Guerra in Siria, l'Osservatore dà la colpa ai cambiamenti climatici
All'origine della guerra in Siria ci sarebbero i cambiamenti climatici. Lo scrive l'Osservatore Romano: è solo l'ultima bufala del quotidiano vaticano ormai avvitato in una deriva ecologista che arriva fino a sdoganare le politiche di controllo delle nascite. Un andazzo che purtroppo trova legittimazione nell'enciclica Laudato Sì.
L’idiozia di sostenere che la guerra in Siria è stata provocata dai cambiamenti climatici non è nuova, ma vederla affermata con noncuranza, come fossa cosa universalmente nota, sulla prima pagina de L’Osservatore Romano lascia semplicemente costernati. La deriva ecologista del quotidiano ufficiale della Santa Sede è nota da tempo, ma fino ad oggi si poteva pensare che anche alle idiozie ci fosse un limite. Ora non più. E non solo di idiozia si tratta, molto di peggio. Ma andiamo con ordine.
Nell’edizione datata 4 gennaio, in prima pagina appare l’articolo “Semi per Aleppo” (occhiello: “Scegliere un’agricoltura di pace”) a firma di Carlo Triarico che ha questo inizio fulminante: «Noi sappiamo che Aleppo non si libera con le bombe. Bisogna ancora liberare Aleppo e la Siria dalla miseria, dai cambiamenti climatici che qualche anno fa spinsero le donne e gli uomini a migrare dalle campagne, che destabilizzarono gli equilibri demografici e innescarono le prime rivolte siriane e poi la guerra».
In prima battuta si potrebbe pensare a un episodio sfortunato, il pezzo di un collaboratore occasionale a cui non si è data la necessaria attenzione. La realtà è però ben diversa, non solo perché si tratta di un pezzo nella parte alta della prima pagina, e quindi attentamente passato e ripassato; ma anche perché la firma dell’articolo non lascia spazio a scappatoie. Triarico è infatti presidente della Associazione per l’Agricoltura biodinamica, un metodo di coltivazione che unisce alcuni princìpi del biologico con pratiche “magiche” e ha origine nell’antroposofia di Rudolf Steiner. Malgrado si tratti questo di un sistema di credenze condannato dalla Chiesa già nel 1919, e l’agricoltura biodinamica condannata dalla scienza, Triarico da un po’ di tempo è diventato punto di riferimento dell’Osservatore per quanto riguarda i temi dell’agricoltura, come ha ben documentato Sandro Magister (clicca qui).
Quanto al merito delle affermazioni di Triarico, è interessante risalire all’origine dell’idiozia sulle origini della guerra in Siria. A lanciarla all’opinione pubblica è stato un anno e mezzo fa il segretario di Stato americano John Kerry nel corso di una visita in Alaska, affermazione poi ripresa anche dal principe Carlo d’Inghilterra: secondo costoro una siccità di 3-4 anni avrebbe spinto un milione e mezzo di contadini siriani a spostarsi verso le città dando il via a rivolte che poi sono sfociate in guerra civile. Chi ricorda l’inizio del conflitto siriano sa bene che le cose sono andate diversamente, ma l’origine di tutto sta in una ricerca pubblicata sulla rivista scientifica PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences) a firma di Colin Kelley e altri, dal titolo Climate Change in the Fertile Crescent and the implications of the recent Syrian Drought, nelle cui conclusioni si sostiene che la siccità del 2007-2010 ha contribuito al conflitto in Siria, e che tale siccità è il segno di cambiamenti climatici provocati dall’uomo.
Il fatto è che tali conclusioni non sono supportate neanche dal contenuto della ricerca: quattro anni di siccità in effetti non indicano un bel niente, possono tranquillamente essere una possibile condizione meteorologica senza implicare un cambiamento del clima. Quattro anni è un periodo troppo breve, i cambiamenti climatici si apprezzano in un arco temporale di almeno 30-40 anni. Ma il bello è che la siccità di cui si parla nella ricerca ha soltanto sfiorato la Siria. La ricerca fa infatti riferimento alla Mezzaluna fertile, un territorio molto vasto che comprende l’Iraq, la metà dell’Iran e anche la Turchia. La siccità in quegli anni ha interessato anche il Libano, la Giordania e Israele, ma le zone più colpite sono una parte dell’Iran e la regione al confine tra Turchia e Iraq, quindi ben lontano dalla Siria (per chi vuole approfondire il caso, cfr. R. Cascioli, Il clima che non t'aspetti, I libri della Bussola).
Ci vuole dunque una bella fantasia, e una buona dose di cinismo, per sostenere affermazioni come quella di Triarico. Ma all’Osservatore, ormai, quanto a idiozie ecologiste e no-global non si va più per il sottile. Basti pensare che nell’edizione del 24 dicembre, l’editoriale di Lucetta Scaraffia, titolato “Il mondo davanti al presepe”, troviamo quest’altra incredibile affermazione: «La globalizzazione, che sembrava realizzata dai mercati, dalla finanza e da internet, si è trasformata in una frequenza su scala mondiale di catastrofi naturali, effetto di uno sfruttamento indiscriminato delle risorse della terra e causa di un aumento di migranti che, ormai in tutto il globo, per sopravvivere fuggono da territori diventati inclementi». Dunque, se capiamo la complessa catena distruttiva: gli uomini cattivi (e ricchi) sfruttano le risorse (vedi uso di combustibili fossili), così provocano i cambiamenti climatici che a loro volta hanno l’effetto di scatenare disastri naturali, che sono la causa di tante migrazioni; tutto questo si chiama globalizzazione.
Certamente a questa filastrocca uno come Angelo Branduardi saprebbe offrire anche una dignità musicale, ma resta il fatto che si tratta di affermazioni insensate senza che la “direttora” ombra dell’Osservatore si senta neanche in dovere di fornire qualche dato a supporto di affermazioni così gravi. E infatti, per quanto gli ecologisti strombazzino scenari apocalittici, e l’Osservatore li riporti acriticamente, non c’è alcuna evidenza negli ultimi decenni di un aumento di eventi atmosferici estremi, per non parlare della bufala dei cosiddetti “profughi ambientali”, tema che meriterà un approfondimento a parte.
Ma ormai per gli organi della Santa Sede tutto fa brodo per dimostrare questa emergenza dei cambiamenti climatici, e non ci si accorge (o si fa finta) di alcuni effetti collaterali, come quello che emerge da un altro articolo pubblicato nell’edizione del 4 gennaio, in realtà stavolta l’anteprima di un articolo che sarà pubblicato sulla rivista “Vita e Pensiero”. Autore è l’ex finanziere ora padre gesuita Gael Giraud, argomento finanza e cambiamenti climatici (titolo: “Contro il mito dell’aumento del Pil”).
All’interno di un discorso per addetti ai lavori tutto puntato sulla necessità di politiche contro i cambiamenti climatici, spunta anche il discorso sulla necessità di frenare l’aumento della popolazione nell’Africa subsahariana e senza soffermarsi troppo sulle implicazioni Giraud spiega che: «Sembra possibile far diminuire questa tendenza demografica nell’ambito di un appoggio integrato che include attività che cercano di migliorare gli accessi ai servizi di pianificazione famigliare, contribuiscono a migliorare la comprensione della posta in gioco in fatto di demografia, promuovono l’educazione delle ragazze e migliorano i sistemi di protezione sociale…».
Nel caso non fosse chiaro stiamo parlando di programmi di controllo delle nascite. Ecco dove portano i discorsi sui cambiamenti climatici.
Spiace davvero dirlo, ma seppure queste correnti di pensiero anche nel mondo cattolico vengano da lontano, la loro legittimazione nei piani alti del Vaticano ha a che fare con l’enciclica Laudato Sì, come anche le recenti affermazioni di Leonardo Boff dimostrano: dalla sua pubblicazione, anche grazie all’infaticabile opera del presidente della Pontificia Accademia delle Scienze, monsignor Marcelo Sanchez Sorondo, il Vaticano è diventato terra di conquista per ecologisti radicali, anti-natalisti, stregoni e cialtroni di ogni genere.