere della “gioiosa macchina da guerra” di Achille Occhetto, segretario del Pci-Pds. Dissolti la Democrazia Cristiana (Dc) e il Partito Socialista (Psi) dal ciclone Tangentopoli, in quell’anno l’Italia rischiò veramente di “diventare comunista” dopo il comunismo, cioè di finire dentro un sistema di potere invadente, anche se ormai privo dell’ideologia.

Utilizzando i quadri di una sua azienda, la Fininvest, Berlusconi diede vita a un movimento politico, Forza Italia, che espressamente non definì un partito, perché intuì che il 1989 e Tangentopoli avevano posto fine all’epoca dei partiti ideologici di massa, quella stagione cominciata dopo la Prima guerra mondiale e che segnerà tutto il Novecento. Egli comprese che serviva uno strumento diverso, capace di attrarre i consensi dei moderati italiani non più “ingabbiati” da diversi partiti, così come era avvenuto durante la Prima Repubblica “bloccata” del periodo della Guerra fredda. Forza Italia nacque in pochi mesi attorno a club costituiti nel Paese in poche settimane, e si alleò in occasione del 1994 con la Lega al Nord e con il Msi.Dn al Sud, oltre che con il Centro Cristiano Democratico di Pierferdinando Casini, che si staccò da destra dalla Dc.

Questa alleanza venne subito premiatanelle elezioni del 1994 dall’elettorato moderato (meglio e più identitario sarebbe chiamarlo conservatore, quando finalmente questa parola, che esprime un’identità culturale e politica più significativa, verrà sdoganata). Su Forza Italia convergeva una buona parte dell’elettorato che aveva fino ad allora votato per la Dc:molti erano i cattolici che volevano conservare le radici cristiane del Paese, legati idealmente alla battaglia di civiltà del 18 aprile 1948 contro il fronte popolare social comunista. E anche una parte significativa dell’elettorato legato all’esperienza politica di Bettino Craxi, un socialista riformista e anomalo, che staccò il suo partito dalla sudditanza politica e culturale nei confronti del Pci. Su Forza Italia convergeva anche quel che restava dell’elettorato dei partiti laici minori, orfani di qualsiasi punto di riferimento. Il sistema di alleanze fece poi sì che a questo si unisse l’elettorato missino (il Msi fu escluso dall’”arco costituzionale” dopo il 1960) e leghista, quando la Lega era ancora un giovane partito che lottavaper il federalismo, che oggi si sta per realizzare.

Era un elettorato differenziato e proveniente da esperienze politiche diverse, in parte anche contrastanti su elementi importanti, ma aveva in comune il rifiuto della rivoluzione come meta e come metodo e soprattutto una profonda avversità contro l’ideologia comunista che si era contrapposta al mondo occidentale e cristiano dopo la Seconda guerra mondiale. Era un elettorato sempre esistito nella storia italiana, uscendo allo scoperto soprattutto quando il Paese aveva corso un vero e proprio rischio rivoluzionario, come in occasione delle elezioni del 18 aprile 1948 oppure contro l’estremismo di sinistrasuccessivo al Sessantotto, quando proprio a Milano, nel 1970, sfilò per le strade una grande e insospettabile folla di persone senza simboli di partito, la cosiddetta maggioranza silenziosa. Questo elettorato vale probabilmente ancora oggi più della metà degli italiani che vanno a votare ed ha avuto in Milano, nella Lombardia e nel Veneto, il suo centro propulsore, soprattutto negli ultimi vent’anni.

Berlusconi ha poi perseguito il suo disegno sia mantenendo la riforma elettorale in senso maggioritario sia favorendo e incentivando la trasformazione politica del vecchio Msi che, rinominato Alleanza Nazionale, è diventato in effetti un partito di destra moderno. Il progetto è poi arrivato al suo culmine con la realizzazione del Partito della Libertà in cui sono confluiti Forza Italia e Alleanza Nazionale. Una “casa unica dei moderati” che è durata poco, ed è cronaca recente: perso per strada già da tempo Casini, che si è lanciato in una “terza via”, anche l’alleanza con Gianfranco Fini si è incrinata facendo perdere pezzi al Pdl.

Oggi, anche per lo strascico polemico del voto per il Comune di Milano, questa importante costruzione culturale e politica rischia di entrare in crisi, ed è per questo che il voto a Milano diventa così importante. I motivi della crisi sono tanti e diversi, e non è questa la sede per un’analisi approfondita, ma certamente una sconfitta del centro-destra anche nel ballottaggio costituirebbe una pesante ipoteca sul futuro di un grande polo moderato, in sintonia culturale e politica con la maggioranza degli elettori italiani.

Peraltro la sconfitta consegnerebbe Milano a un centrosinistra molto più “sinistra” che “centro”, dove a essere eletto sindaco non sarebbe il candidato scelto dal Pd ma quello indicato dalla sinistra radicale di Nicki Vendola. Del resto la storia politica di Giuliano Pisapia non lascia adito a equivoci: proviene da un certo comunismo degli Anni Settanta (“lo Stato borghese si abbatte e non si cambia”), confluito in Rifondazione comunista dopo la fine del Pci,nelle cui fila Pisapia viene eletto deputato come indipendente nel 1996. Oggi l’avvocato milanese, all’ideologia veterocomunista ha affiancato il “politicamente corretto” di moda, come l’ideologia di genere, la nuova frontiera del relativismo aggressivo e militante che sostituisce il comunismo come orizzonte culturale. Il suo programma per le elezioni comunali è pieno di questa ideologia, e la parola genere ricorre ovunque nelle 33 pagine che lo costituiscono, pagine ricche di inquietanti sorprese,come la lotta contro gli “stereotipi di genere, mostrando la normalità di padri che si occupano di figli, donne autiste di notte”, oppure le “famiglie plurali”, con il riconoscimento della “pluralità delle forme di comunione di vita”, garantite dall’istituzione del famigerato “registro delle unioni civili” con il quale si vuole mettere sullo stesso piano, dal punto di vista del diritto pubblico, il matrimoniocon le coppie di fatto sia etero che omosessuali.

Chi crede che il compito di un’amministrazione non sia quello di “pontificare” sul genere e di preparare la dissoluzione dell’ultima differenza, quella fra l’uomo e la donna, faccia lo sforzo di andarsi a leggere il programma di Pisapia. Scoprirà un concentrato di luoghi comuni in materia, ma non si preoccupi: il candidato ha previsto un “pronto soccorso per animali operante 24 ore su 24”. E così anche loro potranno vivere felici e contenti nella “Città-Mondo”, la Milano finalmente diventata “capitale della conoscenza”.