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CINA

Hong Kong: scontro brutale, il popolo è contro la polizia

Un poliziotto ha sparato a bruciapelo ad un manifestante disarmato. L’enclave è al suo quinto mese di proteste. Intanto è scontro brutale fra filo-democratici e filo-regime. Un cinese pro-Pechino è stato dato alle fiamme. I cattolici pregano per lo studente Chow Tsz-lok morto lo scorso 8 novembre, il vescovo ausiliare Ha Chi-shing chiede di indagare. La polizia fa irruzione in una parrocchia.

Esteri 12_11_2019
Hong Kong, poliziotto spara a un manifestante

Un poliziotto ha sparato a bruciapelo ad un manifestante disarmato. E’ la terza volta che succede, ad Hong Kong. L’enclave, ex colonia britannica, è al suo quinto mese di proteste contro il suo governo e contro il regime di Pechino.

Iniziata come manifestazione di opposizione alla nuova legge sull’estradizione, è diventata una rivolta a tutto tondo contro il sistema, per la democrazia, per il rilascio dei prigionieri, per un’inchiesta indipendente sull’operato della polizia. Ed oggi è soprattutto contro la polizia che gli oppositori protestano, dopo il primo morto e dopo i tre feriti dagli agenti con armi da fuoco. Intanto si combatte un conflitto parallelo, ancor più selvaggio e violento, fra i cittadini sostenitori della Repubblica Popolare e quelli pro-democrazia. Ieri un cinese filo-Pechino è stato dato alle fiamme, ma nei giorni precedenti erano soprattutto i filo-democratici ad essere aggrediti e picchiati senza pietà.

All’incrocio fra Shing On Street e Tai Shek Street, manifestanti radicali stavano cercando di edificare barricate, affiancando lo sciopero proclamato per l'11 novembre. La polizia è intervenuta con forza ed è lì che il manifestante è stato colpito quasi mortalmente da una rivoltellata. In un video lo si vede avvicinarsi, disarmato, al poliziotto, mentre questi cercava di placcare un altro manifestante. Forse vedendolo arrivare mascherato e veloce, avrà creduto di essere in pericolo, fatto sta che l’agente ha sparato in pieno petto, a bruciapelo, ad un ragazzo disarmato, letteralmente sotto gli occhi di tutto il mondo. Adesso il 21enne colpito si trova ricoverato all’Eastern Hospital dove è sotto i ferri, operato al fegato e ai reni. Gli stessi dipendenti dell’ospedale stanno manifestando contro la brutalità delle forze dell'ordine.

La dirigenza della polizia nega di aver dato ai suoi uomini licenza di usare armi da fuoco a volontà. Fatto sta che è il terzo incidente simile e non c’è veramente alcuna giustificazione possibile di legittima difesa. La popolazione di Hong Kong sta rapidamente perdendo ogni fiducia nel corpo di polizia, che finora aveva goduto di grande prestigio. Gli ultimi sondaggi rilevano che la metà dei cittadini ripone “nessuna fiducia” delle forze dell’ordine, un dato quasi decuplicato rispetto al 6,5% registrato all’inizio delle proteste, in giugno. Un giovane imprenditore, intervistato dal Wall Street Journal dichiara: “La polizia sta abusando del suo potere. Questo non può succedere in una città civile”. Anch’egli sta iniziando a partecipare alle proteste di piazza, rivelando come non siano solo “giovani radicalizzati” quelli che vogliono protestare contro le forze dell’ordine.

Nemmeno le chiese vengono risparmiate. Durante le manifestazioni a Sai Wan Ho, un gruppo di manifestanti, inseguito dagli agenti, ha cercato rifugio nella chiesa cattolica di Santa Croce. Senza chiedere il permesso a nessuno e senza pensarci due volte, i poliziotti hanno fatto irruzione nel parcheggio della parrocchia ed hanno arrestato i giovani. Informato di quanto stava accadendo, il diacono Simon Chan è accorso al parcheggio, ma i manifestanti erano già stati portati via. In un comunicato rilasciato alla stampa ieri pomeriggio, di fronte alle numerose domande dei fedeli sul perché la parrocchia consenta alla polizia di arrestare manifestanti, la diocesi di Hong Kong ha spiegato: "Va precisato che le chiese, oggi, sono diverse da quelle del passato: oggi non c'è alcuna possibilità per una chiesa di garantire a quelli che entrano di non essere arrestati secondo la legge. Siamo profondamente dispiaciuti per quanto accaduto".

A dare pieno appoggio alla polizia è, come era prevedibile, la stampa cinese. Un editorialista del Quotidiano del Popolo, Hu Xijing, scriveva ieri: “Avete l’appoggio, non solo dei popoli cinese e di Hong Kong, ma anche dei soldati cinesi e dell’Esercito Popolare Cinese di stanza ad Hong Kong”. Più che un’analisi, pare proprio un’intimidazione chiara e tonda.

Quello fra cinesi pro-Pechino e cittadini di Hong Kong pro-democrazia, sta diventando un violentissimo conflitto senza regole. Ieri, a farne le spese, è stato Leung Chi Cheung, 57 anni, dato alle fiamme da un gruppo di manifestanti. Era intervenuto contro il gruppo di oppositori radicali, presso la stazione di Ma On Shan. A scatenare l’ira funesta dei manifestanti sarebbero state le sue parole “Non siete cinesi, siete inglesi!” E’ tuttora ricoverato in condizioni critiche. Il rogo è stato anche filmato. La polizia dichiara che questo sia “l’incidente più scioccante” mai verificatosi dall’inizio delle proteste. In questo caso è stato un filo-cinese ad essere aggredito quasi mortalmente, ma c’è da dire che Hong Kong registra ormai una lunga storia di aggressioni di filo-cinesi ai danni dei manifestanti pro-democrazia, almeno da quando le Triadi (malavita organizzata, collusa con Pechino) hanno attaccato indiscriminatamente passanti e manifestanti a bastonate in una stazione della metropolitana. Il 17 ottobre scorso, il leader del Chrf, uno dei principali gruppi filo-democratici, era stato attaccato da cinque cinesi filo-Pechino a colpi di martello e quasi ucciso. Il 2 novembre, un altro cinese filo-governativo aveva estratto un coltello in un centro commerciale e aveva ferito cinque persone, prima di essere arrestato. Nella lotta, aveva staccato un pezzo d’orecchio a morsi ad Andrew Chiu Ka-yin, consigliere distrettuale pro-democrazia.

In mezzo a tutta questa orgia di violenza, la comunità cristiana di Hong Kong si è riunita ieri, pacificamente, nel Chater Garden per un incontro di preghiera in memoria di Chow Tsz-lok, lo studente del secondo anno dell’Università delle scienze e tecnologie di Hong Kong morto lo scorso 8 novembre, dopo quattro giorni di agonia, a seguito dalla caduta dal terzo piano di un parcheggio, durante gli scontri dello scorso fine settimane. Le circostanze del suo volo mortale sono ancora un mistero. Monsignor Ha Chi-shing, vescovo ausiliare di Hong Kong ha espresso personalmente il suo cordoglio per la giovane vittima, un 22enne che descrive come un giovane vivace e brillante. E anche il prelato si pone le domande che si stanno ponendo tutti e che stanno alimentando le proteste di questi giorni contro la polizia: “Chow è il primo giovane rimasto ferito e poi morto durante i conflitti. Ma come è stato ferito? Come e perché è caduto nel parcheggio? E come si sono svolti i lavori di soccorso? Tutto questo suscita grandi interrogativi tra il popolo (…) siamo dinanzi ad una vita, la vita di un giovane morto in modo dubbio e sospetto. È una cosa che nessuna società civile può accettare, che nessun uomo con una coscienza può accettare. Il rettore dell'Università delle Scienze e Tecnologie di Hong Kong ha recentemente inviato una lettera al governo chiedendo di istituire un comitato investigativo indipendente sulla questione”.

Su questo e altri casi, i manifestanti di Hong Kong chiedono un’indagine indipendente sull’operato della polizia. Nel solito dialogo fra sordi, il governo della città, guidato da Carrie Lam, promette che, fra poche settimane, sarà istituita una commissione di inchiesta formata dal Consiglio Indipendente per le Rimostranze alla Polizia. Ma un team di esperti internazionali, ingaggiato dallo stesso governo per una consulenza, sconsiglia di procedere in questo modo: al Consiglio di Hong Kong mancano sia i fondi che il potere necessario a eseguire un’indagine veramente indipendente.