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TIENANMEN 28 ANNI DOPO

Hong Kong, indipendentismo contro memoria comune

A 28 anni da Tienanmen, la veglia in memoria del massacro si è regolarmente tenuta a Hong Kong, come avviene tutti gli anni dal 1990. Quest’anno la partecipazione è stata inferiore agli anni scorsi. I maggiori assenteisti sono stati i sindacati degli studenti vicini alla causa localista, che vogliono l'indipendenza dalla Cina.

Esteri 06_06_2017
La statua degli studenti di Tienanmen

A 28 anni da Tienanmen, la veglia in memoria del massacro si è regolarmente tenuta a Hong Kong, come avviene tutti gli anni dal 1990. Quest’anno la partecipazione è stata inferiore agli anni scorsi.

La repressione di piazza Tienanmen a Pechino ebbe luogo nella notte fra il 3 e il 4 giugno 1989. Gli studenti chiedevano la “quinta modernizzazione”, cioè la democrazia. Erano accampati da più di un mese nella centralissima piazza della capitale cinese, sin dal funerale del leader comunista riformatore Hu Yaobang. Il segretario generale del Partito, Deng Xiaoping, promulgò la legge marziale e mandò l’esercito per far sgomberare la piazza. Il numero dei morti è ancora sconosciuto, ma supera i 2600, mentre gli arresti furono più di 20mila. In Cina la memoria di Tienanmen è ancora censurata. Non se ne può parlare, nelle ricerche su Internet è un risultato introvabile.

Invece ad Hong Kong, ex colonia britannica che ufficialmente fa parte della Repubblica Popolare, ma di fatto è ancora un mondo a parte, si può ancora rendere omaggio alla memoria delle vittime. Quest’anno, alla veglia, c’erano però meno persone del solito. Erano 110mila. Con i loro lumi hanno illuminato il Victoria Park. Non erano in pochi, in senso assoluto, ma meno del previsto e soprattutto meno degli anni scorsi, quando la partecipazione media era di 150mila manifestanti. La spiegazione sta nella situazione difficile in cui versano l’autonomia e la democrazia di Hong Kong. Quest’anno è, non solo, il 28esimo anniversario della repressione di Piazza Tienanmen, ma è anche il 20mo del passaggio di Hong Kong dal Regno Unito alla Cina. E’ un anno che segue una serie di promesse cinesi mancate, sulla democrazia e sull’autonomia. Nel 2016 e inizio 2017, la libertà di stampa e di espressione di Hong Kong ha toccato un nuovo record negativo. L’influenza di Pechino è sempre più evidente. Ed è in questo contesto che cresce il movimento dei “localisti”, che mira all'indipendenza. Invece di far causa comune con chi ricorda il massacro di Tienanmen, per distinguersi dalla Cina e dalla sua memoria i localisti sono fra i maggiori assenteisti di questa ultima veglia.

Ne è convinto Albert Ho, presidente dell’Alleanza per il sostegno dei movimenti patriottici democratici della Cina, che però, a Radio Free Asia, esprime anche la sua comprensione per la crescita del movimento localista: “Vent’anni dopo il passaggio alla Cina di Hong Kong, il Partito Comunista sta facendo pressione sui movimenti democratici e per i diritti umani di Hong Kong, intervenendo negli affari di Hong Kong e portando qui la sua dittatura”. 

Perché i localisti non fanno fronte comune con chi commemora i morti dell’89, dell’ultima generazione di studenti cinesi per la libertà? Secondo Wong Ching Tak, leader del sindacato studentesco dell’Università di Hong Kong: “La nostra posizione è simile a quella del sindacato dell’Università Cinese di Hong Kong, che ha dichiarato, in passato, di volere un approccio alla questione da una prospettiva localista e che l’evento del 4 giugno sia diventato molto ripetitivo negli ultimi anni”. Frase sibillina che esprime un concetto spiegato meglio da Chan Ho Tin, dell’Hong Kong National Party (indipendentista): ai microfoni di Radio Free Asia spiega che “L’Alleanza (organizzatrice dell’evento, ndr) ha sempre condiviso il concetto nazionalista secondo cui il sangue pesa più dell’acqua e che siamo tutti cinesi. Ma io preferisco adottare un punto di vista anti-colonialista: come potete aspettarvi che il popolo di Hong Kong ami i suoi padroni?” Dall’altra parte della barricata, Lee Cheuk-yan, segretario dell’Alleanza, si dice rattristato per l’indole nazionalista di tanti studenti, perché “Viviamo tutti sotto lo stesso regime, dovremmo protestare e condannare quel regime criminale”.

Al di fuori di questa polemica, Ge Guirong, 83 anni, il cui figlio Du Guangxue venne ucciso a Tienanmen, dice ai manifestanti durante la veglia: “Come madre, è inaccettabile che il governo sfugga alle sue responsabilità sul massacro, nascondendosi sotto la dicitura di una ‘tempesta politica’… Spero che la questione del 4 giugno possa essere risolta in modo onesto e giusto”.

La Chiesa di Hong Kong, prima della veglia nel Victoria Park, ha organizzato un momento di preghiera, in cui ha preso la parola il vescovo ausiliare Joseph Ha. Indipendentemente dall’indipendentismo di Hong Kong, la Chiesa prega per le vittime del massacro, finché avrà la possibilità di farlo.