I finti poveri dell'impresa Radicale
I "moralizzatori" del nostro Paese
piangono sempre miseria, ma non sono esattamente "non profit".
- I soldi di Pannella, regalo dello Stato
Le vite cambiano. Nel 1999, Paolo Vigevano – storico editore di Radio Radicale e, insieme a Sergio Stanzani, costruttore principe dell’«impresa radicale» per conto di Pannella – vince più di un terno al lotto. Gli viene presentato un mecenate, il cui intervento, in termini di apporti economici, può evitare di rendere fallimentare la situazione debitoria in cui versano i radicali: sono circa 30 i miliardi di vecchie lire da pagare ai fornitori delle iniziative dell’ultimo anno volute da Pannella.
Il mecenate si chiama Marco Podini, membro della famiglia proprietaria della catena di supermercati «A&O», il quale prima acquista per 15 miliardi il provider «Agorà Telematica», di proprietà di una delle società dei radicali, e poi diviene socio di minoranza della centro di produzione SPA, comprando, al prezzo di 25 miliardi, il 25% delle azioni di Radio radicale, il cui valore totale quindi è stimato in almeno cento miliardi.
Vigevano, detentore della restante parte delle azioni, trova il coraggio – chi lo conosce bene sa che non è mai stato un cuor di leone – di farsi prezzare le sue azioni e intasca una formidabile liquidazione. Pannella è stato molto generoso con me, dirà, riconoscente.
La nuova vita, porta l’editore di Radio Radicale – ormai ex, ma quanti ex rimangono in ottimi rapporti con gli amici di un tempo - ad essere prima capo della segreteria tecnica del Ministro per l’Innovazione e le Tecnologie, Lucio Stanca, colui che avrebbe dovuto rivoluzionare l’Italia con la banda larga, per poi divenire presidente di “Innovazione Italia SpA”, società creata per l’attuazione appunto del piano per la banda larga nel Mezzogiorno, vice Presidente del Comitato ICCP (Information Communications Computer Policies) all’OCSE, consigliere di amministrazione di Sogei S.p.a. e componente del Consiglio Superiore delle Comunicazioni, membro del cda di Finmeccanica, direttore delle relazioni istituzionali del gruppo ALMAVIVA (Cos-Finsiel); amministratore delegato di “Acquirente Unico”.
Solo due anni prima del ’99, Vigevano eseguiva – naturalmente, convintissimo - per conto di Pannella, una delle più demagogiche e strumentali operazioni messe in campo dai radicali: la distribuzione, nelle piazze di San Giovanni e del Campidoglio a Roma, a migliaia di persone, che si mettevano in fila sin dall’alba, per ricevere ciascuna una banconota di 50mila lire timbrata proveniente dalla quota del finanziamento pubblico spettante ai radicali.
Per l’«impresa radicale» – ha ragione da vendere Pannella a definirla tale, una vera e propria «impresa politico-imprenditoriale» - quella distribuzione di denaro pubblico aveva il connotato della propaganda. Equivaleva ad un investimento pubblicitario, nel tentativo di far credere all’opinione pubblica che c’era chi, tra i partiti, nulla aveva a che spartire con i cosiddetti «costi della politica», con i finanziamenti di carattere pubblico che il “sistema” metteva a disposizione di tutti.
D’altra parte, i radicali non hanno mai rinunciato alla loro quota di finanziamento pubblico, sin dalla legge che ha istituito in Italia questa possibilità. Per lunghi anni, quei soldi pubblici sono stati utilizzati per pagare le spese di Radio Radicale – «li restituiamo ai cittadini, attraverso il servizio pubblico di Radio Radicale», dicevano i radicali, convincendo anche i Governi che si trattasse di «impresa di interesse generale» – poi, anche dopo il referendum promosso nel 1993 contro la legge che istituiva il finanziamento pubblico a favore dei partiti, sono stati utilizzati o per le campagne politiche (le cui spese, in preventivo, venivano persino pensate in ragione dei risultati che si sarebbero ottenuti e con il conseguente denaro che si sarebbe incassato) o per coprire i costi degli apparati e delle strutture. «Se rinunciassimo a quello che la legge prevede ci spetti, la nostra quota se la dividerebbero gli altri», sostenevano con lungimiranza.
Il Centro di Produzione SPA - proprietario di un immobile di 644 mq. vicino alla Stazione Termini, che gode della convenzione con lo Stato e le provvidenze derivanti dalla legge sull’editoria a favore di Radio Radicale, organo della “Lista Marco Pannella”, alle quali non si è mai pensato di rinunciare – è solo un’articolazione dell’impresa che fa capo ai radicali.
C’è poi la società Torre Argentina Servizi, fondata nel 1987, proprietaria dell’immobile di 685 mq, che si sviluppa su due piani di Via Torre Argentina 76, a Roma, dove hanno sede i soggetti politici dell’area radicale.
All’interno di questa società, esiste una divisione, chiamata Centro d’Ascolto dell’Informazione Radiotelevisiva: tra i suoi committenti, ha annoverato, negli anni, la Camera dei Deputati, il Garante per la radiodiffusione e l’editoria, poi sostituito dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom), la Radio Televisione Italiana, oltre a Mediaset, la Fieg, la Scuola Superiore di Studi Avanzati di Trieste; i Gruppi Parlamentari dei Verdi; il Partito dei Democratici di Sinistra (2005), il Gruppo Regionale Margherita – Piemonte; il “Robert Schuman Centre - European Univeristy Institute”, testate giornalistiche (Epoca, Panorama, L’Espresso, L’Europeo, la Repubblica), il Censis, le università (Torino, Perugia, Roma).
Tra i soggetti politici della galassia radicale – così la definisce Pannella - spiccano Non c’è pace senza giustizia, che si occupa del tribunale penale internazionale e delle mutilazioni genitali femminili e Nessuno tocchi Caino, che si occupa di pena di morte.
«Le attività dei programmi di Non c'é pace senza giustizia – si legge nel sito internet - vengono attuate attraverso progetti multi-regionali sostenuti da diversi donatori, coinvolgendo altre ONG, attori della società civile, decisori politici e istituzioni di alto livello, parlamentari, esponenti di governo e istituzioni intergovernative».
Tra i partner e i donatori: The Commonwealth Secretariat, The Forum for the Future, The Special Court for Sierra Leone, The United Nations Democracy Fund (UNDEF), The United Nations Children's Fund (UNICEF), the United Nations Development Program (UNDP), The United Nations Office for Project Services (UNOPS), The United Nations Population Fund (UNFPA), The World Bank; European Union; the Governments of : Belgium, Burkina Faso, Cambodia, Canada, Czech Republic, Djibouti, East Timor, France, Finland, Germany, Ghana, Greece, Ireland, Italy (MOFA), Kenya, Lesotho, Mali, Mexico, Morocco, Netherlands, New Zealand, Senegal, Sierra Leone, Spain, Sweden, Switzerland, Trinidad and Tobago, Turkey, Uganda, United Kingdom (British Foreign and Commonwealth office), USA (USAID and MEPI), Yemen; the Iraqi Council of Representatives, the Kurdistan National Assembly–Iraq and the Kurdistan Regional Government; the Afghan Independent Human Rights Commission (AIHRC), the Egyptian National Council for Childhood and Motherhood (NCCM), the Kenya National Commission on Human Rights (KNCHR).
Dal canto suo, Nessuno tocchi Caino, nel corso degli anni, ha ricevuto il sostegno non solo morale, ma anche economico per la sua attività, di 15 Regioni italiane, 40 Province e 120 Comuni, oltre ad accedere – com’è accaduto per l’altra associazione – ai finanziamenti derivanti dalle risorse provenienti dall’Unione europea per progetti legati alle attività da svolgere.
Siamo di fronte, insomma, ad una holding molto articolata e ben costruita, che non si è mai privata ed ha perseguito un rapporto molto stretto e sinergico con il “pubblico”, con il potere, perché da questo trae le risorse economiche che gli consentono di vivere.
E’ proprio il rapporto con il pubblico che consente ai radicali di essere così ben voluti, stimati e apprezzati da chi conta e da chi ha potere. Questi ultimi, s’inchinano di fronte ai moralizzatori della vita pubblica italiana (e, naturalmente, europea e mondiale) e consentono che il potere radicale si accresca e diventi sempre più seduttivo, manipolativo e pericoloso, perché non si alimenta della verità, ma dell’ipocrisia e dell’ambiguità.