Il burqa è diventato una minaccia per il Califfato
Chi di burqa ferisce di burqa perisce. Donne che coprono armi ed esplosivi col loro velo integrale, o uomini-bomba travestiti da donne, sono diventati una minaccia letale anche a Mosul e nelle altre città controllate dall'Isis. E così persino il Califfato ha posto dei limiti: niente donne in burqa nei comandi militari e di polizia.
Chi di burqa ferisce di burqa perisce, o quasi. Dopo aver imposto l'uso del velo integrale per le donne in tutte le terre controllate dal Califfato, i miliziani dello Stato Islamico sono stati costretti a fare dietrofront fino a vietarlo per ragioni di sicurezza in alcune aree di Mosul e forse anche di Raqqah e altri centri sotto il loro controllo in Iraq e Siria.
Non si tratta di un ripensamento dei valori ideologici e religiosi dell’Isis ma della semplice constatazione che burqa e veli integrali permettono a chiunque di nascondere la propria identità, l’aspetto o di celare armi ed esplosivi per effettuare attacchi e attentati. A Mosul, roccaforte dell'Isis in Iraq, un preciso ordine degli uomini di al-Baghdadi proibisce alle donne coperte di entrare nei comandi militari e di polizia dopo che diversi comandanti dell’Isis sono stati uccisi da donne o da uomini travestiti da donne che fanno capo ai movimenti arabi e curdi oltre che agli Stati che combattono il Califfato.
La notizia, riferita da una fonte locale della provincia di Ninive e ripresa dall’iraniana Press TV, evidenzia le difficoltà dell’Isis non solo sui campi di battaglia ma anche in quella guerra in atto nelle retrovie e fatta di spie e colpi di mano che vede impegnati dietro le linee del Califfato agenti di diverse nazioni (iraniani, iracheni, siriani, occidentali, arabi) alcuni dei quali sono stati catturati e uccisi in esecuzioni sommarie dall’Isis. Una guerra fattasi più intensa negli ultimi tempi, specie nei dintorni di Mosul, città in mano all’Isis da oltre due anni ma intorno alla quale si sta stringendo il cerchio delle forze irachene (militari, poliziotti, curdi e milizie scite) appoggiate dalla coalizione a guida statunitense. In vista dell’offensiva, attesa per l’autunno, per liberare la città si stanno infatti infittendo le incursioni tese a colpire i vertici dell’Isis e a indebolire le capacità difensive degli uomini del Califfo.
L'imposizione del velo integrale resta comunque in vigore in tutti gli altri luoghi a Mosul come in tutti i territori occupati dal Califfato. A farlo rispettare rigidamente provvedono gli agenti della “polizia morale”, tra i quali molte donne, come confermano anche i roghi di burqa registratisi nei territori liberati dalle offensive curde e delle truppe di Baghdad. Il travestimento non è certo un’arma nuova per spie, terroristi e miliziani e la storia è ricca di esempi in tal senso. Negli anni scorsi al-Qaeda fece del travestimento un’arma formidabile: terroristi suicidi travestiti da cameramen uccisero il capo della resistenza contro i talebani Ahmad Saha Massoud due giorni prima dell’11 settembre 2001. Il travestimento con gli abiti femminili imposti dalla più rigida interpretazione dell’Islam ha favorito i talebani e i terroristi di al-Qaeda in Afghanistan e Iraq: innumerevoli gli attentati dinamitardi compiuti presso check-point o basi militari ma anche nelle piazze affollate dai mercati da terroristi maschi vestiti con burqa sotto i quali venivano nascoste cinture esplosive e in alcuni casi anche da donne pronte al martirio.
Molte donne sono state impiegate anche solo per trasportare sotto i vestiti armi, munizioni ed esplosivi puntando sul fatto che ben difficilmente qualcuno avrebbe osato fermarle e perquisirle. Non a caso uno dei più rilevanti compiti del personale femminile dei contingenti degli eserciti occidentali schierati in Iraq e Afghanistan è stato rappresentato proprio dalla perquisizione delle donne locali ai check-point e negli accessi a basi militari e luoghi istituzionali. Testimonianze hanno riferito anche che gli abiti imposti alle donne dai jihadisti sono stati utilizzati da molti miliziani dello Stato Islamico per sottrarsi all’accerchiamento al termine delle battaglie di Tikrit, Ramadi e Fallujah, città irachene riconquistate dalle forze di Baghdad.
Insomma, mentre in Europa il “dibattito di Ferragosto” sui burkini si è incartato su temi che vanno dai diritti umani alla moda, in Iraq burqa, hijab e veli integrali rappresentano un problema di sicurezza anche per l’Isis.