I respingimenti ora sono la politica ufficiale dell'Ue
La politica italiana dei respingimenti era stata condannata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nel 2012 e la sentenza ha condizionato la nostra politica dell'accoglienza negli ultimi quattro anni. Ora, col rimpatrio di più di 200 profughi in Turchia, l'Ue dimostra di fare dei respingimenti la sua politica ufficiale.
In Grecia è avvenuto ieri il primo respingimento di immigrati verso la Turchia. E’ dunque entrato in fase operativa il programma concordato a Bruxelles “uno dentro, uno fuori”: per ogni immigrato irregolare respinto, l’Ue prende un rifugiato siriano registrato nei campi profughi turchi. Per ora, la prima operazione si è svolta tranquillamente, senza particolari proteste e sotto il controllo della mezzaluna rossa turca, oltre che delle autorità greche. Ma rivela quanto sia fragile questo piano e quanto sia controverso.
Gli immigrati rimandati in Turchia partono dalle isole di Lesbo e Chio, sono 202 persone di cui solo due arrivano dalla Siria. Gli altri sono 130 pakistani, 42 afgani e minoranze provenienti da Iran, Sri Lanka e Marocco. Dunque non si tratta di rifugiati in fuga dal conflitto siriano, ma soprattutto immigrati economici clandestini. Le autorità greche dichiarano che nessuno dei rimpatriati ha chiesto asilo politico. La scena è apparentemente idilliaca. Poche le proteste da parte di movimenti locali, con gli striscioni contro la “deportazione”. Due traghetti hanno riportato a casa gli emigranti, come fossero normali passeggeri. Sono stati tutti accolti nel porto di Dikili da funzionari turchi e personale della mezzaluna rossa. Contemporaneamente, i primi 22 rifugiati siriani venivano portati in aereo dalla Turchia alla Germania, come previsto dagli accordi di Bruxelles. Di questi voli ne seguiranno altri, fino a raggiungere un pareggio.
Ma quanti? Il primo scambio concordato dimostra che il flusso non si è affatto fermato. Proprio mentre il gruppo dei 202 clandestini arrivava a Dikili, la guardia costiera greca salvava dalle carrette del mare altri cinquanta emigranti, fra cui molti bambini e una donna in sedia a rotelle. Anche loro si uniranno alla lista di attesa di coloro che dovranno essere respinti. Lo scambio non risolverà neppure la tragedia degli emigranti bloccati alla frontiera con la Macedonia. Essendo entrati in Grecia clandestinamente prima dell’entrata in vigore degli accordi di Bruxelles, non sono inclusi nel programma di scambio. E da qualche parte dovranno essere sistemati.
I respingimenti pongono diversi interrogativi anche da un punto di vista legale. Amnesty International si era subito opposta agli accordi, perché la Turchia potrebbe non essere un partner affidabile. Alla nota Ong per i diritti umani risulta infatti che migliaia di rifugiati siriani siano stati espulsi dalla Turchia e rimandati in territorio di guerra. Lo ha ribadito anche in questi giorni. Il portavoce di Amnesty Italia, intervistato da Radio Vaticana, fornisce anche dettagli preoccupanti: “Accadde qualcosa di profondamente illegale quando l’inchiostro con cui era stato siglato l’accordo tra Unione Europea e Turchia, era ancora fresco, già nelle ore successive venivano respinte decine di afghani verso un teatro di guerra. Ma ciò che è peggio è che una nostra delegazione di ricerca ha documentato come, da metà gennaio, una media di cento siriani al giorno sia stata respinta in uno scenario – quello della guerra siriana - che è di pericolo estremo. Tra queste persone ci sono anche dei bambini, una donna incinta all’ottavo mese, nuclei famigliari spezzati e non c’è segnale che tutto questo possa purtroppo cessare”. Evidentemente, però, i governi europei hanno deciso di procedere comunque con i respingimenti verso la Turchia, al punto da voler chiudere un occhio sull’aspetto dei diritti umani, tanto era urgente la questione.
Soprattutto, l’accordo mette in discussione la linea politica finora seguita dall’Ue e dall’Italia. Sono passati solo quattro anni e due mesi da quando Roma venne condannata dalla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo per la sua politica di respingimenti. "Questa sentenza peserà sulle decisioni future", dichiarava allora il premier Mario Monti. La Corte non è un organo dell'Ue, la sua sentenza era però obbligatoria per l'Italia (in quanto Stato firmatario) e la sua applicazione era vigilata dal Consiglio Europeo. Ora l’Ue fa dei respingimenti la sua politica ufficiale. I tre governi italiani che si sono succeduti in questi quattro anni, obbedendo alla sentenza europea, hanno seguito una linea di accoglienza, organizzando missioni come Mare Nostrum (che si sono rivelate persino controproducenti, visto che il traffico di esseri umani è aumentato). Avrebbero potuto agire diversamente?
Chi si opponeva ai respingimenti allora, vi si oppone anche oggi. Laura Boldrini per prima, che ieri, in veste di presidente della Camera (all’epoca dei respingimenti italiani era ancora portavoce dell’Unhcr), dichiarava: “L'accordo tra Bruxelles e Ankara sull'immigrazione è una soluzione che difficilmente funzionerà e ha già creato una macchia sulla reputazione della Ue come continente dei diritti umani (…) Mai e poi mai avrei pensato che si sarebbe arrivati fino a questo punto”. Ma tant’è: ci si è arrivati comunque. Su pressione della Grecia e delle nazioni balcaniche e con il consenso dell'unanimità dei governi europei (incluso quello italiano) si è accettata la politica dei respingimenti. Perché il peso dell’immigrazione rischiava di far saltare le frontiere comuni, l’essenza stessa dell’Unione Europea. D'ora in avanti, dunque, che decisioni prenderà l'Italia? La prova arriverà presto, perché, una volta chiusi i Balcani, la rotta si sposterà al Mediterraneo centrale, attraverso l’Italia. Le stime parlano di quasi mezzo milione di persone pronte a sbarcare.