Haiti, quando i crimini contro l'umanità non interessano
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Centinaia di bande armate tengono in ostaggio tutta la popolazione haitiana. I crimini più efferati sono all'ordine del giorno, e la situazione peggiora di giorno in giorno. Nel disinteresse di governi e media. E all'Onu Russia e Cina pongono il veto a qualsiasi iniziativa internazionale.
«12.000 uomini armati tengono in ostaggio 12 milioni di persone». Così lo scorso luglio l’allora primo ministro di Haiti, Gary Conille, descriveva la situazione in cui versano gli abitanti del suo paese. Ad Haiti centinaia di bande armate da anni controllano e si contendono l’80% della capitale Port au Prince e altre aree dell’isola.
Lo scorso marzo la maggior parte delle bande della capitale hanno deciso di allearsi contro il governo. Hanno costituito una coalizione chiamata “Vivre ensemble” alla quale ha aderito anche una delle bande più potenti, la G9 an fanmi, a sua volta una alleanza di nove bande, guidata dal temutissimo Jimmy “Barbecue” Cherizier. Vivono di attività illegali, ovviamente, infieriscono sui civili e ormai del tutto impunemente assaltano i palazzi del governo, le sedi di enti pubblici e privati. Persino l’aeroporto internazionale è stato chiuso al traffico per giorni in seguito a un loro attacco. I molti missionari stranieri presenti ad Haiti tentano, a rischio della vita, di assicurare per quanto possibile i servizi essenziali alla popolazione abbandonata a se stessa, esausta. Lanciano continui appelli, richieste di aiuto cercando di far capire quanto siano difficili, sempre più disperate le loro condizioni.
Quasi due anni fa il presidente del Kenya, William Ruto, si era detto disposto ad assumersi il compito di mettere ordine ad Haiti. La sua proposta di inviare 2mila poliziotti è stata accettata e anzi il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nell’ottobre del 2023 ha autorizzato la costituzione di una Missione multinazionale di supporto alla sicurezza a guida kenyana. Non ha funzionato. Finora, delle migliaia di soldati promessi, sono arrivati solo alcune centinaia di poliziotti kenyani e di militari inviati da alcuni paesi caraibici, gli 85 milioni di dollari messi a bilancio sono insufficienti, ma soprattutto il problema è che il contingente e la guida kenyani si sono dimostrati, come peraltro molti avevano previsto, per niente all’altezza dell’arduo compito assunto. «Disarmeremo quei teppisti e quelle bande – assicurava a settembre del 2023 il ministro degli esteri kenyano Alfred Mutua – non ci vorrà molto, libereremo gli haitiani rapiti e le donne violentate». «Non deluderemo il popolo haitiano», prometteva il presidente Ruto, la missione ha «un significato speciale e una urgenza fondamentale». Ma aveva sottovalutato i problemi o non li conosceva bene e, comunque, i suoi poliziotti arrivati cinque mesi fa non si stanno impegnando a fondo, per così dire, e anche questo era prevedibile. Di loro gli haitiani dicono che si limitano ad atti “teatrali” e che si comportano come “semplici turisti”.
Quel che succede ad Haiti rientra per universale assenso nella definizione di crimini contro l’umanità e crimini di guerra. A settembre, fattasi strada la consapevolezza che la situazione sta di giorno in giorno peggiorando, Stati Uniti ed Ecuador, aderendo a una richiesta già in precedenza avanzata da altri paesi e dallo stesso governo haitiano, hanno proposto di costituire una vera e propria missione Onu di peacekeeping, ma Cina e Russia in Consiglio di Sicurezza hanno posto il veto. Di fronte al crescendo di violenza, la richiesta è stata riproposta nei giorni scorsi e di nuovo Russia e Cina hanno posto il veto sostenendo che «c’è bisogno di una pace più consolidata ad Haiti per giustificare una missione di peacekeeping» e inoltre che «la richiesta del governo di Haiti non è valida perché non è un governo eletto e perché al suo interno si sono verificati dei conflitti».
“Peacekeeping” vuol dire “mantenimento della pace” e quindi in effetti questo genere di missione dovrebbe presupporre una condizione di pace esistente, da mantenere. Grazie a questo cavillo, 12 milioni di persone continueranno a essere ostaggio di 12mila criminali, centinaia di poliziotti e soldati della Missione multinazionale di supporto alla sicurezza continueranno a ricevere doppio stipendio e a comportarsi da “semplici turisti”, il presidente del Kenya continuerà a vantarsi di aver preso in mano la situazione con successo («Sono stato ad Haiti – aveva detto a settembre – dove ho potuto constatare notevoli progressi sul territorio. È stata ristabilita la tranquillità in città e villaggi che prima erano in preda alle gang criminali») e di meritare la fiducia dell’Onu e degli Stati Uniti che a maggio hanno designato il Kenya «grande alleato non-Nato», il primo dell’Africa sub-sahariana.
In una audizione presso il Consiglio di Sicurezza, il dottor Jean William Pape, noto esperto haitiano di malattie infettive il cui figlio è stato rapito nel novembre dello scorso anno, ha parlato tra l’altro del costante aumento di dimissioni da parte dello staff della sua organizzazione sanitaria, con oltre due terzi dei suoi dipendenti costretti a fuggire dalle loro case. «È dura per qualsiasi haitiano richiedere truppe straniere sul nostro territorio – ha detto – ma, se non si fa nulla, l'alternativa sarà un genocidio di massa già iniziato, qualcosa che solo voi avete il potere di impedire».
Medici senza frontiere ha appena annunciato di aver sospeso ogni attività nella capitale a causa degli attacchi subiti dal suo personale e dai pazienti suoi assistiti.
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