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I CASI

Gino Paoli e i "ghostbuster": tutti nel Partito degli Onesti

Presidenti di associazioni antimafia che trafficavano con i clan, leader di comitati anti racket presi con la mazzetta in mano e piromani che inscenavano misteriosi incendi per poi chiedere risarcimenti allo Stato. Eredi improvvisati del Partito degli onesti, quello nato da Tangentopoli e dall’Antimafia e finito nella truffa.

Politica 07_03_2015
Gino Paoli

Tempi duri per l’Italia delle Comitati civici, delle Commissioni antimafia e antiracket e perfino di ghostbuster antispiriti. Quelli che scatenavano incendi e misteriosi poltergeist, seminando il terrore nel paesino siciliano di Caronia. O quelli di imprenditori eroi smascherati come estorsori e corruttori, messi a capo di associazioni dai nomi più fantasiosi per combattere il pizzo e poi beccati con la mazzetta in mano.  Presidenti emeriti, simboli della lotta alla mafia intercettati a trafficare con i clan e, ultimo caso, attempati gentiluomini con ufficio e segretaria che intascavamo tangenti da centomila euro, perché «con la mia pensione non ce la facevo a pagare io debiti». Crudele contrappasso per questa pletora di onesti e incorrotti double-face: Robin Hood di giorno e dilettanti sceriffi del male nel dopo lavoro.  Epigoni straccioni di quel “partito degli onesti”, il solo al mondo ad ammettere la doppia tessera, fondato dall’ex pm poliziotto Di Pietro e miseramente finito nei conti in Svizzera del malinconico Gino Paoli.

Ricordate i misteriosi fuochi “spontanei” di Caronia?  Incendi che scoppiavano all’improvviso, televisori esplosi, poltrone e sofà che si auto accendevano in salotto. Così per diversi anni, roba da streghe e X Files: si parlò di operazioni militari segrete, frequenze impazzite di ripetitori, guasti Enel, elettromagnetismi della rete ferroviaria, addirittura di Ufo e spiriti maligni. Sul posto si precipitarono scienziati ed esperti ministeriali per indagare, interrogare e fare test. Nulla, fino all’altro giorno quando i carabinieri hanno arrestato un ragazzo di 26 anni, beccato sul luogo del “delitto”. Con lui indagato anche il padre: danneggiamento seguito da incendio, concorso in tentata truffa aggravata e procurato allarme. Una sorpresa per parenti e vicini di casa che avevano eletto proprio i due improbabili ghostbuster alla guida del Comitato istituito per chiedere risarcimenti a Stato e Regione, dopo i “fuochi spontanei”. Che tanto spontanei non erano. 

Roba da ridere, ma che c’entra, in qualche modo, con quel “Partito degli onesti” nato sulle rovine di Tangentopoli. Storia vecchia e alquanto triste. Già il Pci di Berlinguer a metà degli anni Settanta sorpassò una Dc sfinita e spesso corrotta dicendo «siamo il partito dell’Italia onesta», facendone insomma, con formula poi immortale, una “questione morale”. Antonio Di Pietro, che pure lui la metafora l’avrà usata qualche migliaio di volte, trasformò l’Italia dei Valori in quello delle rendite immobiliari, per le sue disinvolte operazioni su alcuni sedi del partito poi diventate case. E che dire della Lega? Bossi la fondò contro Roma ladrona, poi si ritrovò con un Trota come figlio e un  Delfino (Maroni) che lo spazzò via con le ramazze. «Onesti a chi? Ma mi faccia il piacere!», come diceva Totò all’onorevole Cosimo Trombetta.

D’accordo, non facciamo di ogni erba un fascio: anche tra gli onesti c’è chi lo è davvero. E non tutti sono come Gino Paoli il cui problema, s’è detto, non era tanto avere quei due milioni esentasse imboscati in Svizzera, ma il rischio di essere scoperto. Ma lo sdegnoso Paoli appartiene alla stessa filiera alimentare che nutrì e ingrassò il partito di Berlinguer, di Di Pietro e poi della Lega che divenne “ladrona” quasi come Roma. E che oggi ancora foraggia  e Santoro e i Travaglio, i capipopolo mediatici di Ballarò e Repubblica, i pm diventati sindaci, i magistrati con la vocazione di spioni da bordelli, capaci perfino di origliare nelle stanze del Papa. Fino all’ultimo capo dei giustizialisti incazzati, quel Beppe Grillo e i suoi Cinque stelle, gente che sogna di veder rotolare le teste della Casta che crede a ogni panzana complottista: da Berlusconi socio di Totò Riina, al Califfo dell’Isis a servizio degli americani. 

«Se i furfanti sapessero quanto si guadagna a essere onesti, sarebbero onesti per furfanteria». Lo diceva Molière, imbattibile nelle commedie.  In tanti, l’hanno preso sul serio: gli incendiari del Comitato anti spiriti bollenti di Caronia, il maldestro estorsore di Palermo, già presidente della Camera di Commercio caduto miseramente ma “per necessità” sulla mazzetta, e gli scalcagnati eroi che giravano per convegni con il certificato antimafia nel taschino solo per combinare meglio le loro camarille. Ladruncoli con le pezze al culo, dilettanti a confronto di quel grandissimo Partito degli Incorruttibili che da trent’anni spadroneggia sulle scene politiche e mediatiche, che crea e disfa, a piacimento e secondo convenienze, partiti, leader, imprenditori e finanzieri. Un partito guidato dalle ali sempre tornanti della sinistra giustizialista e manettara, con il concorso interno della Repubbica scalfariana e, quando occorre, del serioso Corrierone di via Solferino. Molière insegna e loro hanno imparato