Hong Kong, Carrie Lam ritira la legge della discordia
Alla fine, con considerevole ritardo, il capo dell’esecutivo di Hong Kong Carrie Lam ha concesso il ritiro formale della famosa legge sull’estradizione che ha causato tre mesi di rivolte in Hong Kong. I recenti eventi di Hong Kong sono un monito anche per i cattolici: attenzione che la gentilezza non sia scambiata per debolezza dalla Cina.
Alla fine, con considerevole ritardo, il capo dell’esecutivo di Hong Kong Carrie Lam ha concesso il ritiro formale della famosa legge sull’estradizione che ha causato tre mesi di rivolte in Hong Kong. Insieme a questo ritiro formale, Carrie Lam ha anche presentato altre tre proposte: aumento dei membri chiamati a valutare le azioni della polizia, più dialogo con la comunità e invito ad accademici e studiosi per investigare le cause del disagio sociale.
Nel suo discorso pre registrato in cantonese e inglese (trasmesso il 4 settembre), Carrie Lam aveva riconosciuto come le cause del disagio sociale vanno molto al di la della legge sull’estradizione. Questo è qualcosa che certamente non è ignoto a tutti coloro che osservano le cose cinesi da vicino. La necessità di tenere ben separate la madrepatria e l’ex colonia britannica, troppo diverse, non è stata rispettata e ha messo nei cittadini di Hong Kong, un territorio abitato da una popolazione che buona parte è formata proprio da rifugiati dalla Cina, una paura ben comprensibile. Il giorno precedente il Cardinale Joseph Zen si diceva veramente rattristato per i numerosi arresti di tante persone giovani. Il giorno 2 settembre, in un lungo post sul suo blog cinese, si chiedeva ancora di rispettare le due richieste pressanti dei manifestanti: una commissione indipendente per indagare sulle possibili brutalità della polizia e il ritiro della legge sulla estradizione. Ora una delle due è stata concessa.
Questo conferma un principio, che proprio il Card. Zen spiegò e che evidenzia la diffidenza verso la strategia diplomatica della Santa Sede degli ultimi anni di tanti, in Cina e fuori: la Cina rispetta la forza, non la debolezza. Le concessioni vengono spesso scambiate per debolezza. In questa ottica si comprende perché molti anche in Hong Kong comprendessero e giustificassero le violenze. Certo per noi questo è difficile da accettare, anche da una prospettiva cristiana. Ma in fondo anche il cristianesimo non è pacifista a tutti i costi, malgrado una certa vulgata.
Gli Orientamenti sulla Chiesa in Cina di qualche mese fa sono da considerarsi come un piccolo "atto di forza" del Vaticano. Era come dire: guardate che sappiamo quello che succede ai cattolici cinesi anche dopo la firma dell’accordo provvisorio. Però questi Orientamenti erano poi troppo segnati dal desiderio di “non offendere”. Ora, certamente non si deve offendere nessuno, ma si deve comprendere quello che i recenti eventi di Hong Kong ci fanno capire fin troppo bene: attenzione che la gentilezza non sia scambiata per debolezza e quindi scusa per ottenere ancora di più. E: se si vuole essere rispettati nel mondo cinese, trattare da posizioni di forza. O si rischia di non ottenere niente.