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ANALISI

Gli occhi chiusi dell'Unione Europea

Il conflitto israelo-palestinese è venuto ad oscurare quello russo-ucraino nell’attenzione dei media italiani, ma la sciagura aerea di giovedì dovrebbe far riaprire gli occhi su tutti i rischi di un conflitto che ci si ostina a considerare un fatto locale.

Esteri 18_07_2014
Boeing abbattuto

Il conflitto israelo-palestinese è venuto ad oscurare quello russo-ucraino nell’attenzione dei media italiani, e se non fosse trapelato che la candidatura di Federica Mogherini ad Alto Rappresentante della politica estera dell’Unione Europea è stata bocciata in pieno da una decina di paesi – e la motivazione, si è poi saputo, è stata non soltanto la sua inesperienza nell’agone diplomatico internazionale ma soprattutto il suo atteggiamento non equilibrato, ovvero filo-Putin, nella cosiddetta “crisi ucraina” (come si continua a definirla in Italia) –  il disinteresse verso quanto è accaduto e continua ad accadere nell’Europa orientale sarebbe stato totale. Le cronache riferiscono di un disaccordo senza veli nella cena del 16 luglio a Bruxelles dei 28 capi di stato e di governo dell’Unione e della data del 30 agosto per la riunione risolutrice. 

Nel tentativo di minimizzare la portata della bocciatura, i nostri media hanno enfatizzato l’intesa dei 28 sull’affidamento della guida della politica estera europea alla responsabilità dei partiti di sinistra al Parlamento e tenuto a ribadire che la Mogherini è l’unica candidata dei socialisti. Le indiscrezioni, al limite dei pettegolezzo, ci hanno fatto sapere persino che il presidente del consiglio Matteo Renzi  “nel tentativo di evitare quella sfilza di incontri bilaterali con i quali la nomenklatura di Bruxelles voleva…. irretirlo”, è arrivato in ritardo a Bruxelles presentandosi così direttamente alla cena “per guardare negli occhi” i suoi principali interlocutori (Hollande, Schulz, Merkel, Juncker, van Rompuy).

Gli è andata male e l’ha volta in battuta. Ma nessun’analisi sulla portata della “crisi ucraina”, sulle ragioni che hanno determinato la spaccatura nel Consiglio europeo, nessun approfondimento delle ragioni rappresentate da una decina di paesi (forse qualcuno di più) per bocciare la Mogherini, in effetti l’Italia e la sua politica verso la Russia. Non basta sentire, per replica, che la politica italiana è condivisa da altri paesi, dipendenti tutti dalle forniture di gas russo; alcuni dei quali poi desiderosi di mantenere e sviluppare altre lucrose relazioni economiche con la Russia. 

Questo nascondimento dell’Europa, dinanzi a quella che per convenienza viene rappresentata soltanto come una “crisi” tra due paesi e la cui soluzione può essere cercata soltanto, vien detto ipocritamente, “con il dialogo tra le parti”, appare di estrema gravità per una serie di ragioni: 

- in primo luogo per l’abominio delle menzogne, della campagna di disinformazione, di odio, stizza ed esacerbazione degli animi –   documentati più volte in questi mesi da “La Nuova Bussola” – che lo hanno reso in partenza quasi impossibile; 

- per la degenerazione del conflitto armato in aree europee popolate da milioni di persone. Appartengono a un passato remoto, anche se di pochi mesi fa, le immagini in TV delle barricate fatte di cumuli di pneumatici, accreditate come espressione della “resistenza” della popolazione costituitasi in repubblica autonoma, desiderosa di essere annessa alla madre Russia. Oggi donne e bambini devono vivere nei rifugi o scappare – sono decine di migliaia –  in regioni più sicure dell’Ucraina e della Russia; gli uomini validi costretti ad arruolarsi con i miliziani filorussi in gran parte stranieri, stipendiati e comandati dal russo Igor Strelkov (e tutti ostentano sempre il volto coperto, come se fossero rapinatori) che sequestrano gli osservatori dell’OSCE e disseminano città e campagne di mine per ostacolare le operazioni dell’esercito nazionale ucraino. Dotati di armi pesanti e corazzate  e sempre meglio riforniti, con le spalle coperte lungo il vicino confine dalla presenza e dalle cosiddette “esercitazioni” di migliaia di militari russi, riescono a decimare con facilità i soldati ucraini sprovveduti spesso di giubbotti antiproiettile, e ad abbattere come in un gioco aerei ucraini, non solo elicotteri, anche un cargo “Antonov 26” alla quota di seimila metri. 

- per il silenzio che è caduto sulla incredibile violazione del diritto internazionale in Crimea, con lo scenario dei “miliziani” popolari, il referendum dai risultati “bulgari”, la rapidissima annessione nella Federazione russa. Archiviata l’impotenza delle Nazioni Unite (il Consiglio di Sicurezza rappresentò chiaramente la realtà ma fu  neutralizzato dal veto russo), ci si chiede: quando questo silenzio sarà rotto dalla Corte Internazionale di Giustizia? O dagli organismi europei, tanto solleciti nel denunciare anche semplici attentati e violazioni meno gravi, che pur ledono le regole della comunità internazionale? 

- per il duro colpo inferto al processo di ricomposizione dell’unità dei cristiani. Le divisioni che si sono aperte tra i cristiani dell’ Ucraina e della Russia, a cominciare dalla Crimea, si sono approfondite in Ucraina persino tra i fedeli della Chiesa ortodossa russa del Patriarcato di Mosca: parecchi suoi esponenti hanno infatti condiviso le motivazioni della rivolta popolare del Maidan e il cordoglio nazionale per il centinaio di connazionali vittime della repressione, che non erano estremisti di destra, fascisti, nostalgici  di Bandera. Si può capire quindi il grande imbarazzo al “vertice”, notoriamente molto vicino all’establishment putiniano;  

- per l’ambiguità dell’Unione Europea – sospettano addirittura una  “connivenza” alcune nazioni dell’Est, amaramente memori dell’URSS e del KGB - perché demanda agli Stati Uniti e in particolare al presidente Obama, di pronunciarsi sul conflitto, le sue ragioni ideali, le motivazioni e le violazioni del diritto umanitario, avallando così le ripetute affermazioni di Putin secondo cui la situazione ucraina è degenerata ed esasperata dalla deliberata politica ostile di Washington; e d’altra parte si accoda, apparentemente a malincuore,  alle sanzioni economiche imposte dalla Casa Bianca al Cremlino, ma attenuandole, quasi per prendere le distanze…

La tremenda sciagura aerea sui cieli di Ucraina, al confine con la Russia, con le sue trecento vittime innocenti di almeno otto nazioni, dovrebbe aprire gli occhi di coloro che per colpevole disinteresse o interessati calcoli li hanno finora socchiusi. Non sarà più possibile tenerli chiusi dinanzi alla verità, divulgata dai mass media in ogni angolo del mondo, della rivendicazione su Facebook del comandante Strelkov e della registrazione del colloquio telefonico tra un miliziano e un funzionario della sicurezza russa sull’abbattimento del Boeing della “Malaysian”. Ovviamente con uno dei missili terra-aria ricevuti, non è nemmeno il caso di dirlo, dalla Russia (sono passate in TV le immagini di un loro passaggio sulle strade prossime al confine).

Piuttosto sono da temere, e seriamente, le reazioni di Vladimir Putin dinanzi alle “prove provate” di un coinvolgimento finora mascherato, comunque non dichiarato, nel conflitto. Ha cominciato ad addossare le colpe della tragedia all’Ucraina per non aver voluto accettare la cessazione del conflitto e l’avvio di colloqui da pari a pari con i miliziani (che però Kiev considera ormai terroristi a tutti gli effetti, avendo respinto le proposte di tregua, deposizione delle armi e amnistia). Sembra di aver preparato così lo scenario della controffensiva al Consiglio di Sicurezza  che potrebbe preludere alla ripetizione esatta di quel che è avvenuto il marzo scorso in Crimea con l’invio (già avvenuto) di qualche migliaio di militari russi a fianco delle “milizie popolari”, naturalmente per il dovere di proteggere nell’autoproclamata Repubblica filorussa del Donetz i diritti umani dei russofoni e di salvaguardare tutta la popolazione civile.