GOVERNO MONTI/1
Governo tecnico, ascoltiamo le ragioni del sì
«Il ricorso a un governo tecnico rappresenta una ferita per la democrazia, ma per l'Italia a questo punto non ci sono alternative».
Attualità
15_11_2011
Sulla crisi politica in corso abbiamo espresso una opinione decisa a favore di elezioni anticipate e contro l'idea di un governo "tecnico", a prescindere dalle capacità dei singoli protagonisti. Siamo convinti che la scelta dei governanti spetti solo ai governati attraverso il voto e che situazioni di crisi - qualunque ne sia la causa - non possono fare derogare a questo principio. Tale posizione non trova tutti concordi, neanche nella famiglia dei collaboratori de La Bussola Quotidiana. Siccome siamo nel campo delle materie opinabili, e pur rimanendo convinti di quanto sostenuto, diamo spazio a questo articolo in cui vengono spiegate le ragioni del governo tecnico, certi che da un ascolto attento delle ragioni di tutti possa venire un contributo utile a comprendere meglio la realtà.
RILANCIARE LA FIDUCIA NELL'ECONOMIA, RIDARE CREDIBILITA' ALLA POLITICA
di Gianfranco Fabi
Per chi crede nelle istituzioni democratiche, nella partecipazione popolare, nel ruolo essenziale della politica nella gestione della dimensione pubblica, le dimissioni di Silvio Berlusconi e l’incarico a Mario Monti rappresentano giustamente una ferita nella regolare dinamica della democrazia.
RILANCIARE LA FIDUCIA NELL'ECONOMIA, RIDARE CREDIBILITA' ALLA POLITICA
di Gianfranco Fabi
Per chi crede nelle istituzioni democratiche, nella partecipazione popolare, nel ruolo essenziale della politica nella gestione della dimensione pubblica, le dimissioni di Silvio Berlusconi e l’incarico a Mario Monti rappresentano giustamente una ferita nella regolare dinamica della democrazia.
Ma, come ha tenuto a rassicurare il presidente Giorgio Napolitano (di cui tutto si può dire
tranne che sia un esponente della lobby economica e finanziaria globale), la scelta non costituisce per nulla una svolta autoritaria ed è stata attuata nel pieno rispetto delle prerogative dei partiti e del Parlamento. Il Parlamento dovrà vigilare e controllare: magari tentando anche di approvare quelle misure strettamente politiche (dalla riduzione del numero dei parlamentari al taglio dei privilegi, a nuove regole per snellire il lavoro delle Camere) che rientrano sicuramente nella responsabilità delle forze politiche.
tranne che sia un esponente della lobby economica e finanziaria globale), la scelta non costituisce per nulla una svolta autoritaria ed è stata attuata nel pieno rispetto delle prerogative dei partiti e del Parlamento. Il Parlamento dovrà vigilare e controllare: magari tentando anche di approvare quelle misure strettamente politiche (dalla riduzione del numero dei parlamentari al taglio dei privilegi, a nuove regole per snellire il lavoro delle Camere) che rientrano sicuramente nella responsabilità delle forze politiche.
Al di là delle teorie e delle ipotesi astratte appare utile giudicare quanti è avvenuto secondo tre principi: il principio di realtà, quello di prudenza, e infine quello di fiducia.
Il principio di realtà. La situazione economica e finanziaria dell’Italia era arrivata nei giorni scorsi realmente sull’orlo del baratro. Attraverso tre successive manovre costruite sugli annunci, sulle promesse, sui rinvii, il Governo ha infatti rapidamente perso credibilità internazionale e capacità di azione all’interno. Non è stato approvato nessun taglio strutturale alla spesa, nessuna riduzione dei costi della politica, nessun intervento con effetto immediato (tranne gli aumenti delle imposte sui pensionati e dell’Iva sui beni di consumo). Si è arrivati ad approvare con decreto legge (un provvedimento che deve avere i requisiti della necessità e dell’urgenza) l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne dal 2016, cioè solo tra cinque lunghi anni. Si è arrivati a propagandare l’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni, mettendo in secondo piano che questo sarebbe avvenuto nel 2026, cioè tra 15 anni.
E così le misure varate dal Governo sono state drammaticamente lontane da quelle indicate dalla Banca centrale europea all’inizio di agosto e dalla Commissione europea ad ottobre.
La realtà nelle ultime settimane è stata quella di un Governo inconcludente, ma anche quella di un’opposizione assai poco costruttiva. E nello stesso tempo con un assoluto stallo politico per la paradossale difesa ostinata del premier di equilibri politici da lui stesso definiti intollerabili per le polemiche all’interno del Governo e in particolare con il ministro dell’Economia.
In una situazione normale la strada delle elezioni anticipate sarebbe stata la via maestra. Ma, come ha ricordato ancora Napolitano, lasciare per due mesi l’Italia senza un vero governo avrebbe avuto conseguenze disastrose per le nostre finanze pubbliche e quindi per le residue possibilità di agganciare la crescita.
Il principio di prudenza. Ecco quindi la necessità di un Governo tecnico, di un Governo con l’obiettivo preciso di varare misure economiche in grado di mettere veramente in sicurezza i conti pubblici e quindi di ridare slancio all’economia. Una volta tanto risponde al principio di prudenza il coraggio di una svolta radicale, di una prova di vera responsabilità.
Il ruolo dell’Italia in questa fase appare fondamentale per evitare un aggravamento di una crisi globale già ora molto pesante. Per il suo altissimo debito pubblico l’Italia ha inevitabilmente una situazione di maggiore fragilità, una fragilità che tuttavia è diventata particolarmente a rischio per l’incapacità del Paese da almeno dieci anni di riprendere la strada della crescita. Un Governo tecnico può ora adottare quelle misure, necessariamente impopolari, che i Governi politici di sinistra e di destra non si sono dimostrati in grado di realizzare: mettendo al primo posto il valore dell’equità. Con un battaglia aperta a quelli che potremmo chiamare i privilegi diffusi, ma nell’ottica di innalzare le garanzie di tutti e non solo di alcuni. Perché c’è troppo distanza tra le garanzie di chi lavora e dei giovani che fanno sempre più fatica a entrare nel mondo del lavoro; tra chi può andare ancora in pensione a 58 anni e chi vede inevitabilmente allontanarsi questo traguardo; tra chi ha un incarico per meriti politici e chi vuol giocare capacità e professionalità.
Il ruolo dell’Italia in questa fase appare fondamentale per evitare un aggravamento di una crisi globale già ora molto pesante. Per il suo altissimo debito pubblico l’Italia ha inevitabilmente una situazione di maggiore fragilità, una fragilità che tuttavia è diventata particolarmente a rischio per l’incapacità del Paese da almeno dieci anni di riprendere la strada della crescita. Un Governo tecnico può ora adottare quelle misure, necessariamente impopolari, che i Governi politici di sinistra e di destra non si sono dimostrati in grado di realizzare: mettendo al primo posto il valore dell’equità. Con un battaglia aperta a quelli che potremmo chiamare i privilegi diffusi, ma nell’ottica di innalzare le garanzie di tutti e non solo di alcuni. Perché c’è troppo distanza tra le garanzie di chi lavora e dei giovani che fanno sempre più fatica a entrare nel mondo del lavoro; tra chi può andare ancora in pensione a 58 anni e chi vede inevitabilmente allontanarsi questo traguardo; tra chi ha un incarico per meriti politici e chi vuol giocare capacità e professionalità.
Il principio di fiducia. Il problema di fondo per l’Italia è quello di rimettere in azione un circolo virtuoso. Ridare ai veri protagonisti dell’economia, cioè le persone, il rispetto e la valorizzazione per tutte le loro, le nostre dimensioni: quella di lavoratore, di risparmiatore, di cittadino, di consumatore. Le misure da prendere sono note da tempo: ridurre il peso del fisco sulle persone e sul lavoro (aumentandolo sulle ricchezze e sui patrimoni), tagliare i costi della politica (con l’abolizione della struttura politica delle province), eliminare antichi privilegi e nuove garanzie, combattere veramente l’evasione fiscale con la rivalutazione del valore della legalità. E quindi ridare spazio al merito, alla capacità, alla professionalità, abolendo ordini e corporazioni (sì, certo, anche quella dei giornalisti), facendo funzionare il mercato, attirando investimenti stranieri. La fiducia è un elemento essenziale nel sistema economico: e la fiducia va di pari passo con la credibilità, di cui Mario Monti può essere sicuramente un significativo testimone internazionale.
Abbiamo bisogno di fiducia in dosi massicce. Dovrebbero capirlo anche i partiti che hanno continuato fino all’ultimo a scambiarsi accuse e ad attizzar polemiche. Se la politica ha dovuto fare un passo indietro è stata soprattutto per la propria incapacità di fare un passo avanti.