REPORTAGE
Grecia, l'economia che non si vede
La crisi ha colpito l'unica vera grande industria della Grecia: il turismo, sviluppatosi anche grazie ai fondi della Ue. Ma oggi non basta più.
Attualità
20_05_2011
“Prenda, questa è la brochure del mio residence. Appartamenti ammobiliati con molti letti”. Scorsa estate, un lunghissimo periodo a zonzo per isole greche, un po’ per lavoro un po’ per diletto, perché dalla Grecia mi è sempre stato difficile venir via. L’autista del mio autobus non vuol lasciarmi scendere, vuol vendermi il suo albergo; non è una novità: qui un albergo, un residence, due stanze a casa da affittare ai turisti le hanno tutti. Anche il tassista possiede un piccolo hotel, ma gli affari non sono più quelli di anni fa e ha ritirato fuori la macchina, mentre quello del bus si tiene anche il suo lavoro a stipendio fisso. Chiedono cifre esagerate per quanto offrono e comunque molto superiori a quanto, le mie guide da viaggiatore indipendente dichiarano esigibili. “C’è la crisi” ripetono gli improvvisati albergatori, come se la crisi del debito greco la dovessi risolvere io.
Fino a qualche tempo fa il governo di Atene, prendendo dai fondi dell’Unione Europea per lo più, erogava il 70% per la costruzione di una struttura turistica a fondo perduto. In moltissimi si sono buttati nel nuovo mercato, magari lasciando perdere vecchie attività che li impegnavano per tutto l’anno, nella speranza di soldi facili in breve tempo: i quattro massimo cinque mesi dell’estate greca. Se l’hotel non partiva in fondo ci si rimetteva poco. Si vedono così molte costruzioni incompiute lungo le bellissime coste greche: “incompiute” - mi spiega un industriale italiano in pensione con una casa a Corfù da più di trent’anni - “perché se non costruisci il tetto su una casa non paghi neppure l’Ici”. Facile quindi la nuova impresa, a basso rischio per il privato ma altissimo per lo Stato. Il cliente meglio che non abbia bisogno di una fattura al pagamento del conto, chiederla è il modo per rendersi antipatici ai proprietari, solo i grandi alberghi non fanno storie.
Questa esperienza personale non vuol certo spiegare tutta la crisi greca di questi giorni, lo spaventoso debito del paese, gli scioperi e il resto. Certo che no, però visto che il turismo è la maggior industria del Paese qualche cosina la dice sul perché nelle casse dello Stato ellenico manchino tanti soldi e dove se ne sono andati parecchi. Naturalmente la corruzione dei governi e i trucchi negli ultimi bilanci statali hanno portato la Grecia al collasso.
Recentemente, appena dopo il passaggio della delegazione europea, recatasi in Grecia a controllare se i fondi accordati da Bruxelles per il salvataggio del paese nel 2010, hanno migliorato le capacità di risanamento del paese, il governo greco ha varato un disegno di legge sulla revisione del sistema di tassazione con lo scopo di combattere l’enorme evasione fiscale. Prevedendo addirittura in alcuni casi, la reclusione per il mancato pagamento di Iva e imposte sui redditi e la creazione di una polizia ad hoc per i reati finanziari.
Altre leggi importanti ha varato il governo greco quest’inverno: quella sulla revisione delle professioni chiuse e quella sulle privatizzazioni. La piazza ha risposto con manifestazioni violente e scioperi prolungati: ultimo quello del settore della stampa, fino a poco tempo fa uno degli ultimi in crescita in Europa, mentre adesso deve fare i conti con la poderosa ristrutturazione e le migliaia di licenziamenti che hanno causato la scomparsa di alcune storiche testate.
Ma bisogna ammettere che il governo greco cerca di andar dritto per la sua strada come può: un po’ di populismo unito a lacrime e sangue come quando, la scorsa estate minacciò la prigione, per fermare l’imponente protesta del sindacato dei camionisti che aveva lasciato tutto il paese senza benzina e a corto di beni di prima necessità, durante il periodo economico più attivo del paese: quello delle vacanze.
Il problema è che la Grecia non ha economia reale. Esiste, solo o quasi, l’industria del turismo nella stagione delle vacanze e se queste vanno bene. A parte un po’ di agricoltura: cereali, sementi, l’olio di oliva e forse ancora il mastice di Chios. Non ci sono grandi banche e ormai i famosi armatori del passato stanno scomparendo, come dimostra il contratto siglato nell’ottobre 2009 per affidare la gestione del terminal container del Pireo - il più grande porto del paese ed di tutto il Mediterraneo - ad un'impresa cinese e le recenti voci della messa in vendita di tutto il porto.
“L’Europa non deve darci altri soldi”, scriveva il 14 maggio scorso Nick Malkoutzis su “Ekathimerini”, noto quotidiano greco. “La Comunità europea deve investire in Grecia, perché le misure di austerity e le riforme strutturali non sono sufficienti per la ripresa dell’economia greca a lungo termine e il mantenimento dell’euro”. Fabien Zuleeg dell’”European Policy Center” ritiene che : “E’ necessario che i paesi più forti economicamente della Comunità trovino canali per investimenti in Grecia: veri investimenti - ribadisce - non speculazione finanziaria”.