Il buonismo che uccide e la lezione svizzera
Riflessioni sul caso Lodi. In Svizzera, dove ci sono più abitanti che armi dovrebbe esserci un massacro al giorno. Il risultato è la pace, interna ed esterna. E’ il buonismo ideologico il problema che favorisce i potenziali delinquenti e penalizza gli onesti.
Ero studente universitario a Pisa quando si verificò un episodio grottesco. Quelli della mia cricca avevano conosciuto un giovane imprenditore rampante che voleva festeggiare il suo compleanno nella sua villa in Svizzera con un scherzo singolare per i suoi ospiti: un finto rapimento. Alcuni miei amici accettarono di andare in auto fin là e, con mitra-giocattolo e passamontagna, fare il blitz.
Che riuscì bene, alla fine venne rivelato tutto e finì a champagne. Scherzo goliardico, anche se, va detto, idiota. In effetti, in Italia correvano gli Anni di Piombo e ciò doveva, nelle intenzioni, rendere più credibile lo scherzo (ripeto, di cattivo gusto). Il fatto è che, nel tornare, l’auto dei finti rapitori ebbe un incidente. Venne la polizia (svizzera) che, con rigorosa efficienza, vista la targa italiana, volle perquisire la macchina. Aperto il portabagagli e trovate le armi e i cappucci, i quattro imbecilli furono arrestati all’americana (gambe divaricate, manette ai polsi dietro la schiena) e portati in cella.
Ci stettero una settimana prima che un giovane commissario pisano, nostro amico, confermasse la loro versione. La lezione se la ricordano ancora. Sì, perché la Svizzera è un posto serio. Leggo, in un articolo di Marco Giglio (sulla rivista «Tfp» di questo mese), che in Svizzera circolano dodici milioni di armi da fuoco su appena nove milioni di abitanti. Tutti gli svizzeri prestano il servizio militare (tre settimane all’anno) e si portano a casa l’equipaggiamento, armi comprese. Le armi le tengono anche a ferma finita, per sempre. Lo stesso fanno i poliziotti.
Stando a quel che si sente dire dell’America, dove i morti ammazzati di quando in quando fanno notizia, in Svizzera dovrebbe esserci un massacro al giorno. In realtà negli Usa gli incidenti vanno raffrontati alla popolazione (è un continente) e la politica della «tolleranza zero» ha reso New York un posto sicuro. Dunque, il problema non sono le armi, ma la magistratura. In Svizzera «pochi ladri hanno il coraggio di entrare in casa di una persona sicuramente armata e anche addestrata». Il caso recente di Lodi insegna. Questa filosofia l’ha espressa, da noi, lo showman Francesco Facchinetti, quando ha dichiarato che un ladro da casa sua non uscirebbe vivo. Scandalo e vesti stracciate dei residenti ai Parioli. Ma il Facchinetti ha solo espresso a voce un vecchio adagio che recita: meglio un cattivo processo che un buon funerale.
La Svizzera è al quinto posto mondiale nella classifica della sicurezza secondo il World Peace Index. E, finora, in Svizzera di terrorismo non si è neanche parlato. Incidenti con le armi? Rari. Per forza: l’addestramento continuo fa il suo lavoro. Il risultato è la pace, interna ed esterna. Nemmeno Hitler osò forzare il sistema difensivo svizzero, che lo stesso Führer definì «mostruoso e pauroso». Gli svizzeri si addestrano all’uso delle armi fin da ragazzi, e continuano a farlo quasi vita natural durante. Al solito, il problema non sta nelle armi ma in chi le usa. Cioè, nella testa. E nella filosofia corrente.
E’ il buonismo ideologico il problema. Esso favorisce i potenziali delinquenti e penalizza gli onesti creando una situazione «all’italiana» il cui costo sociale è sotto gli occhi di tutti. L’eccellenza svizzera sarà forse dovuta al fatto che là i comunisti e i preti sono pochi? E che le quote di immigrati sono decise con referendum dal popolo?