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CONVEGNO

Il cardinal Siri e il mistero di Roma

Una conferenza ricorda l'opera del prelato genovese che già negli anni della formazione aveva maturato il ruolo profetico della capitale.

Attualità 12_04_2011
Cardinal Siri

Si apre oggi a Roma un convegno di quattro giorni dedicato al cardinale Giuseppe Siri (1906-1989), intitolato «Chiesa, cultura, politica, da Genova al mondo». L’evento è promosso dall’associazione «Cardinal Siri» di Genova presso l’Istituto Sturzo di Roma. Pubblichiamo qui sotto uno stralcio della relazione dell’arcivescovo Antonio Filipazzi, nuovo nunzio apostolico in Indonesia, dedicata agli anni della formazione romana del cardinal Siri presso la Pontificia Università Gregoriana e il Pontificio Seminario Lombardo dei SS. Ambrogio e Carlo. Nel suo intervento monsignor Filipazzi richiama le parole con cui il cardinal Siri maturò in quegli anni la sua visione di Roma e del suo ruolo storico in rapporto alla civiltà e al cristianesimo:

«Roma porta con sé un grande mistero. La architettura della storia rivela elementi di unicità. Roma è stata la madre del diritto e ne resta maestra a tutti i tempi. Questo è bene non dimenticarlo mai. Fu essa, una città, a conquistare il mondo, non una nazione, il che rivela una somma di intelligenza, di saggezza, di intuizioni, che è difficile riscontrare altrove. Non conquistò solo militarmente, ma civilmente perché, immettendo ovunque il senso del diritto romano, rispettò il buono e il giusto nelle caratteristiche di tutti i popoli arrivando ad una compagine tra popoli diversi quale probabilmente non si riesce a trovare nella storia di tanti altri effimeri imperi…

Quando Roma fu all’apice di se stessa, al tempo della pace universale augustea, al sommo della sua letteratura ed arte nonché delle istituzioni; quando tutto il mondo civile aveva per lingua ufficiale la sua lingua, che ne rispecchia la dignità e la forza, in quel momento sotto la dominazione romana, adempiendosi la profezia circa il luogo della nascita per un decreto imperiale romano, allora «il Verbo si fece carne» (Gv. 1, 14). Roma non ebbe la Teocrazia e i profeti, ebbe solo delle sibille, ma chi può dire che tutto questo sia opera del caso? Il «caso» è solo una parola, la realtà si chiama divina provvidenza.

Chi può negare che questa storia sia privilegiata dalla provvidenza divina e che le sue vicende abbiano conosciuto una mano singolare per quanto meno visibile della storia sacra? È errato dire che in questo mistero c’è una indicazione verso la Sancta Romana Ecclesia? La Storia è in grado di giudicare e di designare».