Gerusalemme, una pentola a pressione che scoppia
Una pentola a pressione pronta a scoppiare. Così appare la lite sulla Spianata delle Moschee/Monte del Tempio a Gerusalemme. Dopo l'ultimo attentato, il governo Netanyahu ha deciso di installarvi dei metal detector. Misura apparentemente di buon senso, ma così viola la sovranità del Waqf sul luogo sacro musulmano. E gli scontri stanno dilagando...
Come la più classica delle pentole a pressione la Spianata delle Moschee/Monte del Tempio sta bollendo sul fuoco da giorni. E adesso siamo arrivati al punto che - se non si riesce a farla sfiatare - può diventare molto pericolosa. Proprio come voleva chi ha compiuto l'attentato di venerdì scorso nel luogo più conteso tra musulmani ed ebrei a Gerusalemme.
Dopo essere rimasto chiusa per due giorni in seguito all'attacco di un commando di tre arabi israeliani che - da dentro il recinto sacro - hanno ucciso due agenti di polizia israeliani di etnia drusa prima di venire a loro volta colpiti a morte dalle altre forze di sicurezza, da domenica intorno alla Spianata lo scontro si è spostato su un nuovo simbolo. Non più antiche pietre contese, ma un moderno strumento di polizia. Netanyahu ha infatti deciso unilateralmente di far installare dei metal detector a tutti gli ingressi della Spianata. E il primo è stato installato al varco più vicino alla Porta dei Leoni, il luogo dove è avvenuto l'attacco e che è utilizzato solo dai musulmani.
In teoria la logica doveva essere quella di impedire l'ingresso di armi all'interno di un luogo sensibile; del resto attraverso i metal detector passano già i fedeli che si recano al Muro del Pianto e persino quelli che vanno alla Mecca utilizzano questi strumenti. Ma il problema è un altro: la Spianata delle Moschee è un luogo dove l'esercizio della sovranità si regge su equilibri delicatissimi. Nel 1967 - con la conquista di Gerusalemme nella Guerra dei Sei giorni - Israele scelse la real politik di non avanzare rivendicazioni sulla Spianata, riconoscendo al suo interno la giurisdizione del Waqf, l'autorità musulmana che governa le moschee legata al regno di Giordania. Nel 1994 ha anche messo nero su bianco il riconoscimento di questo ruolo di Amman rispetto ai Luoghi Santi di Gerusalemme, inserendolo nel trattato di pace che ha istituito le relazioni diplomatiche tra i due Paesi. Non c'è da stupirsi, dunque, che domenica i musulmani abbiano risposto picche a un'azione che nei fatti è l'affermazione di sovranità assoluta su un luogo che resta conteso e che è stato sempre il rompicapo di ogni negoziato di pace su Gerusalemme.
Così il Waqf - sostenuto da Amman e dall'Autorità Palestinese - da domenica ha proclamato un boicottaggio contro questa «violazione dello status quo» sulla Spianata. E al solito grido di «al Aqsa è in pericolo» ha cominciato a tenere i propri riti negli orari della preghiera subito fuori dal recinto sacro, proprio davanti ai metal detector. Ogni giorno che passa la tensione sale: l'altra sera vi sono stati pure scontri con alcuni feriti. Anche perché - per la solita sudditanza alla propria ala di estrema destra - il governo Netanyahu ha pensato bene di non impedire nemmeno in questa situazione di grande tensione le visite degli ebrei-nazionalisti che salgono alla Spianata, rivendicando il diritto di pregare là dove ci sono le moschee. I quali - grazie al boicottaggio dei musulmani - per la prima volta in questi giorni si sono ritrovati là sopra da soli e hanno pensato bene di postare in rete dei filmati, contribuendo così a gettare ulteriore benzina sul fuoco.
In pratica il governo israeliano è finito per cacciarsi da solo in un vicolo cieco con una bomba a orologeria nelle mani. Il timer, infatti, è puntato su venerdì a mezzogiorno, quando saranno in migliaia i musulmani che si riverseranno verso l'area della Spianata. Anche perché, per dare alla protesta la massima forza, il Waqf ha decretato la chiusura di tutte le altre moschee a Gerusalemme: si pregherà solo nelle strade della Città Vecchia intorno al recinto sacro se nel frattempo i metal detector non saranno stati rimossi.
Questo scenario sta diventando un vero e proprio incubo per i servizi di sicurezza israeliani. Gli stessi che, fin dall'inizio, erano perplessi sull'installazione dei metal detector, considerati più una misura politica che un vero deterrente alla violenza. Per di più i giorni che passano stanno rafforzando l'unità all'interno della comunità araba di Gerusalemme Est: ieri anche i capi delle Chiese cristiane hanno diffuso un comunicato che, pur condannando tutte le violenze, insistono sulla necessità di salvaguardare lo status quo e il ruolo esercitato dal regno di Giordania nel garantire «il diritto dei musulmani al libero accesso e alla preghiera nella moschea di al Aqsa».
Così - da Budapest dove si trova in visita - Netanyahu ieri ha dovuto gioco forza iniziare a cercare una strada che eviti uno scontro in cui Israele ha tutto da perdere. Si sono dunque riaperti i canali di comunicazione con Amman per trovare un'intesa. L'aria che tirava ieri sera era che i contestati metal detector potrebbero sparire in giornata, prima della cruciale giornate di venerdì; il che segnerebbe una clamorosa vittoria per i musulmani di Gerusalemme.
Comunque vada a finire resta aperta la questione di fondo di un luogo sensibile che - nel disinteresse generale che circonda oggi la Terra Santa - è lasciato in balia degli opposti estremismi. Un posto dove, grazie ai riflessi condizionati e all'assenza di mediatori credibili, provare a far scoppiare la pentola a pressione può diventare in ogni momento un gioco da ragazzi.