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PELLEGRINAGGIO

Gerusalemme aspetta il Papa delle sorprese

Più speranze che grattacapi per la visita del Papa a Gerusalemme. Nonostante la presenza di un piccolo esercito di 8000 uomini delle forze di sicurezza, prevale l'ottimismo e l'impazienza di conoscere Francesco, pontefice "atipico".

Ecclesia 25_05_2014
Sulla porta di una chiesa

Auspici peggiori di questi non potevano essercene, alla vigilia dell’arrivo di Papa Francesco a Gerusalemme. Il creato ha dato il suo segno con un terremoto nel Sud di Israele, una scossa di 4,1 sulla scala Richter che, per fortuna, non ha provocato danni. E dall’estero è arrivata la notizia che ha ghiacciato tutta la stampa israeliana: un attentato esplicitamente antisemita all’uscita del museo dell’ebraismo a Bruxelles, con quattro morti e almeno dodici feriti, nella capitale dell’Ue. Se già si parlava con crescente preoccupazione dell’antisemitismo, che è rispuntato fuori con prepotenza, in questa Europa pre-elettorale, l’attentato di ieri è l’ennesima conferma. La paura e la speranza si alternano nei commenti della stampa locale.

Il Jerusalem Post, da una settimana a questa parte, dedica almeno uno o due editoriali al giorno alla visita di Papa Francesco. Autori diversi, ma un concetto comune, di fondo: la Chiesa è sempre stata la grande persecutrice dell’ebraismo, ma da Paolo VI in poi, dalla sua visita nel 1964, le cose hanno incominciato a cambiare per il meglio. Si può essere d’accordo o no, si può trovare questa analisi storica anche completamente sbagliata. Ma è questo (e solo questo) quel che pensano e scrivono, qui a Gerusalemme: una ricerca di riconoscimento, rispetto, amicizia, da parte della Chiesa. Dai Pontefici, da Paolo VI in avanti, l’ebraismo (in Israele, per lo meno) sente e vuol sentir ribadire che “l’Alleanza con Dio non è rotta”, che “quello ebraico non è il popolo deicida” e che “la diaspora e l’Olocausto non sono punizioni divine”, i temi fondamentali su cui si regge tutto il dialogo sul cristianesimo. Papa Francesco è definito “straordinario” o almeno “sensibile”, in questo senso e fa scalpore, positivamente, che si faccia accompagnare anche dal rabbino Avraham Skorka nel suo pellegrinaggio in Terra Santa.

Le opposizioni e gli atti di teppismo che precedono la visita del Papa ci sono comunque da parte della galassia dell’ebraismo più nazionalista. Proprio ieri due persone sono state arrestate mentre affiggevano manifesti contro la visita del Pontefice. “In queste settimane, e non solo, in tutti questi mesi, ci sono stati alcuni atti di vandalismo da parte di estremisti – commenta Tommaso Santini, della Ong Ats pro Terra Sancta (l’organizzazione non governativa della Custodia di Terra Santa) – ma riguardano minoranze esigue di cittadini. L’arresto di due estremisti, ieri, dimostra quanto le autorità siano sensibili alla visita del Santo Padre. Per il resto, in questo Paese, e non solo fra i cristiani, c’è una grande attesa per Francesco”. Ci si attende soprattutto “qualcosa di nuovo nei suoi gesti, più ancora che nelle sue parole, vista la sua attenzione per la gente comune, vicino ai poveri. Papa Francesco ha sempre sorpreso tutti. E poi l’attenzione nei confronti delle altre Chiese, delle altre comunità cristiane. Il Papa viene per incontrare i loro capi, soprattutto Bartolomeo I”. La presenza anche del patriarca maronita libanese Bechara Rai, per la prima volta in territorio israeliano, ha suscitato numerose e violente polemiche, soprattutto in patria. Il Libano, infatti, è ancora praticamente in guerra con lo Stato ebraico e dal 1948 nessun patriarca maronita ha mai messo piede nel suo territorio. Tuttavia questo deve essere il momento di incontro di tutte le chiese d’Oriente e non poteva mancare neppure questa presenza storica.

Le gigantografie del Papa sono appese sulle facciate dei siti cristiani, ma le bandiere del bianco-gialle del Vaticano sono ovunque, su tutti i lampioni, fianco a fianco con quelle israeliane. Questa visita “rinvigorisce i cuori e l’attenzione per la Terra Santa, quindi siamo molto contenti – commenta Tommaso Santini – sicuramente porterà una ventata di pace, molto francescana”. Certo si tratta di una pace ben armata e presidiata. Nella sola Gerusalemme sono arrivati 8000 uomini delle forze di sicurezza, polizia ed esercito. Entrare dall’Est fa impressione: si vede un militare ogni due case, in equipaggiamento campale con elmetto e giubbotto anti-proiettile. Anche una strada nel nulla, come quella che conduce al Mar Morto, vicino al confine giordano dove il Papa si era recato ieri pomeriggio, è presidiata da ben due pattuglie. “Ma qui è tutto abbastanza normale – ci dice Siri – vedere così tanti uomini armati, purtroppo, è un’abitudine. Diciamo che ce n’è un po’ più del solito in questa settimana. C’è tanta preoccupazione, da parte delle autorità israeliane, che non ci sia alcun incidente”.