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POLITICA

Il carro di Renzi perde un passeggero: Mattarella

Il carro di Matteo Renzi continua a perdere passeggeri. Dopo gli scissionisti e alcuni suoi ex fedelissimi che gli hanno preferito il ministro Orlando, ora anche il presidente Sergio Matterella. La lite è sulla legge elettorale. Che per il presidente sta diventando un mezzo per frenare Renzi e la sua voglia di rivincita.

Politica 28_04_2017
Matteo Renzi

Il carro di Matteo Renzi continua a perdere passeggeri. Dopo gli scissionisti e alcuni suoi ex fedelissimi che nella corsa alle primarie gli hanno preferito il ministro Andrea Orlando, ora anche il presidente della Repubblica Sergio Matterella sembra essersi stufato dell’”enfant prodige” di Rignano sull’Arno. 

La querelle arriva su un terreno scivoloso: la legge elettorale. Dopo aver chiesto da mesi di individuare un sistema di voto omogeneo per Camera e Senato, dopo aver incassato le promesse di impegno da parte di tutte le forze politiche e aver atteso invano, senza riuscire a vedere nemmeno un testo approdare in Aula, Mattarella ha rotto la quiete. Ha convocato a pranzo al Quirinale Laura Boldrini e Pietro Grasso, rispettivamente Presidenti di Camera e Senato, e li ha “utilizzati” per inviare un messaggio forte e chiaro ai partiti, richiamandoli all’urgenza della questione "per il funzionamento del nostro sistema istituzionale". Il suo inaspettato intervento ha già sortito il primo effetto: il provvedimento è stato calendarizzato il 29 maggio. Tempo necessario, a quanto pare, per completare l’esame in commissione. Anche se rimane il rischio concreto che la data della discussione continui a slittare. 

Quel che è certo, però, è che per Mattarella la legge elettorale non rappresenta soltanto un dovere irrinunciabile, ma soprattutto uno strumento per ridimensionare Renzi e smontare i suoi disegni di rivincita. L’ex presidente del Consiglio, che aveva annunciato il suo ritiro dalla politica in caso di sconfitta al referendum del 4 dicembre scorso e che invece è ancora in prima linea sia nel partito che sul fronte governativo, pur non essendo né parlamentare né primo ministro né altro, ora scalpita per tornare alle urne prima che gli italiani gli voltino definitivamente le spalle. Vorrebbe elezioni possibilmente prima della prossima manovra, che si annuncia di lacrime e sangue, ma l’inquilino del Quirinale frena e lo invita alla responsabilità. 

E a prendere le distanze da Renzi non c’è solo Mattarella ma anche Angelino Alfano, che prima del rimpasto di governo sembrava un suo fedele ministro e che invece oggi cerca di smarcarsi e di tenersi le mani libere. In un’intervista al Corriere, l’ex delfino di Silvio Berlusconi non gli ha risparmiato frecciate velenose: "Renzi di nuovo segretario del Pd? Forse avrà ancora più forza se vincerà le primarie e tornerà ad essere lo stakeholder principale di questo governo, però in Francia i vincitori delle primarie non hanno vinto alle elezioni e quindi la guida del Pd per Renzi non è garanzia della guida del Paese. Se Renzi e il Pd vogliono farsi una cortesia – ha aggiunto il ministro degli Esteri - dovrebbero adottare un sistema di coalizione, ma non ci riguarda, non è a favore nostro". 

La legge elettorale continua, insomma, a essere il pretesto per sgambetti e regolamenti di conti interni. Con una quasi certezza: il Pd non  sta facendo nulla per arrivare concretamente a una riforma. Perché la situazione ai dem potrebbe andare bene così, con un sistema proporzionale che permetta alleanze con chiunque, al limite anche con Berlusconi e gli azzurri. E’ stato lo stesso Renzi, nel soporifero confronto televisivo dell’altra sera con i due sfidanti alle primarie (Orlando e Emiliano), ad escludere accordi post-voto con scissionisti e “traditori”, ma non con avversari come Forza Italia, tanto che si parla già di “Nazareno bis”.

Se dalle parti del Partito Democratico assicurano che la riforma del sistema di voto è in cima ai loro pensieri, dalle opposizioni –Movimento 5 Stelle in testa– accusano che invece è proprio il congresso dei democratici, in dirittura d’arrivo con l’elezione del nuovo segretario domenica prossima, ad aver provocato lo stallo dei lavori della commissione che se ne sta occupando. 

"Questa grave paralisi istituzionale è imputabile solo ed esclusivamente a Renzi e al suo Pd", hanno sentenziato i parlamentari pentastellati della commissione Affari Costituzionali.  I quali, dal canto loro, premono con una proposta, il Legalicum, che –dicono- "può essere approvata nel giro di qualche giorno di lavoro".

Di sicuro, per certi aspetti questo sembra un film già visto. Dal 2013 – dal momento della sua seconda elezione – fino a tutto il 2014, un altro Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si era lanciato in accorati appelli affinché la legge elettorale venisse cambiata. "Fate presto", tuonava dal Colle Napolitano in ogni possibile occasione utile, convocando i vertici del governo dell’epoca. Appelli che all’epoca caddero nel vuoto. Anche le parole di Mattarella resteranno solo uno sbiadito e infruttuoso tentativo di moral suasion? Lo capiremo presto. Intanto, però, l’avvertimento a Renzi è arrivato perentorio: non usi la probabile vittoria alle primarie di domenica per accelerare la corsa alle urne. Al momento non esistono le condizioni per sciogliere le Camere e per andare al voto anticipato.