I grillini vogliono Draghi e fingono di consultare gli iscritti
Il voto sulla piattaforma Rousseau segna per i grillini l'ultima residua credibilità che hanno faticosamente mantenuto presso il loro elettorato e che uscirebbe inevitabilmente compromessa in caso di appoggio a quello che da molti viene considerato il governo dei poteri forti.
In queste ore stiamo assistendo all’ennesima sceneggiata in salsa grillina. Il Movimento è passato nel giro di pochi giorni dal “Mai con Draghi” (Vito Crimi) al “E’ un dovere ascoltare Draghi” (Luigi Di Maio), dal “Draghi è uno di noi, è un grillino” (Beppe Grillo) alla scelta di affidarsi alla piattaforma Rousseau per sedare le rivolte interne. E così la presunta diversità grillina appare sempre più sbiadita, date le continue prove di incoerenza offerte dai politici pentastellati.
Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere. Il Paese da settimane non ha un governo nel pieno dei suoi poteri, entro aprile bisognerà presentare all’Europa un piano dettagliato per la destinazione d’uso dei 209 miliardi del Recovery Fund e il partito che è maggioranza relativa in Parlamento, avendo preso il 32,8% dei voti alle elezioni del marzo 2018, rischia la scissione.
Dopo uno slittamento dovuto alla paura di un esito imprevisto, la votazione sulla piattaforma Rousseau per chiamare gli iscritti ad esprimersi sulla possibilità che i parlamentari pentastellati appoggino il nascente governo Draghi è iniziata stamattina e si concluderà alle 18. L’esito positivo appare comunque probabile, sia perché i vertici del Movimento hanno fatto sapere che Draghi istituirà il ministero della transizione ecologica, che è una loro battaglia, sia perché, tutte le volte in cui è stata consultata la base del Movimento attraverso questo oscuro e misterioso strumento tecnologico, il responso è stato sempre e solo di approvazione dell’operato del gruppo dirigente.
Questa volta, però, la situazione è diversa. C’è in gioco la residua credibilità che i grillini hanno faticosamente mantenuto presso il loro elettorato e che uscirebbe inevitabilmente compromessa in caso di appoggio a quello che da molti viene considerato il governo dei poteri forti.
Tre sere fa, al v-day contro Draghi organizzato su Zoom dall’ala contraria alla fiducia al governo, sono stati circa 700 i partecipanti, tra militanti ed eletti M5S. Tra loro c’erano anche molti parlamentari, come Barbara Lezzi e Elio Lannutti, tra i più agguerriti nemici dell’ex Presidente della Banca centrale europea. E poi a remare contro l’intesa, che porterebbe i grillini a stare dalla stessa parte della barricata con gli odiati Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, c’è soprattutto il dissidente per definizione, Alessandro Di Battista.
La beffa è che proprio la piattaforma Rousseau, nata nel 2016 come strumento di democrazia diretta ed elemento di novità del grillismo rispetto alle forze politiche tradizionali, potrebbe decretare la spaccatura definitiva tra le diverse anime del Movimento e formalizzare la separazione tra chi ha in mano il server, i dati e i meccanismi della piattaforma, vale a dire il figlio del co-fondatore Davide Casaleggio, freddo sull’ipotesi di governo Draghi, e Grillo, Di Maio e Crimi, orientati ad appoggiarlo.
Lo scontro tra governisti anti-Rousseau e movimentisti pro-democrazia diretta tiene di fatto in ostaggio il Paese e condiziona non poco il tentativo di Draghi di dar vita a un esecutivo chiamato a gestire la crisi socio-economica più delicata e difficile dal dopoguerra a oggi. E pensare che negli anni scorsi il Garante della privacy ha perfino multato per scarsa trasparenza la piattaforma di Casaleggio.
I malumori nella base grillina crescono ma alla fine, con ogni probabilità, tutto rientrerà, con l’ennesima sconfessione della finta democrazia virtuale targata Rousseau e perfino l’astro nascente del grillismo di governo, Giuseppe Conte, confermerà di aver accettato di buon grado l’estromissione da Palazzo Chigi, pur di rimanere agganciato al carro del potere per ricavare qualche altro scranno. Si era parlato per lui della candidatura alla Camera in provincia di Siena nelle elezioni suppletive resesi necessarie a seguito delle recenti dimissioni di Pier Carlo Padoan, ma a quanto pare Pd e Italia Viva sarebbero contrari.
Forse perché temono un Conte nuovamente in pista e in grado di condizionare gli equilibri politici. Ora l’avvocato del popolo non è più funzionale ai disegni della sinistra e quindi può essere accantonato, tanto dai dem, ai quali avrebbe sottratto voti con un suo eventuale partito, quanto dai grillini, perché entrerebbe in competizione con Luigi Di Maio, che da tempo aspira a riprendersi in mano il Movimento, in vista delle future tornate elettorali. Sono le ferree logiche del potere. Quelle che i grillini, a parole, ma solo a parole, hanno sempre demonizzato.